Venticinque anni fa, Zucchero Sugar Fornaciari cantava “I Tempi Cambieranno”. Diciotto anni dopo, nel 2016, i Negrita cantavano “I Tempi Cambiano”. Questi due storici pezzi di musica italiana dipingono un’amara realtà. I tempi cambiano, e a questi, tutto si adatta.
Oltre a queste due importanti canzoni per la musica italiana, infatti, “i tempi cambiano” è una locuzione che spesse volte ci capita di sentire nel quotidiano. E così effettivamente è. Questo si riflette sotto ogni aspetto della quotidianità sociale: le persone, le loro abitudini, i loro lavori cambiano. Non solo le fisionomie, ma anche i lavori più “in voga” e più praticati ed anche le modalità in cui vengono praticati.
Il cambiamento delle modalità di svolgere i lavori più comuni è, oggi più che mai, sotto gli occhi di tutti. Specialmente nei Paesi in via di sviluppo e nei Paesi occidentali (od occidentalizzati) è sempre più presente un sentimento di industrializzazione. Si ha sempre più la sensazione che tutto, qualsiasi prodotto, vada venduto all’ingrosso.
E se, nei migliori dei casi, questa forte industrializzazione deve fare i conti “soltanto” con una produzione a “catena di montaggio”, in altri casi meno fortunati il lavoro di manifattura svolto dalle persone viene sostituito dalle macchine. Questo sicuramente velocizza notevolmente i processi di produzione, permettendo ai prodotti di essere ben presto presenti sul mercato e quindi venduti, ma toglie il lavoro a molte persone che ne hanno necessità. Non solo, in alcuni ambiti, come quello della cultura, deromanticizza fortemente l’ideale comune dietro a quel prodotto finito.
L’editoria
È certamente il caso dell’editoria, che per star dietro alla richiesta di grandi quantità di prodotti sempre in minor tempo, ha modificato molti passaggi della sua produzione.
Gli occhi sognanti dei ragazzi che entrano in libreria, che fortunatamente sono oggi ancora in piccola parte conservati, resterebbero forse delusi se conoscessero i processi che stanno dietro l’uscita di ogni singolo libro.
I tempi sempre in evoluzione hanno obbligato il settore dell’editoria ad adattarsi anche nelle scelte di pubblicazione. Se infatti, da un lato è richiesto che ci sia la pubblicazione degli Harmony per un certo tipo di pubblico di lettori, dall’altro lato è doveroso pubblicare opere di grandi autori come Thomas Mann.
Da queste pubblicazioni derivano ovviamente da parte di chi ne è il fautore, la gioia o l’abbattimento. Quando si entra in libreria, e allo stesso tempo, si ha il potere di scegliere cosa viene e cosa non viene pubblicato, non si hanno più gli occhi sognanti dei ragazzi, ma occhi di giudizio verso il proprio operato. Entrare in libreria, a quel punto, diventa – citando le parole di Gian Arturo Ferrari in Storia Confidenziale dell’Editoria – come
guardare cataloghi di sconfitte e successi immeritati, scommesse vinte, aste esagerate, premi falsati, investimenti masochistici, mediocri celebrati e giganti snobbati, e poi nomi di nemici, di amici e di “giovani promesse, soliti stronzi e venerati maestri.
L’editoria è un ambiente estremamente competitivo. E, come tutti i mondi in cui si scambiano beni materiali per denari, “è una giungla, piena di ego smisurati, politica, cash, visibilità, legacy, famiglie, ingenuità ammirevoli, esterofilie insensate, botte di culo, notti di lunghi coltelli, case di carta e investimenti” – sempre citando Ferrari.
Chi di strada nella “giungla” ne ha fatta molta: Gian Arturo Ferrari
Anche in un ambiente così ostico, si può fare strada. Un esempio di chi ne ha fatta, è certamente quello di Gian Arturo Ferrari. Vicepresidente di «Mondadori» fino al 2018, dove ha lavorato per decenni, con una breve parentesi all’interno di «Rizzoli», è uno tra gli editori italiani più importanti. Nel 2022, il Prof. Ferrari si racconta nell’autobiografia intitolata Storia Confidenziale dell’Editoria, edita da Marsilio.
Ferrari nel libro racconta proprio il dietro le quinte della storia editoriale, su come sono nate, morte, come si sono amalgamate o mangiate tra loro le case editrici. Passando per le vite di altri che come lui hanno messo “il cuore nella carta”, Ferrari racconta e descrive come l’editoria sia “[…] nella sua essenza un fatto commerciale, comprare e vendere, ma di una specie superiore di commercio”.
Questo libro è il racconto di una personalità che ha avuto in mano le scelte dei libri «Mondadori» per molti anni, ma non solo.
Non solo il racconto, ma il monito
Quest’opera vuole anche essere da monito. Per tutti i ragazzi e le ragazze giovani che sognano di entrare a lavorare nell’editoria, questo libro vuole mettere in guardia. Vuole spiegar loro quale sia la realtà dietro la realizzazione di un libro, meno onirica certamente rispetto alla sensazione estatica di vederlo esposto in libreria. Risvegliare in loro alcuni interrogativi fondamentali prima di approcciarsi all’editoria, come: “Sono davvero pronto per questo mondo?”, e soprattutto: “Sono pronto a sporcarmi le mani con i soldi?”. Perché immediata è l’associazione di questo tipo di lavoro col medievale copista, o con l’editore amico di famiglia dell’autore famoso, tipico del Novecento, ma la realtà, come detto si è, è ben diversa.
Gli aspiranti editori sono qui avvisati. Questo ovviamente non toglie nulla alla straordinaria storia della vita del prof. Ferrari raccontata nel libro, né al grande fascino che può esercitare su alcuni il mondo dei libri.
Anche questo è centrale per il professore, che i giovani ne siano attratti, oltre che avvisati.
Il messaggio è quindi chiaro: prima di aspirare a lavorare nell’editoria, imparare a far convivere dentro sé l’amore ed il fascino per l’oggetto libro, con le logiche spesso puramente commerciali dietro alla sua realizzazione.
L’editoria di oggi è questa, ed è bene farci i conti.