L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. […]
Art. 33 della Costituzione della Repubblica italiana
La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. […]
Art. 34 della Costituzione della Repubblica italiana
Anche se appartenenti a mondi completamente diversi, la Costituzione e il panorama della televisione possono offrire alcuni collegamenti e spunti interessanti. In particolar modo, guardando ai contenuti che il testo costituzionale porta con sé, è facile intuire come il mondo dell’intrattenimento e le reti televisive possano assumere una funzione particolare, adattando le proprie modalità alle nuove necessità del Paese e della neonata Repubblica. Con particolare riferimento al mondo della scuola, la televisione ha avuto un ruolo da protagonista nella diffusione di contenuti e programmi che potessero andare a sanare le gravi mancanze di cui il popolo italiano soffriva in termini di istruzione e alfabetizzazione.
Costituzione e TV: un nuovo inizio
È il 1948. Dopo essere stato approvato dall’Assemblea Costituente alla fine del 1947, il testo della Costituzione italiana entra in vigore, segnando un netto spartiacque nella Storia moderna italiana. Il passaggio ufficiale da monarchia a Repubblica, avvenuto appena qualche tempo prima, ha portato con sé la necessità di creare un nuovo documento che riassumesse in maniera efficace i principi fondamentali del Paese dal punto di vista dei valori, della sua gestione e dei diritti e doveri del cittadino. Insieme alla presentazione della forma e della struttura delle istituzioni della nuova Repubblica italiana, all’interno della Costituzione trovano il loro spazio anche diversi articoli il cui obiettivo è quello di descrivere e regolare la vita dei cittadini. Tra i diritti elencati e spiegati all’interno della Costituzione, vi è anche il diritto all’istruzione e allo studio, a cui sono dedicati gli articoli 33 e 34 del testo costituzionale.
Difficoltà reali
La realtà descritta all’interno di questi articoli appare ben diversa però dalla situazione concreta che i cittadini italiani si trovano a vivere. L’Italia dell’epoca appare ancora come un Paese che deve impegnare il massimo delle sue forze nell’abbattimento dell’analfabetismo e nel garantire a tutti i suoi cittadini almeno un’istruzione di base. Se per le giovani generazioni dell’epoca questo appare più semplice, attraverso un piano di miglioramento delle istituzioni e dei programmi scolastici, una parte di popolazione, che rappresenta la maggior parte della forza lavoro del Paese, vive in una situazione di analfabetismo, che contribuisce in maniera significativa a peggiorare i dati e le statistiche raccolti nel campo dell’istruzione.
Per cercare di migliorare la situazione e raggiungere la maggior parte dei cittadini, con un’attenzione particolare a chi è ormai fuori dall’età scolastica, entrano dunque in gioco prima la radio e poi la televisione, grandi protagoniste di quel periodo storico per la diffusione di informazioni e notizie. Questi due canali diventano strumenti fondamentali a servizio dell’educazione e dell’istruzione del cittadino, con un collegamento diretto nelle case di ciascun italiano.
Due storie diverse
Sin dall’epoca della loro invenzione, la radio e la televisione hanno avuto due storie parallele e ben separate, seppur siano sempre state considerate due strumenti inevitabilmente collegati tra loro. La radio, introdotta al pubblico diverso tempo prima rispetto alla televisione, venne inventata tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del XX secolo. La sua diffusione fu favorita in particolar modo dal periodo di conflitto di cui il mondo intero si rese protagonista: con l’inizio della Prima guerra mondiale, la radio divenne uno degli strumenti più efficaci per la comunicazione militare. Terminato il conflitto, il suo utilizzo era diventato comune a tal punto da rimanere celebre come strumento per la comunicazione di massa. Terminato quindi il suo compito in ambito militare, la radio divenne lo strumento preferito dal pubblico per le trasmissioni commerciali e di intrattenimento.
Dall’altro lato, la televisione fa il suo ingresso nelle case italiane soltanto in un secondo momento, con l’avvento degli anni Cinquanta, ma ruba la scena in maniera dirompente alla comunicazione radiofonica. Nel gennaio del 1954, la Rai arriva tra i canali televisivi per il grande pubblico, cambiando le abitudini degli spettatori italiani, seguendo la scia del percorso tracciato dalle trasmissioni radiofoniche, nate circa trent’anni prima. Radio e televisione dunque, pur occupando due posizioni ben diverse e distinte, rimangono collegate tra di loro, così come resta simile la loro funzione. Entrambi i canali avevano lo scopo infatti di informare il pubblico, attraverso notizie e racconti di quanto stava accadendo nel Paese sotto diversi aspetti.
