Herta Muller autografo

Herta Muller: il mondo dei diseredati

Dal 1901, ogni anno l’Accademia Svedese si occupa del Premio Nobel per la letteratura: il riconoscimento più prestigioso per un autore e per il suo lavoro, che oltretutto assicura una promozione su scala planetaria, una reputazione internazionale e una certa tranquillità finanziaria.

Il premio onora scrittori di tutti i generi ma non è raro che allarghi la sua ala fino a comprendere filosofi (si pensi a Camus o allo storico caso di Sartre, che lo rifiutò) o addirittura cantanti (Bob Dylan).

Questo ampliamento è dovuto al fatto che il premio non è rigorosamente associato a un’opera specifica, bensì si rivolge alla carriera generale e completa di una determinata figura.

È proprio questo il caso di Herta Muller.

Herta Muller

 

La famiglia

Herta Muller nasce nell’agosto del 1953 in Romania, nella regione del Banato.

La sua famiglia, però, ha origini tedesche e non possiamo certamente definirla una famiglia con un passato facile.

Il padre, infatti, aveva militato nelle SS tedesche durante la seconda guerra mondiale (poiché la Romania era un’alleata della Germania) e non aveva trovato pace neanche dopo il conflitto.

Al termine della guerra, infatti, la Romania passò nelle mani di Stalin: quest’ultimo, nel gennaio del 1945, ordinò la deportazione di tutti i rumeni di madrelingua tedesca tra i 17 e i 45 anni.

In questo gruppo di persone, figurava anche la madre di Herta.

La sua formazione

Herta si dedica agli studi letterari e filologici, per poi lavorare come traduttrice in una fabbrica ingegneristica: un luogo che la isola dal mondo esterno e, fisicamente parlando, la porta allo stremo.

Si pensa che sia proprio questo il momento in cui si avvicina alla scrittura: riversando i suoi pensieri su pagine, riesce a ritrovare un po’ di pace.

Da questo posto di lavoro sarà, però, licenziata dopo circa tre anni.

Il motivo?

Non aver collaborato con la Securitate: i servizi segreti della Romania comunista.

Non si arrende, cerca un’altra occupazione e si trasforma in maestra di tedesco in un asilo.

Tuttavia, neanche in questo modo riesce: il regime comunista rumeno la perseguita e lei è costretta a scappare dalla sua terra natale, per rifugiarsi in Germania (precisamente a Berlino Ovest).

Finalmente riesce, così facendo, a raggiungere la tanto agognata serenità.

Si sposa, entra nel mondo universitario in veste di docente ma, soprattutto, si tuffa nella prosa e nella poesia.

L’inizio

È nel 1982 che pubblica il primo libro: Niederungen (Bassure).

Si tratta di un romanzo con una storia abbastanza peculiare: protagonista è una bambina sveva, rappresentata in tutta la sua innocenza e purezza, che si trova a vivere sotto la dittatura di Ceaușescu (presidente della Romania dal 1967 al 1989, quando fu deposto e processato con le accuse di crimini contro lo stato, genocidio e distruzione dell’economia nazionale).

Per tutto il libro, costituito da diciannove lunghi capitoli strettamente legati l’un l’altro, il lettore conosce sempre di più la famiglia della piccola protagonista.

Ogni dettaglio viene disegnato con una precisione quasi analitica.

Vengono presentati i componenti, con i loro caratteri e le loro abitudini.

È una leggera minuzia questa, certamente, ma contribuisce a colpire colui che si relaziona all’opera.

Ad esempio, una delle tante piccolezze che possono impressionare è il fatto che, in questa famiglia, si approfitti dello stesso bagno caldo e dello stesso sapone per lavarsi, uno dopo l’altro.

Tutte queste scene cooperano tra di loro nella formazione del quadro generale dell’opera: una manifestazione di sofferenza.

Un urlo gridato violentemente per cercare di richiamare l’attenzione sull’isolamento e sull’abbandono in cui la famiglia riversa.

Attraverso la descrizione dei genitori e del paesaggio circostante, si parla di solitudine e di dittatura. Di morte e di mafia, fino a descrivere, nella parte finale, la vita in fabbrica.

È una storia forte, dunque, che parla da sé: ed infatti è stata censurata.

La sua versione integrale uscirà solo fue anni dopo e non in Romania, ma in Germania.

Questo, però, è solo il primo piccolo passo di Herta Muller in un universo, quello letterario, che le avrebbe riservato molte sorprese.

L’esilio

Nel 1989, alla vigilia della caduta del muro di Berlino, Herta Muller pubblica In Viaggio su una Gamba Sola.

Un romanzo autobiografico, in cui la scrittrice ci parla a cuore aperto del suo trasferimento dalla Romania alla Germania.

Si tratta di una testimonianza forte e dolorosa: viene descritta l’urgenza di andare via, il bisogno di fuggire dalla dittatura, un desiderio tanto sentito quanto temuto.

La scrittrice si mette a nudo e disegna, con chiarezza e senza paura, forse con l’animo ormai leggero, un vero e proprio trauma: l’esilio, come abbiamo detto, è voluto, si, ma ciò non è abbastanza.

Non è sufficiente a spazzare via quella nostalgia che pervade l’autrice, quella sensazione di aver perduto qualcosa che lei si sente addosso.

Il lager

Nel 2009, Herta Muller pubblica L’Altalena del Respiro.

La storia è ambientata nel gennaio del 1945: la guerra non è ancora finita e per ordine sovietico, inizia la deportazione della minoranza tedesca rumena nei campi di lavoro forzato dell’Ucraina.

Il focus, in particolare, si concentra su un ragazzo di 17 anni che parte per il lager, con la speranza di un futuro e l’ansia di correre via.

La sua storia si protrae per cinque anni, in cui viene narrato il freddo e la fame, la fatica del lavoro forzato e il confronto quotidiano con la morte.

La cosa interessante e che rende ancora più struggente questo lavoro, è che per scriverlo Herta Muller ha raccolto varie testimonianze e ricordi dei sopravvissuti al lager.

In primis, quelli del poeta rumeno tedesco Oskar Pastior.

Questa doveva, infatti essere un’opera scritta con la sua collaborazione ma, improvvisamente, Herta Müller si è ritrovata a proseguire da sola, dopo la morte di Pastior nel 2006.

Le memorie del poeta e di tutte le altre vittime della dittatura ci fanno fare un salto nel tempo, facendoci vivere un contesto che, oggigiorno, sembra surreale.

È forte, quindi, la denuncia verso la dittatura.

Un’esposizione, sicuramente dannosa per l’incolumità della Muller, resa ancora più potente dall’utilizzo di una lingua poetica, si, ma crudele.

Lo stile è un mix: metaforico e scarno, realistico e assurdo.

Un linguaggio inverosimile, proprio come ci appare inverosimile la condizione di un uomo strappato dalla sua terra per essere umiliato e sfruttato.

Il Nobel

Il 2009 non è solo l’anno di uscita del romanzo L’Altalena del Respiro, ma è qualcosa di più grande.

È l’anno del ricevimento del Premio Nobel per la Letteratura.

Il romanzo, infatti, nonostante non abbia rispettato il progetto originario, riceve comunque un grandissimo successo, forse inaspettato.

La motivazione?

con la concentrazione della poesia e la franchezza della prosa ha rappresentato il mondo dei diseredati.

Herta Muller, non a caso, è considerata una delle più grandi scrittrici europee dell’ultimo decennio: questo premio altro non è che una dimostrazione di ciò.

 

 

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