La Costituzione italiana è il frutto del periodo più buio della storia d’Italia, e uno tra i più bui per la storia mondiale. Caduto il partito fascista e terminata la Seconda Guerra Mondiale, si avvertiva l’esigenza di stipulare una Carta costituzionale valida e imprescindibile per l’intera penisola. Grazie a questa necessità il 2 giugno 1946 venne istituita un’Assemblea Costituente, a partire dalla quale vennero scelti settantacinque membri, rappresentanti di tutte le forze politiche, per formare una Commissione per la Costituzione con il compito di presentare un progetto di Costituzione. Con la nomina di questa commissione ebbe inizio un anno di assemblee le quali si occuparono delle diverse revisioni di questo progetto iniziale, presentato poi ufficialmente il 31 gennaio 1947.
Il 22 dicembre del 1947 si verificò l’approvazione definitiva. Da questa giornata fondamentale per la storia dello Stato italiano in avanti è stato tutto in discesa per la nostra Carta Costituzionale. Promulgata il 27 dicembre 1947 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dello stesso giorno, entrò in vigore il 1º gennaio 1948.
Perché nasce la Costituzione
È il comune sentimento d’urgenza di redigere un documento ufficiale che accomunasse tutti i cittadini italiani, percepito da popolo e forze politiche, che ha determinato per l’Italia un vero e proprio nuovo inizio. Si tratta infatti di un evento rifondante per il nostro Paese, il quale, dopo il periodo oscuro trascorso, aveva essenziale bisogno di luce. È il bisogno viscerale dei singoli di ritrovarsi in una Carta comune, e ritrovarvi le stesse sensazioni conseguenti al periodo fascista, a sorprendere. Un dolore intestino alla nostra Nazione, così radicato e diffuso da suscitare il bisogno di essere curato. Un fermento di tale portata merita assoluto rilievo nello studio della storia della Costituzione.
Tutti ne erano interessati e si mobilitarono, compresi i rappresentanti politici dei diversi partiti, i quali si sono riuniti e hanno lavorato all’unisono per una ripartenza. Per una vera ripartenza.
In questo senso è anche difficile immaginare la pressione subita dai tre firmatari della nostra Costituzione: il primo Presidente della Repubblica Italiana Enrico De Nicola, il Presidente del Consiglio dei ministri Alcide De Gasperi e il Presidente dell’Assemblea Costituente Umberto Terracini, i quali avevano l’onere di mettere il proprio nome sulla Carta, la quale teneva vive le speranze di ripartenza di un intero Stato. Restano celebri e ormai iconiche le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Enrico De Nicola ad Alcide De Gasperi, poco prima di accedere a Palazzo Giustiniani, dove si sarebbe poi tenuto il momento tanto atteso delle firme: “L’ho letta attentamente! Possiamo firmare con sicura coscienza.” Così si espresse infatti il Presidente Enrico De Nicola, come riportato dal cinegiornale dell’Istituto Luce: Vita della Repubblica, la Costituzione entra in vigore (La settimana Incom, n. 111, 9 gennaio 1948).
Proprio in relazione a questo comune sentimento d’unione, a sorprendere è anche il processo che questo inaudito progetto attraversò. Un processo che, seppur complesso, fu della durata di un anno e poco più, arco di tempo sintomaticamente breve per la rifondazione di una Nazione. Fu evidentemente l’esigenza primaria e sentita da tutti a velocizzarne l’evoluzione.
Fu quindi questo che mobilitò il meccanismo burocratico tutto, ancora nel suo stato primordiale, anche oliandolo notevolmente, per il raggiungimento di un comune accordo. Così, questo accordo diventa straordinario. Perché mette d’accordo tutti, riguarda tutti, accomuna tutti gli italiani.
Una Costituzione per tutti
Ricercando la storia della nostra Costituzione si può trovare facilmente un documento ufficiale messo a disposizione di tutti dal Senato della Repubblica Italiana, il quale in apertura riporta le seguenti parole:
Con questa pubblicazione il Senato della Repubblica intende promuovere la conoscenza della Costituzione italiana da parte dei cittadini, rendendo loro accessibile – articolo per articolo – non solo il testo vigente della Carta fondamentale, ma anche il progetto originariamente predisposto dalla Commissione dei Settantacinque, gli emendamenti a esso presentati, il testo approvato dall’Assemblea Costituente e infine gli estremi delle leggi di revisione costituzionale successivamente intervenute.