Gli anni Cinquanta e Sessanta
Con la nascita e lo sviluppo dei canali Rai, la televisione italiana si assume, già a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, il compito di intrattenere il pubblico: le trasmissioni più celebri diffuse sui canali della rete nazionale si presentano con appuntamenti ben precisi, che scandiscono la routine degli italiani. Accanto alla funzione di svago, rimane però significativo il ruolo della televisione come mezzo di informazione. Insieme a questi due obiettivi, è in questo periodo che la televisione inizia a essere studiata come mezzo per migliorare e rendere più omogenea l’educazione e l’istruzione del pubblico.
Come già accennato, l’Italia dell’epoca vive ancora in una situazione di forte analfabetismo, in cui la maggior parte della popolazione possiede a malapena le basi dell’istruzione. È a questo punto che la televisione diventa un canale educativo, aperto a tutti: in particolar modo, le trasmissioni televisive risultano essere uno strumento particolarmente utile per diffondere la lingua italiana nel suo uso corrente, migliorando le capacità di linguaggio e comprensione di una parte significativa della popolazione.
La TV dei ragazzi
In questi anni dunque, la televisione delinea in maniera ben definita la propria missione educativa, che si allinea e completa quella dei programmi proposti all’interno delle istituzioni scolastiche. Si afferma in questa maniera quella che diventerà la TV dei ragazzi: in quel periodo viene infatti creata una programmazione ad hoc per le giovani generazioni, formata da rubriche e trasmissioni che potessero fornire un valido supporto a quanto i ragazzi imparavano tra i banchi di scuola.
Tra le trasmissioni di rilievo figura sicuramente Non è mai troppo tardi, presentato da Alberto Manzi, il maestro della televisione, che grazie al suo programma permette a tutta la popolazione di acquisire conoscenze di base sulla cultura e sulla lingua italiana. Al tempo stesso infatti, questi programmi erano fruibili da tutto il pubblico e non solo dedicati ai ragazzi, andando in questo modo a compensare quanto il mondo dell’istruzione italiano non era riuscito a fare per formare le generazioni precedenti e offrendo loro un valido strumento di riscatto.
Appuntamenti fissi e Carosello
Assumendo questa nuova funzione, la televisione diventa per molti un appuntamento fisso: il pubblico italiano segue le trasmissioni della sera, che passano dall’informazione, attraverso i telegiornali, fino a trasmissioni nate per l’intrattenimento e divenute con il tempo dei cult per intere generazioni. Parlando della televisione dell’epoca, non si può non fare riferimento al successo di Carosello, programma nato alla fine degli anni Cinquanta, composto da quelli che oggi potremmo definire dei brevi sketch di intrattenimento.
Carosello, oltre a divertire il pubblico, ha rappresentato nella storia della televisione italiana un’importante novità: al termine infatti di ogni puntata del programma vengono introdotte le prime versioni di quelle che poi diventeranno vere e proprie pubblicità. I prodotti inseriti a scopo commerciale all’interno di programmi televisivi segnano una svolta significativa per la televisione e per il modo di fruizione da parte del pubblico, imponendo definitivamente lo strumento della televisione come mezzo per la comunicazione di massa.
Gli anni Settanta e Ottanta
Negli anni a seguire la televisione e i canali Rai sembrano ormai destinati a giocare un ruolo fondamentale nell’educazione della popolazione, fornendo programmi facilmente disponibili a tutti. Con l’arrivo degli anni Settanta, lo sviluppo della televisione in questa direzione subisce un rallentamento generale, dovuto in particolar modo all’introduzione tra i canali televisivi delle reti e dei programmi commerciali e locali. Sentendo la pressione della concorrenza, indirizzata verso un altro tipo di televisione, anche le reti nazionali iniziano lentamente ad abbandonare l’idea di una televisione educativa, preferendo concentrare i propri sforzi e la propria attenzione su programmi di intrattenimento che potessero attirare una fascia di pubblico il più ampia possibile. La rete televisiva si allontana dunque, almeno momentaneamente, dalla sua vocazione come strumento educativo in linea con i principi della Costituzione, preferendo la via dell’intrattenimento leggero.
