Andrea Zanzotto è considerato uno dei poeti più significativi del Novecento italiano. La sua poesia risente profondamente del legame con i luoghi di origine e con la bellezza del paesaggio. Qui proponiamo la lettura di Idea, una lirica che testimonia la sensibilità per la natura e per il territorio veneto di questo grande poeta.
L’infanzia
Andrea Zanzotto nacque il 10 ottobre 1921 a Pieve di Soligo (Treviso). Alla sua terra di origine restò sempre legato come emerge anche dalla sua produzione letteraria.
Zanzotto fu il primogenito di Giovanni e Carmela Bernardi, che in seguito ebbero anche altri figli: Angela, Marina, Maria ed Ettore. Le prime due morirono però prematuramente nel 1926 e nel 1937.
L’infanzia del poeta, sebbene non totalmente felice, fu comunque ricca e intensa dal punto di vista esperienziale e culturale. Zanzotto frequentò una scuola materna gestita da suore che seguiva il metodo Montessori e fu ammesso direttamente alla seconda elementare. Sua nonna, Angela Bertazzon, era solita recitare al nipote i versi di Ludovico Ariosto e Torquato Tasso e certamente fu anche grazie anche al Corriere dei Piccoli, che fin da giovane, a soli sette anni, Zanzotto iniziò ad appassionarsi alla letteratura e a comporre i primi versi.
Il padre inoltre fu insegnante, pittore, decoratore e miniaturista. La zia Maria lo spinse sempre di più alla lettura di riviste e settimanali e lo incoraggiò ad assistere ai piccoli spettacoli teatrali organizzati dalle suore.
La formazione
Andrea Zanzotto inoltre seguì lezioni di musica e imparò presto il francese. Nel 1937 si diplomò come maestro e iniziò a dare lezioni private. In seguito conseguì privatamente la maturità classica e si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell’Università di Padova.
A partire dal 1938 Zanzotto iniziò a raccogliere i primi versi, pubblicati poi da Scheiwiller con il titolo A Che Valse? (Versi 1938-1942) nel 1970. Nel frattempo incrementò maggiormente la sua cultura poetica e linguistica leggendo Arthur Rimbaud e Friedrich Hölderlin e studiando tedesco, inglese ed ebraico. Si avvicinò anche alla corrente dell’Esistenzialismo. Nel 1942 si laureò con una tesi su Grazia Deledda, pubblicata poi nel 2015. Nel 1943 venne chiamato alle armi e si recò ad Ascoli Piceno, portandosi dietro una copia di Frontiera di Vittorio Sereni. Negli anni seguenti si impegnò nella Resistenza.
Le principali opere di Andrea Zanzotto
Nel 1948 il poeta finì di lavorare alla sue composizione d’esordio iniziata nel 1940, e grazie proprio all’amico Vittorio Sereni, ne inviò una silloge a Mondadori, che divenne poi il suo principale editore.
La prima pubblicazione della sua opera si ebbe dopo la vittoria del premio Santa Babila per gli inediti nel 1950, grazie a una giuria composta da Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Vittorio Sereni, Leonardo Sinisgalli e Giuseppe Ungaretti.
Tra le sue opere principali si distinguono Dietro il Paesaggio (1951), in cui centrale è il tema della natura: al tempo diacronico individuale si sostituisce infatti quello ciclico delle stagioni, che cancella la presenza umana.
Dopo Elegia e Altri Versi (1954) nel 1957 fu pubblicata invece la raccolta Vocativo, che Giorgio Caproni definì “uno dei libri più belli del dopoguerra, riconoscibilmente nuovo“. Inoltre, Vittorio Sereni lo ritenne secondo solo a La Bufera e Altro di Montale, mentre Pasolini lo definì un libro di “piena crisi“.
Seguirono le raccolte IX Ecloghe (1962), Sull’Altopiano (1964), La Beltà (1968), Il Galateo in Bosco (1978).
Zanzotto morì il 18 ottobre 2011 a Conegliano, nei luoghi che amò per tutta la vita.
La bellezza della natura
Andrea Zanzotto pone al centro della sua poetica la natura incontaminata, eterna e inviolabile dall’uomo. La natura diviene simbolo di speranza, di bellezza assoluta, che nessuna bruttura umana, né la storia, né la depressione né il lutto, possono scalfire.
La lirica Idea, tratta dalla raccolta Vocativo, racchiude tutta la sensibilità di Zanzotto per questa la bellezza naturale incorruttibile.
Idea di Andrea Zanzotto
E tutte le cose a me intorno
colgo precorse nell’esistere.
Tiepido verde il nitore dei giorni
occulta, molle li irrora,
d’insetti e uccelli s’agita e scintilla.Tutto è pieno e sconvolto,
tutto, oscuro, trionfa e si prostra.
Anche per te, mio linguaggio, favilla
e traversia, per sconsolato sonno
per errori e deliqui
per pigrizie profonde inaccessibili,
che ti formasti corrotto e assoluto.Anche tu mio brevissimo nitore
di cellule mentali, tronco alone
di gridi e di pensieri
imprevisti ed eterni.Ed esanime il palpito dei frutti
e delle selve e della seta e dei
rivelati capelli di Diana,
del suo felice dolcissimo sesso,
e, agra e vivida, l’arsura
che all’unghie s’intromette ed alle biade
pronte a ferire,
e il mai tacente il mai convinto cuore,
tutto è ricco e perduto
morto e insorgente
tuttavia nella luce
nella mia vana chiarità d’idea.
FONTI
C. Segre, C. Ossola (a cura di), Antologia della poesia italiana. Novecento, Einaudi, 2018
CREDITI