Osamu Dazai

Il vuoto spirituale di Osamu Dazai

Osamu Dazai, nonostante la sua breve vita (1909-1948) e le pochissime opere pubblicate, è uno degli autori giapponesi più apprezzati del Novecento.

Grazie alle sue opere, due in particolare, che sono ancora oggi le più celebri dello scrittore, ovvero Il Sole si Spegne (1947) e Lo Squalificato (1948), nei primi anni del dopoguerra egli raggiunse un notevole successo. Diventò un vero e proprio idolo per una generazione di giovani che si riconoscevano in lui, in ciò che trasmetteva tramite le sue narrazioni e tramite la sua condotta di vita.

Le origini del male

La vita di Osamu Dazai è intrisa di sofferenza. La grande angoscia esistenziale profondamente radicata nella sua natura, ma anche la dipendenza e la malattia, condizionarono irrimediabilmente i suoi comportamenti. Una vita a tal punto viziosa, caratterizzata dal perpetuo abuso dell’alcol, dalla dipendenza da morfina durata alcuni anni e la ricerca continua, quasi ossessiva della morte, dipende da un dolore superiore che non è semplice assimilare del tutto. Un dolore così radicato che è per noi di ardua comprensione, figlio di alcuni scenari del Giappone del primo Novecento tipici d’una altissima condizione sociale a noi molto lontani.

Osamu Dazai nacque nel 1909 da una famiglia ricca e potente nel nord del Giappone. Una condizione privilegiata, quindi, ma solo in apparenza. Infatti, i suoi genitori furono da subito i grandi assenti nella sua vita, tanto che egli fu “cresciuto dai servi”. Con la sua famiglia si protrarrà un duro e annoso contrasto: da un lato l’insofferenza di sentirsi diverso dagli altri a causa del proprio ceto sociale, dall’altro il pregiudizio genitoriale per la propensione letteraria del figlio. Ben presto Osamu Dazai si distinse negli studi e diede segno del suo grande talento di scrittore, ma anche della vita dissoluta che lo caratterizzò, e che avrebbe macchiato indelebilmente la sua carriera. Prima dei vent’anni aveva già tentato il suicidio due volte.

L’agiatezza della famiglia, che gli provocò grande afflizione nel corso di tutta la sua vita a causa del forte divario che percepiva tra lui e le altre persone, gli permise di accedere alla cultura occidentale e agli studi universitari, a cui si iscrisse nel 1930. Nello stesso anno tentò ancora una volta di togliersi la vita. Insieme a una barista diciannovenne, infatti, trascorse due giorni abusando di alcol e barbiturici. I due poi si gettarono insieme in mare, ma solamente la ragazza morì.

Nel ’31 si sposò, per la prima volta. Con la moglie trascorreva le giornate, disertando le lezioni e oziando per la città. A questo punto abbandonò l’università, aderì con disinteresse ad alcuni movimenti di sinistra e iniziò ad attirare l’attenzione dei lettori grazie alla pubblicazione dei suoi primi racconti  pubblicati su alcune riviste. Nel corso dello stesso anno, tentò nuovamente il suicidio, lasciando una busta con all’interno quattordici prose dal titolo Gli Anni del Declino, che dovevano esser pubblicate postume.

Risale ad alcuni anni dopo la sua dipendenza dalla morfina, e un ulteriore tentativo di suicidio insieme alla moglie. Esentato dal servizio militare per una malattia polmonare cronica, fu il Dopoguerra il periodo di grande fortuna per la sua carriera. Al 1947 risalgono il suo racconto La Moglie di Villon, e il suo primo capolavoro, Il Sole si Spegne. L’anno successivo, invece, viene pubblicato Lo Squalificato.

Diario di un dolore

La vita tormentata di Osamu Dazai si riflette interamente nelle sue opere. Infatti, i primi suoi racconti pubblicati sulle riviste ripropongono continuamente e quasi ossessivamente, le sue esperienze personali: i contrasti con la famiglia, l’adesione ai movimenti di sinistra e i numerosi tentativi di suicidio. Le sue opere successive, più note e certamente più raffinate, non si distaccano molto dal racconto, sia pur romanzato, strettamente autobiografico.

Ogni personaggio di Dazai è pervaso, in forme diverse, da un’innata tristezza, rassegnata disperazione verso la vita. Oltre a ciò, i suoi personaggi spesso si percepiscono come “diversi” dalle altre persone. È evidentissimo, già dal titolo dell’opera, quello che accade a Ōba Yōzō, protagonista de Lo Squalificato. Non solo si percepisce come diverso, ma anche come estraneo alle cose della vita, a tal punto da sentirsi da questa umiliato, mortificato. E questa condizione chiaramente accomuna il personaggio al suo autore.

La percezione di diversità può avere anche radici molto profonde, come nel caso di Naoji, protagonista dell’altra grande opera dell’autore, Il Sole si Spegne. Diversità che genera un contrasto, tra il protagonista e le persone circostanti, dato dal dislivello di ceto sociale. Appartenere all’aristocrazia giapponese, sopraeleva Osamu Dazai, in un certo senso, rispetto agli altri, ma gli impedisce anche di entrarvi in contatto. Naoji, come del resto il suo autore durante la sua vita, sarà tormentato costantemente da questo distacco obbligato che lo separa dagli altri. Naoji non è isolato “solo” dal mondo intero, ma anche dalla sua famiglia, e così Dazai. L’essere un soldato e il disprezzare il suo alto rango porteranno Naoji ad essere quasi sempre lontano da casa, cos’ come la missione della letteratura e il rifiuto per la sua casta porteranno Osamu Dazai lontano dai genitori.

Tutto ciò è già fortemente autobiografico, ma c’è moltissimo altro.

Vizi di famiglia

I personaggi di Osamu Dazai soffrono, sia per la loro natura, sia per le loro vicende. Il dolore è costante e latente, come quello della madre di Naoji e Kazuko (sua sorella). E il più delle volte, si tratta di un dolore esplicito. Crudo, spietato, l’autore non vuole in alcun modo nascondere la disperazione dei suoi personaggi, come d’altronde non nascose mai la sua personale. Un male radicatissimo, quello di Osamu Dazai, che lo conduce verso il vizio e la dipendenza. Tanti personaggi dei suoi romanzi sono alcolisti, tossicodipendenti, o entrambi, come Dazai stesso. Yōzō, Naoji e Uehara (Il Sole si Spegne) sono alcolisti. Ma Yōzō è anche un morfinomane, Naoji per un breve periodo un narcomane.

Le sostanze, però, non sono sufficienti a esaurire la violenza del loro dolore. Anche nei suoi romanzi vi è la costante ricerca, spasmodica, quasi perversa della morte. Se le narrazioni procedono accennando solo vagamente alla possibilità che i personaggi possano darsi la morte, Yōzō e Naoji, ma anche Uehara, trascorrono la loro intera esistenza sul sottile filo che divide la vita dalla morte; lo stesso filo su cui è rimasto anche Osamu Dazai, per trentanove anni.

Il rischio di propendere da uno dei due lati del filo è notevole. Osamu Dazai, dopo numerosi tentativi, morì suicida nel 1948.

Dazai Osamu Memorial Hall “Shayokan”; Goshogawara, Giappone.

 


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