La volontà di renderla accessibile a tutti nella sua integrità, appunto “articolo per articolo”, sia di renderne noto e raccontarne lo sviluppo storico, è perfettamente allineata con le intenzioni sempre dichiarate dei nostri Padri costituenti e del successivo loro accordo: una Carta Costituzionale per tutti. E per tutti la Costituzione Italiana è effettivamente sempre stata. Il progetto di divulgazione, infatti, è stato concomitante con quello della sua realizzazione: sin dal 1º gennaio 1948, data della sua entrata in vigore, e per l’intero anno il testo doveva essere depositato in ogni Comune, per consentire ai cittadini di prenderne visione e cognizione.
Per renderlo democratico, però, non era sufficiente che accomunasse tutti, che rispettasse l’intera cittadinanza e ne facesse le volontà al meglio possibile, ma che fosse un documento limpido nei suoi propositi. Per renderlo sincero era sì importante che fosse fruibile da tutti, ma ancor prima che fosse comprensibile per tutti.
Il nobile intento di renderla comprensibile a tutti
Una consistente semplificazione nelle scelte lessicali e stilistiche è stata alla base del progetto di Costituzione. Purtroppo era ugualmente impossibile che fosse comunemente intelligibile per una popolazione all’interno della quale vi era una scarsissima scolarizzazione. Come anche affermato dal professore emerito di linguistica generale, poi anche Ministro dell’istruzione, Tullio De Marco, durante l’incontro su Il linguaggio della Costituzione a Palazzo Minerva nel 2008 (riportato interamente in forma scritta con lo stesso titolo, in un’opera del Senato della Repubblica):
Quando la Costituzione è stata scritta, tra il 1946 e la fine del 1947, le capacità di comprensione del testo costituzionale della popolazione italiana erano, detto alla buona, pessime, perché l’Italia prefascista e l’Italia fascista avevano lasciato in eredità alla Repubblica una massa sterminata di persone senza istruzione scolastica, che non avevano completato la scuola elementare, e, dentro questi, di analfabeti. […] Fatemi dire solo che il 59,2, quindi quasi il 60 per cento degli adulti di oltre quattordici anni era, appunto, senza licenza elementare, e molto più della metà di questi si dichiararono spontaneamente, al censimento dell’ISTAT del 1951, analfabeti, dunque tagliati fuori non dall’uso della parola, ma certo dall’uso della scrittura e della lettura.
Riprendendo, però, le parole di De Mauro stesso, questa volta tratte da l’Introduzione della Costituzione della Repubblica Italiana (UTET, 2006): (La Costituzione ha un indice di leggibilità pari a 50 e per questo) “Fu ed è un testo capace di raggiungere, sia con una lettura assistita e spiegata, tutta la popolazione con almeno la licenza elementare, cioè, nei nostri anni, quasi il 90% della popolazione”. Nel 1947 invece “solo” il 42% della popolazione non era analfabeta.
Da questi dati si deduce che il problema iniziale per il quale la nostra Costituzione potesse risultare scarsamente comprensibile a molti era la pessima scolarizzazione nell’Italia di settantadue anni fa, e non la complessità del suo testo. Perché questo, oggi, risulta accessibile praticamente a tutti.
Scelte lessicali
È lecito domandarsi come sia stato possibile rendere un testo come questo, con il difficile compito di ricostruire una Nazione allo sbando e regolamentarla, il più popolare possibile.
Innanzitutto garantendo concisione ed essenzialità nel principio normativo. Mancano infatti elementi lessicali che si possano considerare ridondanti rispetto alla norma o al principio enunciati.
Inoltre, entrando più nel vivo del lessico scelto e seguendo sempre le indicazioni dell’opera di De Mauro introduttiva alla Costituzione, i dati sono i seguenti. Un testo lungo 9369 parole, in cui venivano utilizzati 1357 vocaboli diversi. Si noti subito, già da questo primo dato, la minima variabilità dei lemmi prescelti. Di questi 1357 utilizzati, 1002 appartengono al lessico di base dell’italiano, del quale De Mauro ha redatto una riedizione della prima del 1980, ne Il nuovo vocabolario di base («Internazionale», 2016).
Le parole di base sono quindi ricorrenti e costituiscono il 92,13% del totale, di conseguenza solo il 7,87% dell’intero testo è costruito utilizzando vocaboli non di base. Tra queste parole non di base, vi sono alcuni tecnicismi giuridici, che sono i seguenti: giurisdizione e giurisdizionale, promulgare e promulgazione, indire, legittimità, comma, indulto, ratificare, avocare, competere “appartenere”, demandare, demanio, dicastero, erariale, equipollente, gravame, lacuale, revoca, sancire. Le restanti 300 parole non di base, che non fanno parte delle parole di legge, appartengono tutte al vocabolario comune, e tra questi De Mauro fa gli esempi di costituzionale, giudiziario, legislativo, motivare, tutelare, elettivo, limitazione, pubblicazione, revisione, violazione, adempimento, emanare, inviolabile, nomina.
