New York, 2012. Nasce una nuova campagna volta alla parità di genere: Free the Nipple. Nata grazie al film-documentario della regista Lina Esco, il movimento Free the Nipple (letteralmente, “liberare il capezzolo”), denuncia la differenza di giudizio che un torso nudo maschile suscita rispetto a quello femminile. Il suo scopo è quindi quello di liberare il corpo della donna dalla sessualizzazione, dall’erotismo e dalla vergogna a prescindere, diventando anche un potente hashtag di protesta.
Mostrare i propri capezzoli in pubblico o in rete, atto considerato come possibile per gli uomini ma indecente per le donne, mette la nostra società davanti a un nuovo “due pesi e due misure”. Un altro fattore di disuguaglianza dunque, sottoscritto da alcuni social network in particolare, che censurano attualmente qualsiasi immagine di donne a seno scoperto. Riservando agli uomini, anche in contesti di chiaro erotismo, un comportamento del tutto diverso.
Una protesta accolta a metà
Che si tratti di arte, campagne di prevenzione del cancro al seno, atti di protesta o di testimonianze di transizione di genere, la visione dell’areola di una donna fa ancora gridare allo scandalo anche sui social network. Ciò che è più strano è che, oggi, anche per i social network più severi, mostrarsi a seno scoperto è tollerato. A patto però che vengano coperti i capezzoli.
Molti denunciano un atteggiamento ipocrita, altri si trovano d’accordo, altri ancora vorrebbero delle regole più severe. In ogni caso, ogni social network ha una propria politica sulla nudità: se Pinterest ammette quella artistica, educativa e politica, Youtube vieta unicamente i contenuti esplicitamente sessuali, Twitter non pone alcun limite.
Meta, invece, estremamente rigido in materia, è in fase di riconsiderazione della sua politica sui capezzoli femminili. Infatti, il 18 gennaio 2023, è stato invitato dal suo stesso consiglio consultivo a rivedere le sue convinzioni in materia con le seguenti indicazioni:
Le restrizioni e le eccezioni alle regole sui capezzoli femminili sono ampie e confuse, in particolare se applicate a persone transgender e non binarie. La mancanza di chiarezza insita in questa politica crea incertezza per gli utenti e i moderatori e la rende inattuabile nella pratica.
In seguito a queste considerazioni del suo advisory board, il colosso americano potrebbe dunque cambiare rotta rispetto alle sue direttive di partenza, rendendole più flessibili in materia di seno femminile. Un grande cambiamento, dunque, che potrebbe lasciare spazio ad una nuova espressione del corpo della donna, decidendo di censurare con cognizione di causa per una gestione più intelligente dell’app, senza dimenticare la tutela dei suoi utenti.
Se la situazione può cambiare nel mondo digitale, che dire di quello reale?
Purtroppo, il raggiungimento della completa parità tra uomo e donna sembra ancora lontano. Ecco perché il movimento Free the Nipple, accompagnato dal potere comunicativo del mondo della moda, vuole semplicemente spolverare la vergogna via dai capezzoli femminili e, più in generale, dal corpo femminile.
Ci sono diversi contesti in cui i capezzoli femminili possono essere tollerati esattamente come quelli di un uomo o come quelli di tutte le persone che non si identificano né come donna né come uomo. La moda ci aiuta oggi a riconsiderare le nostre posizioni, ci libera da alcuni tabù e ci spinge a non esacerbare le differenze di genere e le discriminazioni sulla base dell’orientamento sessuale.
Si tratta di temi delicati che meritano un’analisi adeguata. Evitare la censura a ogni costo senza dare il via libera al Free the Nipple in qualsiasi occasione: un equilibrio difficile da raggiungere, nei social network come nella vita reale, ma importante per mantenere un clima di positività in merito a questo tema sensibile.
A questo proposito, molte personalità del mondo della moda, dello spettacolo e della musica, tra cui Chiara Ferragni, Kendall Jenner, Miley Cyrus e Rihanna, hanno mostrato il loro supporto a questo movimento nelle occasioni più disparate: Met Gala, Festival di Sanremo, diverse cerimonie ufficiali di attribuzione awards. Non senza critiche, queste donne hanno fatto parlare di sé quando hanno voluto rappresentare a modo loro il nudo del seno femminile, sfoggiando look decisi e consapevoli.
Ma di cosa si tratta concretamente? L’outfit pro Free the Nipple, anche detto sheer, non prevede il topless, ma tessuti leggeri e trasparenti: tulle, pizzo, seta e chiffon per esempio. Sono dei look audaci che spogliano le donne dalla vergogna e che hanno invaso le passerelle recenti giocando con un vedo-non vedo che lascia, questa volta, pochissimo spazio all’immaginazione.
Il potere di protesta della moda
Per fare un esempio concreto, pensiamo all’ultima edizione del nostro Festival di Sanremo e dei chiacchieratissimi outfit di Chiara Ferragni. L’imprenditrice digitale, attraverso le creazioni delle Maison Dior e Schiaparelli, ha voluto esprimere la sua immagine della donna, denunciare gli stereotipi ai quali quest’ultima resta purtroppo ancorata e promuovere una libertà di scelta che ha suscitato non pochi commenti, soprattutto in un contesto televisivo molto controllato.
In particolare, il secondo abito indossato durante la prima serata è un omaggio al nudo femminile. “Il vestito senza vergogna”, ideato dalla direttrice artistica della Maison Dior, Maria Grazia Chiuri, è stato realizzato riproducendo un trompe l’œil del corpo nudo della stessa Chiara Ferragni per denunciare il peso della vergogna, della colpevolezza e del giudizio che spesso le donne portano sul proprio corpo, quasi sempre visto solo come oggetto di desiderio.
La moda calca palcoscenici inediti che possono veicolare dei messaggi di norma trascurati. I marchi di moda rappresentano oggi un forte canale comunicativo che, con l’aiuto dei loro ambassador più seguiti, possono davvero fare la differenza su diversi temi per sensibilizzare il proprio pubblico e diventare, se è il caso, virali. In rete come di persona.
Con la moda, il movimento Free the Nipple è diventato tendenza. Attraverso una strategia marketing emozionale, alcuni brand diventano portavoce di un movimento che mette insieme un gruppo di persone per una causa comune. Così, le trasparenze sono quasi diventate un must-have 2023 delle passerelle e dei red carpet più celebri. Forse si tratta di un atto di rivalsa culturale contro i giudizi sul corpo delle donne o forse è un segno che la nostra nudità oggi non è poi così tabù.
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