Per la stagione “New Classic”, il teatro Pacta della periferia sud milanese porta in scena l’Orazio, un testo di Heiner Müller. Si tratta di una coproduzione tra lo stesso Pacta e il teatro Alkaest, con la regia di Giovanni Battista Storti, uno degli attori presenti sulla scena. Il testo è una rievocazione del mito e ricorda la vicenda di Orazio, da una parte eroe vincitore e salvatore della patria Roma, dall’altra assassino della propria sorella. Il drammaturgo, focalizzando l’attenzione sul protagonista, riflette sull’eroicità e sull’imprescindibile ed eterna ambivalenza della natura umana, alle volte buona e celebrata, altre volte malvagia e colpevole. Come può il più importante difensore della patria essere anche un fratricida? E ancora, le due componenti opposte dell’anima sono tra loro conciliabili in un solo uomo? Queste e altre domande scaturiscono automaticamente dalla narrazione del celeberrimo drammaturgo.
Heiner Müller: il drammaturgo “freddo come un chirurgo”
La scena è calcata da solo tre attori, unici protagonisti e interpreti di una narrazione a tutti gli effetti corale. Il testo appare infatti frammentato, diviso in brevi monologhi o frasi che vengono di volta in volta raccontati dagli attori. Si tratta dunque di una narrazione a più voci, che non necessita del coinvolgimento di personaggi specifici. Al contrario, gli attori sulla scena sembrano appartenere a un coro piuttosto neutro, che mette al servizio la propria voce per rendere la narrazione più chiara e avvincente.
Vero è che, di volta in volta, un attore si stacca dal coro per dare voce a uno dei molteplici personaggi evocati dalla narrazione, ma si tratta di una semplice azione di servizio. Non vi è, infatti, alcun tentativo di interpretare personaggi complessi con caratteristiche fisiche o psicologiche distinte. La scelta della regia è quella di portare in scena una narrazione intima, simile a una fiaba raccontata intorno al fuoco durante una fredda notte. Lo spettatore viene invitato a tutti gli effetti a partecipare a un processo e a riflettere intorno alla natura di un personaggio mitico dal temperamento ambivalente, quale l’Orazio di Heiner Müller.
Come dichiara lo stesso regista Heiner Müller si cala nella contraddizione con la vista acuta del semiologo e la freddezza del chirurgo”. Il testo del drammaturgo non è altro che una profonda riflessione intorno all’essere umano e al concetto di umanità. Il piatto della bilancia non può pendere a favore o contro il protagonista poiché il merito e la colpa sono elementi inscindibili della sua stessa natura. Proprio per questo, non è corretto ricordare Orazio solo come eroe e vincitore romano contro Alba, senza menzionare il brutale assassinio. Allo stesso modo, identificarlo come fratricida non esaurisce la complessa personalità del personaggio.
Scenografia e costumi dell’Orazio
L’Orazio di Heiner Müller portato in scena al Pacta è una narrazione pacata e leggera che invita lo spettatore all’ascolto, nonostante la scenografia sia piuttosto imponente. La compagnia sceglie infatti di portare in scena parecchie aste di legno, posizionate sullo sfondo, utilizzate per comporre diverse coreografie, non sempre funzionali alla narrazione. A volte, gli assi vengono utilizzati come spade, altre diventano una foresta in cui i personaggi si possono nascondere. In proscenio invece, durante lo spettacolo si compone una natura morta fatta di sabbia e oggetti evocati nel corso della narrazione. Molto interessante l’utilizzo delle luci, in modo particolare alla fine dello spettacolo. Al calare del sipario, in scena resta solo un fascio di luce rossa molto intensa, a evocare la colpa e la redenzione del personaggio.
Nella sua estrema essenzialità, l’Orazio vuole sottolineare la fragilità e l’umanità degli eroi, le loro insicurezze e colpe. L’inviolabilità mitologica lascia il posto alla vulnerabilità, trasformando così il protagonista in un uomo qualsiasi, vincitore e vinto dalla sua stessa coscienza.
CREDITS
copertina fornita da Pacta