Realtà aumentata e teatro: un binomio possibile

Era il 1968 quando Ivan Sutherland ha inventato il primo visore per la realtà aumentata. Da quel momento tale tecnologia sta radicalmente trasformando il modo in cui la realtà viene concepita. Le implicazioni in diversi campi (primi fra tutti sanitario e militare) sono assai rilevanti al punto da apparire rivoluzionari. Ma per comprenderne a pieno la portata, è necessario fare chiarezza circa il concetto stesso di “realtà aumentata”, spesso confuso con la cugina “realtà virtuale”. La realtà aumentata (AR) è una tecnologia che sovrappone all’ambiente reale elementi digitali per creare una esperienza immersa per lo spettatore. A differenza della realtà virtuale, che proietta un ambiente digitale completamente differente dalla realtà, la realtà aumentata è un ambiente ibrido, in cui il reale si mescola totalmente e imprescindibilmente al virtuale. Si tratta dunque di una realtà mista: oggetti reali si relazionano a oggetti virtuali.

Partecipare a una esperienza che coinvolge la realtà aumentata è oggi estremamente semplice. Infatti, se un tempo era necessario l’utilizzo di visori, oggi è sufficiente avere uno smartphone per proiettare soggetti virtuali in ambientazioni quotidiane. Molto spesso l’innesco al mondo digitale avviene grazie all’utilizzo di un QR Code. Proprio grazie alla semplicità di utilizzo e alla versatilità di applicazione, oggi la realtà aumentata è parte dell’ambiente sociale, presentando dunque svariati campi di applicazione. Primi tra tutti, il mondo del marketing e delle vendite e del gaming. Nel primo caso, si fa riferimento alla possibilità di inserire un prodotto virtuale in un ambiente reale in modo tale che il cliente lo testi prima dell’acquisto. Nel secondo caso, le implicazioni risultano parecchio evidenti, basti pensare al celeberrimo gioco Pokemon Go, in cui, grazie alla semplice geolocalizzazione tramite gps, l’utente può visualizzare e “catturare” i personaggi Pokemon nella propria città.

Realtà aumentata e teatro: un binomio possibile

Se risulta estremamente semplice immaginare una corretta applicazione della realtà aumentata in simili ambiti, meno evidente sembra essere il beneficio da essa apportato al mondo del teatro, da sempre ancorato a solide tradizioni. In effetti, le due realtà sembrano tra loro in antitesi. Il “qui e ora” del palcoscenico appare inconciliabile alla virtualità dell’AR. Eppure, riflettendoci, si notano alcuni punti in comune.

Per prima cosa, tanto la realtà aumentata quanto il teatro sono spazi inventati, visioni della fantasia. Lo spettatore di fronte a uno spettacolo teatrale è chiamato a immaginare e credere, nell’illusione della scena, alle parole e azioni dei personaggi. Allo stesso modo, il consumatore di realtà aumentata è chiamato a credere a ciò che vede, anche se poco verosimile. Inoltre, tanto il teatro quando l’AR sono realtà miste, non reali, ma non totalmente di fantasia. Il teatro è il perfetto punto di incontro tra realtà e finzione. Tutto ciò che si vede non è vero, ma perfettamente verosimile, dunque credibile. Pur creandosi infatti una realtà “altra”, si conservano alcuni elementi riconducibili alla realtà del mondo fisico, così da aumentare la credibilità della stessa scena.

Come è semplice immaginare, la realtà aumentata può essere utilizzata come ausilio della scena, arricchendo il paratesto di uno spettacolo teatrale. Per esempio, grazie a un semplice QR Code sulle locandine, lo spettatore potrebbe accedere a un ampio universo tecnologico, ottenendo così una fruizione a tutto tondo dello spettacolo teatrale. Interviste agli attori, video, immagini, curiosità: sono solo alcuni spunti per trasformare lo spettacolo teatrale in una vera e propria esperienza immersiva che accompagni l’utente anche al di fuori del palcoscenico.

