Cieli in Fiamme, il nuovo romanzo di Mattia Insolia, promettente giovane scrittore (classe 1995), è un’opera che sa colpire, in modo non banale, raccontando in modo coinvolgente una storia che si potrebbe definire “difficile”.
Pagina dopo pagina raccogliamo i pezzi, conosciamo i personaggi e scorgiamo il loro bagaglio emotivo nel racconto dei loro vissuti.
Nella moltitudine di tematiche racchiuse all’interno della storia, ce n’è una che rappresenta il filo conduttore del racconto: il dolore. Si tratta di un dolore muto, spesso sotterraneo, che i tre protagonisti (Teresa, Riccardo e Nicolò) portano dentro loro stessi e che trapela da ogni azione e da ogni dialogo.
La trama di Cieli in Fiamme
Nicolò è un ragazzo di diciott’anni. I suoi genitori, Riccardo e Teresa, sono due mondi opposti.
Il ragazzo è cresciuto con sua madre, risposatasi con un ricco chirurgo.
Suo padre è una figura intermittente nella sua vita. Di lui sa poco e niente, finché un giorno quest’ultimo decide di portarlo con sé in un viaggio verso Sud. Direzione Camporotondo, località di mare dove diciannove anni prima lui e Teresa si erano conosciuti.
Zaino in spalla, il lettore si addentra in questo viaggio alla scoperta di una storia che è passata ma non sa passare, che vuole anzi essere raccontata.
Le linee temporali del romanzo sono due e si alternano di capitolo in capitolo. C’è la storia di Riccardo e Nicolò, padre e figlio, trentasei e diciotto anni, che nell’inverno del 2019 intraprendono il loro viaggio.
C’è la storia di Teresa, nell’estate del 2000, ancora un po’ bambina, che comincia ad affacciarsi al mondo.
Ma in fondo è un’unica storia, pregna di sbagli, piccole soddisfazioni, di vite che frugano dentro loro stesse alla ricerca di qualcosa, si incontrano e si scontrano in maniera più o meno accidentale.
Il viaggio padre-figlio
Riccardo e Niccolò non si conoscono, non si sono mai conosciuti. Nei cinque giorni che trascorrono insieme emergono somiglianze e differenze tra i due.
Insolia introduce la tematica del viaggio, che nel romanzo non ha solo una valenza spaziale ma anche interiore, quasi i personaggi tentassero di scavarsi dentro per provare a comunicare, seppur con molta difficoltà.
Di fronte a una serie di avvenimenti, col passare dei giorni, il personaggio di Niccolò percepisce che qualcosa sta cambiando dentro di sé: sente arrivare alcune consapevolezze e impara a guardare in faccia il proprio dolore.
Teresa
Due fuochi che combattevano, ecco cos’aveva dentro. Due versioni di sé stessa che, davanti a quell’armadio pieno di roba, litigavano e si pigliavano a schiaffoni e si tiravano i capelli per decidere cosa lei dovesse indossare.
Teresa, nell’estate del 2000, ha sedici anni. È sospesa tra il desiderio di rimanere bambina e quello di crescere.
Piegata dalle critiche e l’aggressività di una madre rabbiosa e autoritaria, da cui però desidera essere accettata e afflitta dall’indifferenza e dall’arrendevolezza di suo padre.
Ha un’autostima molto bassa, Teresa, legata in parte ai chili di troppo, ma per lo più alla feroce e spietata narrativa che sua madre fa di lei e del suo corpo, che la condizionano a tal punto da renderla totalmente disorientata di fronte alla sua immagine:
Ogni tanto però si chiedeva se in realtà non fosse diversa. Se la figura che vedeva negli specchi non fosse che il rimpallo cattivo e deformato del suo stesso sguardo. Se, in fondo, non fosse una come tante: non bella, magari, ma quantomeno normale.
Insolia dona al personaggio di Teresa una dolcezza quasi struggente, coinvolge il lettore e lo conquista, in questo suo muoversi incerta e ingenua nelle prime esperienze che l’adolescenza porta con sé.
Si nota netto il contrasto tra lei e il mondo esterno, cinico, dinamico, inarrestabile col quale lei fatica a stare al passo e nel quale cerca disperatamente di trovare il proprio posto.
Omologarsi, essere come le altre ragazze, oppure rimanere al sicuro in quei vestiti da bambina e nelle piccole sicurezze che l’hanno fino a quel momento cullata?
A far pendere l’ago della bilancia sarà Riccardo, giovane e bellissimo, conosciuto per caso e idealizzato oltre ogni misura, come accade coi primi amori e le prime infatuazioni.
Teresa, di fronte a quel ghigno tutto circondato dalle fiamme sul mare, si sentì in pericolo. In pericolo come se quel selvaggio fosse stato il cacciatore designato a scrivere la sua fine, venuto al Villaggio per braccarla e ucciderla. E, sorpresa di sé stessa, si ritrovò a sorridere pure lei.
Il complicato rapporto genitori-figli
I figli sono coacervi di rimorsi e rimpianti, dolori e piccole felicità mai dimenticate o vissute che i genitori, poveri diavoli che lottano per preservarsi dall’annientamento, costruiscono nel tentativo di ricostruirsi. Mescolandoli a quell’amore che sono convinti, e felici, di riversare nei propri figli, infilano nel risultato della loro unione pure tutti i materiali di scarto accumulati fino a quel momento. Per alleggerirsi, discolparsi e, infine, amarsi.
Il rapporto tra genitori è figli è raccontato in maniera più che mai aderente alla realtà, senza alcun cliché e in modo tutt’altro che romanzato. Questo, oltre alla meravigliosa capacità narrativa e descrittiva, permette alla scrittura di Insolia di fare breccia nell’animo del lettore e a parlare alla sua parte più intima.
Il padre di Teresa è un uomo spento, succube della madre che invece è una donna violenta, caratterizzata da un atteggiamento ipercritico nei confronti della figlia e da un fanatismo religioso che sfocia quasi nel grottesco.
Teresa prova rabbia e voglia di essere vista e valorizzata. Teresa prova quella stessa rabbia che diciott’anni dopo proverà suo figlio Niccolò, cresciuto con una madre chiusa emotivamente e un padre fantasma.
Un tramandarsi di silenzi e incomprensioni che generano altra rabbia e dolore.
È questa la riflessione a cui ci spinge l’autore: scappare, voltarsi dall’altra parte, rimanere in silenzio, è davvero il modo giusto per andare avanti?
Insolia lo rende chiaro sin dalle prime pagine: i suoi personaggi agiscono in modo automatico, a tratti strafottente, ma basta grattare un poco sotto la superfice perché si palesi quel dolore sotterraneo che li accomuna.
Gli esseri umani sono complessi, tutto ciò che hanno vissuto li plasma e li contraddistingue, pur col passare degli anni.
E io ci ho provato, a lasciare che il tempo facesse il suo lavoro. Ma le cicatrici quando ti restano addosso… Non riesci a vedere altro, poi. – Rise piano. – Alla fine è come ha detto qualcuno tanto tempo fa, non riesci a dimenticare ma non ricordi cosa.