Pierrot le fou, in Italia conosciuto come Il bandito delle 11 nella sua orrenda traduzione, è uno dei capolavori francesi di Jean-Luc Godard del 1965.
Siamo a Parigi, in un giorno non specificato. Ferdinand Griffon (Jean-Paul Belmondo) e sua moglie Maria Griffon (Graziella Galvani) sono una ricchissima coppia borghese che si trascinano stancamente da una festa noiosa all’altra. Durante una di queste feste, la bambina viene lasciata con una nipote di un amico, è in questo modo che Ferdinand rivede, dopo cinque anni, Marianne (Anna Karina). Ferdinand non vuole trattenersi alla festa oltre il necessario, decide di rientrare a casa e l’incontro con Marianne, finalmente da soli, è fatale. Entro il giorno dopo, i due scappano da Parigi dopo aver ucciso un uomo, un trafficante d’armi, decidono così di partire nel loro viaggio che li porterà nel sud della Francia.
Ferdinand non ama essere chiamato Pierrot da Marianne, scappa per spirito d’avventura, per andare via, lontano da quella società borghese e diventare, finalmente, se stesso.Vivranno isolati nel loro piccolo pezzo di mondo, eppure Marianne soffrirà presto la noia, si stufa e decide di tornare dal suo vecchio amante. Ferdinand, tuttavia, non accetta questa decisione, decide di fare giustizia a modo suo.
Tra inseguimenti, baci e sentimenti, canzoni e romanzi, forbici affilate e tradimenti, il finale esplosivo resta l’unica via d’uscita. I due amanti scappano da quel modo i vivere noioso e insensibile, abbracciando il disordine e quel modo di stare il mondo di chi non conosce il domani.
Road movie
Pierrot le fou è un road movie fatto di piccoli crimini, di due teneri Bonnie & Clyde francesi, romantici e litigiosi.
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Perché sembri così triste?
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Perché tu mi parli con parole, e io ti guardo con sentimenti.
Abbatte la quarta parete nell’esatto momento in cui Ferdinand, durante una conversazione con Marianne, si volta verso il pubblico e gli rivolge la parola; Marianne sembra non capire, gli chiede con chi stia parlando e lui risponde “Les spectateures”.
E allora, menzione d’onore per i due attori principali: Anna Karina, la femme fatale d’altri tempi, e Jean-Paul Belmondo, con il suo sguardo da eterno sognatore.
Godard abbandonò da giovanissimo il sogno di diventare uno scrittore, per la sua incapacità di andare oltre il primo rigo, in questo capolavoro cinematografico non si tira indietro. Le mani che vediamo mentre Ferdinand scrive il suo diario, in realtà sono proprio le mani di Godard. Ed è anche sua la voce fuori campo dei numerosi battibecchi con Marianne.
Un’esplosione di colori primari, dal rosso sgargiante delle macchine e dei vestiti di Marianne, si passa al blu e al bianco della bandiera francese. Merito, forse, di Raoul Coutard con la sua straordinaria fotografia. Pierrot le fou è l’espressione massima della Nouvelle Vague, un cinema che cerca di distruggere, reinventare, di sembrare fresco rispetto al naturale modo di raccontare, lasciando il giusto spazio al silenzio.
La Nouvelle Vague
La Nouvelle Vague, infatti, è un movimento cinematografico francese nato sul finire degli anni Cinquanta, fondato dallo stesso Jean-Luc Godard insieme a François Truffaut, Jacques Rivette, Claude Chabrol e Éric Rohmer.
Anticipa la ribellione del 1968, attaccando la società borghese del periodo, non solo quella francese. Un film rivoluzionario ma soprattutto complesso, in cui cercare un filo logico o una spiegazione sensata è una costante perdita di tempo. Una storia che contiene al suo interno altre interminabili storie, più che un film su due amanti è un film sulla vita che a volte può starci stretta e altre volte sa farci innamorare e tirare fuori il meglio di noi (o il peggio).
L’incoerenza dei personaggi racconta la schiavitù esistenziale di due individui che ormai fanno parte anima e copro del consumismo, incapaci di vivere senza comprare qualcosa come i libri o i dischi, mentre Marianne si lamenta di indossare lo stesso vestito da giorni.
Consigliato a chi ha voglia di una storia d’amore distruttiva, coscienti del fatto che bisogna abbandonarsi totalmente a Godard per farsi guidare in questo ballo di folli. Imperdibili anche le sue altre opere cinematografiche, come Questa è la mia vita e Fino all’ultimo respiro, altri due film ermetici nella loro esposizione. Un tassello cinematografico di più di cinquant’anni fa che non invecchia mai, un’opera che è necessario vivere. Lasciarsi trasportare.