Poiché la realtà aumentata ha l’obiettivo di creare un’esperienza immersiva per lo spettatore, gli spettacoli che sfruttano (praticamente o filosoficamente) tale raffinata tecnologia, abbattono la quarta parete, creando uno spazio di condivisione tra attori e pubblico. Alla base vi è il principio secondo cui attori e spettatori condividono lo stesso spazio della scena, contrariamente alla concezione del teatro tradizionale. Tale esperienza immersiva coinvolge in prima persona lo spettatore, che diventa egli stesso protagonista della scena. Per citare un neologismo coniato nell’ambito della comunicazione digitale, lo spettatore si trasforma in un prosumer (producer and consumer). Non più soltanto consumatore dell’oggetto artistico, ma anche parte attiva del processo produttivo.

Per approfondire il modo in cui la realtà aumentata è stata declinata in ambiente teatrale, vengono di seguito riportati due interessanti esempi: il progetto Animare un’Isola e il progetto HoloTECA.

“Animare un’Isola”: il progetto del Teatro Fontana

Animare un’Isola è una mostra urbana en plein air ideata dal Teatro Fontana in collaborazione con la compagnia servomutoTeatro e l’associazione Meraki nell’ambito del Progetto 6 di scena! Tale progetto, che coinvolge il quartiere Isola di Milano, ha come obiettivo quello di avvicinare gli abitanti al teatro attraverso la costruzione di uno spazio di partecipazione collettiva. Lo specifico allestimento prevede cinque installazioni in realtà aumentata posizionate in diverse parti del quartiere. Ciascuna installazione, posizionata stabilmente su totem, si anima semplicemente grazie all’utilizzo di un’applicazione appositamente creata. L’immagine statica si trasforma così in un’animazione che permette di rappresentare vicende e personaggi storici del quartiere, per far rivivere nel presente il passato a cui questi luoghi sono legati. Ogni spettatore, davanti a ciascun totem, può vivere l’esperienza di partecipare a uno spettacolo teatrale all’aperto, che invade completamente lo spazio urbano.

Il teatro si mescola all’arte, generando una performance assolutamente innovativa. Grazie all’utilizzo della realtà aumentata, in qualunque momento della giornata ogni passante si può facilmente trasformare in spettatore, desacralizzando completamente l’istituzionalità dell’ambiente teatrale. Fruire di uno spettacolo teatrale non è più prerogativa di un’élite, ma è accessibile a chiunque.

“HoloTECA”: un progetto inclusivo

HoloTECA – Holographic Theatre Experience Culture Art è un progetto ideato da Pavana aps e sviluppato dal Dipartimento di Ingegneria dell’innovazione dell’Università del Salento “Augmented and Virtual Reality Laboratory”. Si tratta di un progetto inclusivo, che mira a rendere la fruizione teatrale più accessibile. Infatti, grazie alla realtà aumentata, sul palcoscenico prendono vita soggetti in forma di ologrammi che parlano la LIS (Lingua Italiana dei Segni), rendendo così fruibile lo spettacolo anche a spettatori non udenti. Tali ologrammi si generano grazie a retroproiezioni su tessuti e mesh orografiche e interagiscono durante la messa in scena con i personaggi in carne e ossa presenti sul palco.
L’idea alla base di questo progetto è estremamente innovativa e rivoluzionaria. L’obiettivo è rendere lo spazio teatrale uno spazio per tutti, eliminando le barriere innalzate dalle disabilità, che rendono spesso difficile, se non impossibile, assistere a uno spettacolo. La realtà aumentata è parte integrante della scena ed è ausilio fondamentale per aumentare l’inclusività della performance.

Per concludere, è necessario sottolineare come, nonostante i progressi, siano molti i limiti riscontrati nell’associare la realtà virtuale al mondo del teatro. Primo tra tutti, si può individuare il limite economico. Progettare uno spettacolo teatrale che sfrutti le tecnologie innovative dell’AR è piuttosto dispendioso, soprattutto per piccole realtà teatrali periferiche. Inoltre, come già in precedenza sottolineato, i due mondi rischiano spesso di essere tra loro incompatibili, se non addirittura in contrasto. Tuttavia, proprio dallo scontro nasce l’opera d’arte. Le ricerche in tale campo, seppur poche, sono estremamente proficue e conducono a risultati estremamente interessanti. L’utilizzo dell’AR in ambito teatrale è tutt’ora un ambito poco esplorato e per questo fertile.

In futuro, si auspica un teatro ancora più inclusivo, immersivo e spirituale.

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