Ogni lettore (e non solo) conosce il nome di Jerome David Salinger, autore che scrisse un numero esiguo di opere, ma dal notevole impatto culturale. Il suo primo romanzo, The Catcher in the Rye, uscì negli Stati Uniti nel 1951 e divenne immediatamente un cult. Il personaggio di Holden Caufield, divenuto indimenticabile, segnò per sempre la storia della letteratura statunitense e non. Quello che forse molti lettori non sanno, però, è la curiosa storia dietro le iconiche copertine bianche che Salinger volle per le sue opere.
Jerome D. Salinger e il mito di Holden Caufield
Jerome Salinger nacque a New York nel 1919, e senza aver completato gli studi universitari, si arruolò per combattere in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale. I suoi primi lavori apparvero su quotidiani e riviste, tra cui il «Saturday Post Evening». Il suo primo e anche più celebre romanzo venne pubblicato nel 1951 con l’emblematico (e intraducibile) titolo The Catcher in the Rye. Il libro unisce il modello picaresco al romanzo di formazione, raccontando le peripezie quotidiane di un giovane ragazzo, Holden Caufield, appena espulso da scuola. Affrescando la fredda e indifferente New York degli anni Cinquanta, Salinger riuscì a piegare il linguaggio giovanile del tempo ad uso letterario, mantenendo il tono umoristico e sfrontato che ha stregato generazioni di adolescenti.
Un successo imperituro
Poco dopo la sua pubblicazione negli Stati Uniti, The Catcher in the Rye ebbe un grande successo, soprattutto tra i giovani, che innalzarono il romanzo e il suo protagonista al prestigioso status di libro di culto. L’incredibile successo che il suo primo romanzo riscosse fece sentire Salinger autorizzato a esercitare un controllo quasi maniacale sulla sua opera, comportamento negato quasi alla maggior parte degli scrittori e scrittrici. Il successo di questo romanzo, che oggi appare imperituro, avvicinò Salinger alla venerazione che di solito viene tributata a figure iconiche del cinema o della musica. Tuttavia, a una crescente fama Salinger oppose un’equivalente e progressiva scomparsa, eclissandosi dalla dimensione pubblica.
Le copertine bianche
In una società che sempre più si legava al culto dell’immagine e dell’apparenza, Salinger scelse di privare la sua opera della dimensione iconica. Lo scrittore voleva infatti che il pubblico apprezzasse il suo romanzo per il suo contenuto e non per la copertina. Così, chiese all’editore che in copertina non vi fosse alcuna illustrazione e che fosse interamente bianca, a eccezione del titolo e del nome dell’autore. Incontrando dapprima qualche resistenza, l’opera di Salinger si spogliò del tutto di qualsiasi colore, e le copertine dei suoi quattro libri persero ogni illustrazione.
L’opera di Salinger in Italia
Una felice coincidenza ha voluto che in Italia l’opera di Salinger fosse pubblicata da Einaudi, che del bianco in copertina ha fatto la sua firma. Ma la parabola di Salinger in Italia non fu così lineare. The Catcher in The Rye venne pubblicato per la prima volta in Italia da una piccola casa editrice, la Casini, con il titolo Vita da Uomo. Il libro vendette poche centinaia di copie e passò in secondo piano nel panorama culturale italiano.
Solamente nel 1961, il romanzo uscì con il titolo Il Giovane Holden nella traduzione di Adriana Motti, pubblicato da Einaudi. Tuttavia, grazie a un’idea di Giulio Bollati, che allora lavorava nella casa editrice di Torino, sulla copertina figurò un disegno di Ben Shahn, con un ragazzo che mangia un gelato. Salinger però non approvò affatto la copertina italiana e pretese che tutte le copie avessero una copertina completamente bianca. All’Einaudi, dunque, non rimase altro da fare che modificare le copie rimanenti, rivestendole con delle nuove e minimaliste copertine realizzate da Bruno Munari.
Il bianco iconico di Salinger
Il desiderio di Salinger di rimuovere qualsiasi illustrazione può evidenziare la volontà di restituire il testo nudo, senza alcuna veste grafica, così come si mostrava ancora nel dattiloscritto e come apparirebbe in un ebook di oggi. Le edizioni odierne di Salinger sono pubblicate da Einaudi e riportano una copertina completamente bianca. La casa editrice torinese, infatti, negli anni Settanta rese iconico il bianco accecante e vuoto di quelle copertine. Dunque la pretesa di Salinger fu accolta dagli editori come un’opportunità di distillare, estremizzandola, la firma cromatica della casa editrice. Il risultato è una copertina talmente neutra da risultare iconica, inconfondibile in un mare di colori e illustrazioni. Questo vuoto, questo silenzio cromatico in copertina ha contribuito a rendere le opere di Salinger ancora più celebri, e paradossalmente, il desiderio dell’autore di non porsi al centro dell’attenzione lo fece risaltare ancora di più, consacrando la sua opera a vero e proprio classico contemporaneo.
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