L’inglese si può considerare ormai la lingua della globalizzazione: inevitabilmente sta influenzando i vari idiomi con i cosiddetti inglesismi o anglicismi, parole o costrutti dell’inglese che vengono importati in forma originale o adattati ad un’altra lingua.
Al fine di preservare la lingua italiana, il deputato di Fratelli D’Italia Fabio Rampelli ha avanzato una proposta di legge per limitare l’uso di termini inglesi impropri soprattutto nel settore della pubblica amministrazione. Il problema in tale ambito, però, non è tanto l’invadenza dell’inglese quanto il maltrattamento dell’italiano, il cui risultato è chiamato “burocratese”, cioè lo stile comunicativo e il linguaggio inutilmente complicato utilizzati da amministrazioni e istituzioni pubbliche nelle comunicazioni.
La denuncia all’inglese
L’obiettivo del deputato Rampelli è disincentivare l’abuso di termini stranieri e punire i responsabili per tale comportamento con multe il cui importo può variare tra i 5.000 a i 100.000 euro. L’articolo uno della proposta numero 678 cita: “La Repubblica garantisce l’uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino nonché in ogni sede giurisdizionale.”
Nei punti successivi viene sottolineata l’importanza dell’italiano per la fruizione di beni e servizi pubblici e la necessità della sua padronanza a livello scritto e orale per poter operare in ambito pubblico e istituzionale. Il dizionario «Treccani» però riporta circa 9.000 anglicismi su un totale di circa 800.000 termini e la richiesta principale della proposta sembra essere quella di stabilire una politica linguistica a favore della lingua nazionale per tutelarla dall’ “italinglese”, termine creato per definire l’intrusione di vocaboli inglesi nell’italiano. Nonostante gli autori di tale proposta riconoscano l’importanza dell’inglese nella comunicazione internazionale e non mettano in dubbio la sua funzione centrale nella globalizzazione, allo stesso tempo temono che si vada verso un monolinguismo stereotipato e lanciano un appello per una maggiore tutela dell’identità nazionale, rappresentata secondo loro in primis dalla lingua:
Il plurilinguismo europeo è un valore da salvaguardare e sulla base di ciò si renda necessaria, come in Francia, una legislazione che tuteli il nostro patrimonio idiomatico sul piano economico, sociale, culturale e professionale nonché su ogni altro piano ritenuto importante.
Il “burocratese” e l’eccesso di forestierismo
Nel 2020 l’Accademia della Crusca aveva già avanzato un accordo con il ministero della funzione pubblica per risolvere la questione del “burocratese”, rilevante quanto la questione degli inglesismi nel linguaggio della pubblica amministrazione. Italo Calvino lo definì “antilingua” perché il linguaggio “burocratese” impedisce la rapida comprensione del messaggio a causa del suo stilo complesso e antiquato, prevalentemente utilizzato in forma scritta dalla pubblica amministrazione. Mentre la lingua italiana è in continua evoluzione, il “burocratese” è ancora lo stesso dei documenti di fine Ottocento.
La combinazione di questi due fenomeni, l’abuso di inglesismi e il “burocratese”, portano all’unico risultato di rendere incomprensibili concetti che potrebbero essere resi in maniera semplice e diretta. Si parla di inglesorum, quando si fa riferimento ad un linguaggio che confonde e distrae dalla realtà oppure di “maledizione della conoscenza” (curse of knowledge). Quest’ultimo concetto, definito dallo scienziato cognitivo Steven Pinker, indica la difficoltà del comunicatore di immaginare che gli altri non sappiano ciò che lui conosce bene. É la causa di testi contorti, pieni di forestierismi e privi di spiegazioni per i non addetti ai lavori, anche se scritti da persone competenti.
Gli inglesismi per distorcere la realtà
Se da un lato c’è la necessità di preservare l’italiano ma dall’altra si riconosce l’inevitabilità dell’influenza inglese nelle lingue europee, qual è la linea di confine da rispettare nel rapporto tra inglese e italiano e perché sembra che sia stata valicata?
Alcuni termini come partner, bed and breakfast o weekend fanno parte di quei 9.000 termini inglesi che sono contenuti nel dizionario «Treccani» e che, con il tempo, sono entrati nell’uso comune. Dal momento che esiste un cospicuo numero di inglesismi di carattere politico ed economico è necessario interrogarsi sulle motivazioni di tale scelta quando i corrispettivi in italiano esistono e potrebbero essere tranquillamente utilizzati. Alla base potrebbe esserci il desiderio di ammortizzare la realtà, quasi distorcerla, per non farla sembrare cruda come lo sarebbe se venisse descritta in italiano. L’inglesismo svolge la funzione di “detonatore” per conferire un aspetto maggiormente positivo a situazioni che in realtà non lo sono e attenua l’effetto nella comunicazione, sia scritta che orale.
Due esempi in questo senso sono i termini default e burn out. Il primo ha avuto enorme fortuna e diffusione perché prende il posto di parole come “bancarotta” o “fallimento” e nella comunicazione economica sembra minimizzare un fenomeno che, espresso in italiano, apparirebbe molto più grave. Stesso caso avviene per il secondo termine che tradotto significherebbe “esaurimento”, “tracollo” o “crollo”. Sempre più spesso si predilige l’utilizzo di burn out perché ancora il suo significato non è chiaro a tutti e, quindi, il problema non appare così trasparente agli occhi di ogni cittadino.
L’inglese: la lingua della sintesi
Un’altra ragione che sfavorisce le proposte di equivalenti italiani è la capacità di sintesi e concisione della lingua inglese sul fronte lessicale, la quale, in questo ambito, batte molte altri idiomi ed è proprio questa la principale motivazione per cui gli inglesismi hanno così ampia diffusione in Italia, la cui lingua pecca nei costrutti sintetici.
Ad esempio la parola provider corrisponde a “fornitore di accesso ad Internet” ma quest’ultimo difficilmente può avere diffusione nella lingua parlata o scritta quando l’inglese propone un’alternativa molto più immediata. Il “Ministero del Welfare” è un termine molto più sintetico di “Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali”, anche se è meno trasparente. Esso venne duramente criticato, nonostante non venne mai utilizzato come denominazione ufficiale, tanto che a seguito di diverse polemiche fu avanzata l’idea di rinominarlo “Ministero del Benessere Sociale”.
Il lessico è la parte più sensibile di un idioma e la più soggetta a mutamenti e innovazioni. Nel mondo della globalizzazione non è proficuo condurre una battaglia contro la lingua inglese, impedendone l’uso di termini ormai comuni ma è anche vero che è importante garantire a tutti coloro che parlano l’italiano la piena fiducia nella propria lingua in tutti i settori, compresi quelli scientifici, commerciali e della pubblica amministrazione.
Fonti
Marazzini Claudio, Petralli Alessio (2015), La lingua italiana e le lingue romanze di fronte agli anglicismi, Accademia della Crusca, Firenze