Le premesse non erano delle migliori quando, circa un anno fa, il capo del Cremlino avanzò richieste poco praticabili all'”Occidente”. Il timore russo è il potenziale sviluppo di alternative democratiche e la perdita di territori contigui dalle posizioni strategiche. Il capo del Cremlino chiese agli Stati Uniti la garanzia che la NATO non si allargasse ulteriormente (in seguito alle progressive aggiunte all’interno dell’alleanza di paesi ex satellite sovietici). Da allora siamo spettatori di un’edulcorata e incerta progressione bellica che si intreccia a quella mediatica. Rimane un’incognita: è lecito chiedersi se il conflitto tra Russia e Ucraina convergerà verso un’escalation militare vera e propria?
L’ascesa bellica e la reazione mediatica
L’assedio della città di Mariupol delinea il primo apice della tragedia del conflitto e la prima concreta ondata di solidarietà europea. Come riportato dalle autorità locali, dopo settimane di bombardamenti, la città è stata per l’80% rasa al suolo. Le foto e i video della catastrofe hanno fatto il giro del mondo mostrando le disastrose condizioni. Ampia distruzione tra mancanza d’acqua, di elettricità e riscaldamento, in una caccia collettiva al rifugio. La resa ucraina rappresenta un trionfo a favore della propaganda russa estremamente mirata e sorvegliata dal leader russo e dalla sua élite. Propaganda che però non è esente dal dissenso diffuso in tutta Europa così come in alcune zone della Russia, nonostante l’inasprimento delle pene per i protestanti.
Contestazione e solidarietà danno vita a una significativa reazione mediatica con dimostrazioni di appoggio e aiuto nei confronti dei milioni di profughi fuggiti dall’Ucraina nei paesi europei. Si sviluppa così un senso di coesione solidale che si esprime tramite numerose manifestazioni a favore della pace, la raccolta di prodotti e indumenti da inviare ai più indigenti. Significativa soprattutto la massiccia rete di accoglienza europea di milioni di profughi ucraini agevolati da uno status di protezione temporanea. Gli effetti della guerra in Ucraina si espandono a macchia d’olio e contribuiscono al crescente dissenso diffuso europeo e extraeuropeo.
Controffensiva ucraina
Inaspettata dal Cremlino la reazione ucraina che, grazie agli aiuti militari dell’Occidente, ha guidato una controffensiva all’esercito russo diffuso su tutto il territorio ucraino. L’Ucraina ha liberato dall’occupazione russa ventuno insediamenti in brevissimo tempo nell’autunno del 2022: rappresentano conquiste significative i territori del Kharkiv, la liberazione della regione del Kherson dagli invasori russi (una delle prime città occupate). Zelensky nel corso del conflitto ha più volte chiesto e sollecitato l’invio di armi, che gradualmente sono arrivate a Kiev. La controffensiva gioca un ruolo chiave in prospettiva di un’escalation militarizzata cambiando gli equilibri della guerra.
Biden ha stanziato un pacchetto di aiuti economici e umanitari destinati all’Ucraina di 33 miliardi di dollari. Gli aiuti inizialmente si limitavano a armi leggere e materiale logistico, ma con l’intensificarsi della guerra le richieste sono diventate sempre più consistenti. Kiev ha ricevuto armi via via più considerevoli come lo scudo antimissilistico americano. Sono in atto le trattative per inviare carri armati e si discute la possibilità di collaborare con aerei militari come conseguenza della progressione bellica.
Armamento alleato e sanzioni russe
La questione maggiormente discussa verte sull’approvazione o meno dell’invio di armamenti all’Ucraina. Si crea un fronte bilaterale: da un lato si crede sia impensabile l’invio di armi, simbolo della volontà di sostenere e alimentare la guerra e contribuire a una possibile escalation. Mentre dall’altra parte si consolidano convinzioni opposte. Secondo il Ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, l’invio di armi aiuterebbe al contenimento dell’eventuale scoppio di una terza guerra mondiale. Il supporto italiano non è stato mai messo in dubbio e talvolta ha contribuito allo scoppio di manifestazioni in nome della pace totale: a Roma i cittadini sono scesi in piazza al grido: “Giù le armi, su i salari”.
La NATO, che non è mai intervenuta militarmente in larga misura, ha invece operato applicando un regime sanzionatorio graduale nei confronti dell’insubordinazione russa. Le sanzioni hanno mostrato un prevedibile duplice effetto: la diretta conseguenza riverberata sul sanzionato (Russia) e l’implicito danneggiamento del sanzionante. La crisi energetica e alimentare ha provocato prese di posizione di massa e forte opposizione alle decisioni dei vertici. Così come l’inflazione sostenuta e la fine delle politiche monetarie ultra-espansive hanno indirizzato l’opinione pubblica verso un’incertezza economica (sostenuta dalle bollette alle stelle e dal carovita). La preoccupazione dilagante è dunque un connubio tra il timore di un escalation militare con impiego di dispositivi nucleari e le conseguenze economiche che si tradurrebbero in un aggravamento della condizione attuale. Tutte paure supportate dal sostanziale ruolo russo in quanto principale fornitore di gas distribuito in Europa, soprattutto a Italia e Germania.
Concretezza di un’escalation
Più passano i giorni e più la possibilità di un’eventuale escalation militare tra Russia e Ucraina si fa tangibile di fronte alle ultime dichiarazioni sulla minaccia nucleare. La Russia di Putin starebbe organizzando una nuova armata di mezzo milione di uomini per una nuova invasione in Ucraina. Dopo svariate fittizie previsioni di trattativa della pace è la determinazione russa non ha indugiato dimostrando di volere la vittoria a ogni costo. La concretezza di un’escalation militare è sempre più consistente, tanto da parlare di armi nucleari a cadenza giornaliera. L’andamento della guerra sta seguendo strade inaspettate e si prospettano possibili scenari al fine di colmare il fattore incognita.
Il primo scenario che si prospetta prevede la vittoria totale su Putin. Questa eventualità si basa sull’idea che un accordo con Putin non sarebbe mai possibile. Qualsiasi negoziato che non preveda l’abbandono delle forze russe del territorio ucraino si tramuterebbe in un accordo temporaneo e contribuirebbe ad un prolungamento del conflitto in un futuro prossimo. Questa possibilità è comprensiva dell’effetto collaterale che ne deriverebbe: l’impiego del dispositivo nucleare.
Il secondo scenario si basa sull’idea di fondo di evitare ad ogni costo l’espansione del conflitto e un qualsiasi rischio nucleare. La visione più moderata auspica alla cessazione delle ostilità e al ritiro a posteriori delle truppe russe dettato da un intreccio di sanzioni e diplomazia.
In conclusione
Si tratta di una sfida all’Occidente e alla coerenza di cui non può fare a meno. Stati Uniti e Unione Europea hanno ribadito di voler rimanere aperti al dialogo sul fronte diplomatico qualora la Russia manifestasse serie intenzioni verso una trattativa. Durante il vertice informale di Praga le potenze atlantiche hanno esplicitato l’importanza di rifornire Kiev con armi pesanti e carri armati dopo che Putin ha oltrepassato una linea che non era stata più superata dalla crisi dei missili di cuba di sessant’anni, fa menzionando armamenti nucleari. Il rischio è quello di entrare in un circolo vizioso che renderebbe una trattativa di pace sempre più evanescente.