I vocaboli strettamente specialistici sono ridotti al minimo indispensabile. In questo modo il nostro testo costituzionale mantiene un lessico in maggior parte comprensibile (anche i termini considerati “non di base” sono oggi più che integrati nella nostra quotidianità), non rinunciando comunque a una meticolosa precisione tecnica.
Scelte stilistiche
Vi è anche una grande attenzione per la strutturazione del testo. Non solo il lessico, quindi, ma anche la forma è stata semplificata il più possibile. La sintassi è infatti lineare e priva di eccessive complessità. I periodi sono in prevalenza brevi. Se il limite per una buona leggibilità è di venti-venticinque parole, la lunghezza media dei periodi del testo costituzionale è di 19,6 parole. Sono inoltre utilizzate frasi semplici o frasi complesse con poche proposizioni subordinate, e in ogni caso quasi sempre la frase principale precede le proposizioni subordinate quando presenti.
Anche l’uso dei modi e dei tempi verbali è uniforme e si predilige l’indicativo presente. È limitata la presenza del congiuntivo, che si trova solo in 26 casi (quindi circa un congiuntivo ogni cinque articoli, sui 139 totali) e perlopiù in contesti nei quali l’uso di questo modo verbale è obbligato (ad esempio perché richiesto dalla congiunzione che introduce la frase secondaria: purché, ove, finché, perché finale, sempreché, o nelle relative che indicano un requisito o una limitazione). Raro è anche l’utilizzo del gerundio, riscontrabile in appena dieci casi.
Conclusione
I nostri Padri costituenti sono riusciti nell’impresa di rendere un insieme potenzialmente molto complicato di leggi, una vera e propria opera letteraria. E non solo per l’encomiabile intenzione con cui è stata redatta, ovvero quella di una Rifondazione.
Per l’origine che essa ha: popolare. La situazione italiana infatti aveva necessità di essere regolarizzata e regolamentata, e un gruppo di autori si è lasciato ispirare e l’ha raccontata. Ne ha fatta una descrizione e l’ha poi rielaborata fino a creare l’immaginario di una società ideale, da raggiungere.
Ciò che afferma la nostra Costituzione non solo come opera letteraria, ma come opera straordinaria è l’utilizzo che essa fa del linguaggio. Scrivere un testo perseguendo la scelta di un linguaggio semplice e di una costruzione sintattica altrettanto lineare, non sacrificando parte minima del contenuto e degli intenti, è capacità di pochi.
Malgrado la cura meticolosa nelle scelte di lessico e sintassi, il nostro testo costituzionale non è sempre stato alla portata di tutti.
Nonostante, infatti, l’intenzione originaria di renderla un testo leggibile per tutti, non sempre purtroppo è stato così. Riguardava e riguarda tutti, ma a causa della bassissima istruzione dell’Italia pre-fascista e fascista non tutti hanno potuto confortarsi con la comprensione della Costituzione.
Ad oggi, invece, è un testo avvicinabile da tutti.
A proposito di questo, il nostro testo costituzionale è sicuramente considerabile un’opera visionaria. Settantacinque anni fa venivano prese delle precise decisioni lessicali: non eccedere coi tecnicismi giuridici e prediligere vocaboli di base, o almeno comuni. Anche i periodi sono di lunghezze contenute, i modi e tempi più complessi sono pressoché inutilizzati.
Per riprendere gli esempi del Professor De Mauro, parole come limitazione, pubblicazione, revisione, violazione, adempimento, oggi considerate comuni, nei primi anni Cinquanta potevano anche risultare incomprensibili.
Allo stesso modo, se oggi riteniamo facilmente leggibile un periodo tra le 20-25 parole, il limite può essere notevolmente abbassato se considerata la condizione dell’Italia dopo la seconda guerra mondiale. Ad oggi, invece, il lessico e la sintassi adottate sono comprensibili a -quasi- tutti.
Così, la Costituzione della Repubblica Italiana è un’opera visionaria, poiché riuscì a guardare al futuro e a prevederlo. Settantacinque anni dopo, non solo è accessibile a tutti, ma lo è a tal punto da poter rimanere invariata per 75 anni.
FONTI