Il trionfo dei giochi a quiz
In un mix tra educazione e intrattenimento leggero, il ventennio compreso tra gli anni Ottanta e Novanta sancisce il grande successo dei giochi televisivi, condotti da alcuni dei volti più noti della televisione italiana e consacrati negli anni a icone senza tempo. Nel 1985 nasce Parola mia di Luciano Rispoli e Gianluigi Beccaria, un programma che acquisisce ben presto una certa notorietà tra il pubblico. In risposta, anche le reti commerciali iniziano ad allinearsi a questo tipo di trasmissioni, introducendo programmi sulla stessa linea. Alla fine degli anni Novanta in Mediaset spopola Passaparola, condotto da Gerry Scotti e diventato ormai uno dei programmi cult della televisione italiana.
La Costituzione, lo studio e il nuovo millennio
Con l’arrivo del nuovo millennio, anche la televisione si modella secondo le trasformazioni che l’Italia subisce a livello geopolitico e culturale, rimanendo in qualche modo fedele a quanto descritto all’interno della Costituzione. Con lo sviluppo della globalizzazione, anche l’Italia inizia a diventare uno Stato sempre più orientato verso la multiculturalità: la televisione inizia a concentrare la propria attenzione sulla sfera educativa legata a coloro che hanno necessità di imparare la lingua italiana.
Un numero sempre maggiore di cittadini stranieri si ritrovano ad avere la possibilità di utilizzare il mezzo della televisione per migliorare le proprie conoscenze sulla cultura del Paese. A questo proposito, tenendo fede a quanto spiegato nella Costituzione, sono stati introdotti negli anni diversi programmi per l’apprendimento dell’italiano come lingua seconda, nati da diverse collaborazioni della Rai con istituzioni legate al mondo dell’istruzione, con un focus sulle diverse modalità con cui diffondere l’insegnamento della lingua italiana. Ad aprire la lunga serie di programmi dedicati a questa finalità, nel 2001 nasce Io parlo italiano, che per le modalità e i contenuti si rifà, a distanza di anni, a quei programmi educativi diffusi dalla televisione italiana nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta.
Adattarsi
La scelta di portare avanti questi programmi dimostra da parte dei dirigenti delle reti televisive una presa di consapevolezza nei confronti di un’Italia che cambia: nel corso degli anni, la rete nazionale ha iniziato a differenziare le proprie programmazioni in maniera sempre più definita, creando specifici canali a seconda degli interessi del pubblico. Per questo, negli anni è nato il canale di Rai Scuola, che come suggerisce il nome, torna ad avere la funzione di quei programmi educativi diffusi anni prima.
Pur essendo generalmente un canale confinato alla fetta di pubblico che attivamente si interessa a sfruttare il mezzo della televisione in termini educativi, il canale di Rai Scuola ha iniziato a essere particolarmente di spicco nel momento in cui l’Italia e il mondo hanno dovuto affrontare il periodo di lockdown dovuto alla pandemia. Il mondo dell’istruzione ha dovuto piegarsi allo strumento della didattica a distanza per poter continuare a svolgere la propria funzione. Al tempo stesso, negli ultimi tempi sono tornati di moda i programmi educativi e interattivi sia per ragazzi che per adulti: a distanza di anni dunque, la televisione torna a rappresentare uno dei principali strumenti di supporto del mondo della scuola, ripresentando situazioni a cui il pubblico italiano aveva già assistito ormai più di sessant’anni fa. In questo modo, la televisione ribadisce a suo modo l’importanza di quanto riportato all’interno degli articoli della Costituzione.
Ritorni
Il rapporto tra Costituzione, diritto allo studio e televisione è dunque un cerchio che si chiude: attraverso epoche diverse e situazioni totalmente opposte tra loro, il mondo della televisione ribadisce l’importanza del proprio ruolo come strumento educativo nel passato e nell’era contemporanea. Con particolare riferimento agli articoli della Costituzione, la televisione, attraverso i vari decenni, si è imposta come il principale strumento per rendere l’istruzione veramente libera e accessibile a tutti, andando a colmare qualsiasi distanza tra i cittadini e dando a tutti la possibilità di migliorare il proprio bagaglio di conoscenze.
FONTI:
Corte Costituzionale della Repubblica Italiana (2023), Costituzione della Repubblica Italiana, Roma.