Un’opera enigmatica e travolgente
Il Minotauro di Benjamin Tammuz non è un romanzo qualunque, destinato a prendere polvere sullo scaffale di una libreria e a sbiadire dalla memoria con lo scorrere del tempo. Dalle prime pagine, la scrittura dell’artista israeliano irretisce il lettore e lo cattura in una trama fitta e articolata ma al contempo puntuale e precisa. Il Minotauro è un’opera che potremmo definire enigmatica e travolgente.
Spy story di facciata
Un tale, che era un agente segreto, parcheggiò in una piazza la macchina che aveva preso a nolo e salì sull’autobus per andare in città.
Questo incipit in medias res alimenta in maniera straordinariamente impeccabile una serie di interrogativi ai quali, senza alcuna fretta, l’autore dà poi risposta lungo la narrazione.
Tammuz inganna il lettore, che crederà di trovarsi di fronte a una storia appartenente al genere della letteratura di spionaggio per poi far crollare questa impalcatura lasciando spazio a un’affascinante, enigmatica e a tratti conturbante storia d’amore.
La storia del romanzo di Tammuz
Inghilterra. Un affascinate agente segreto israeliano di quarantuno anni sale su un autobus, un giorno come tanti. Di fronte a lui scorge una giovane ragazza diciassettenne, Thea, dotata di una bellezza pura e disarmante. In lei riconosce la donna della sua vita, fino a quel momento presente solo nelle sue fantasie, come un miraggio.
Il lavoro dell’uomo gli permette di scoprire ogni cosa di lei e ben presto comincia a spedire lettere d’amore appassionate alla ragazza. Questa, in prima istanza rimane un po’ perplessa dall’insolito approccio epistolare, ma col passare del tempo comincerà a rispondere alle sue lettere e a sentirsi sempre più legata all’uomo misterioso.
L’uomo sa di non poter concretizzare il loro legame: ha una moglie e dei figli in Palestina, ha un lavoro che glielo impedisce, eppure rimane una presenza costante nella vita di Thea, come un’ombra che veglia su di lei, palesandosi sempre e solo tramite lettere anonime.
Il legame epistolare
Non avrai mai l’occasione di farmi delle domande ma la mia voce ti giungerà nelle lettere e io so che le leggerai. Come faccio a saperlo? Non posso darti altra spiegazione se non quella che sto per dirti: da quando ho memoria di me io ti ho cercata.
Le lettere scambiate tra i due sono caratterizzate da un tipo di scrittura che si fa via via più intima, affettuosa, raffinata e travolgente. Nelle lettere Tammuz utilizza un registro totalmente diverso rispetto al resto del romanzo.
Entrambi i personaggi nel frattempo proseguono le loro vite; in particolare Thea, che però tentenna e vacilla di fronte a qualsiasi altro pretendente.
Ora è difficile gradire i complimenti che ricevo dai conoscenti, perché, in confronto alle tue lettere, tutto quello che mi dicono è grossolano.
Mi fai abituare a sentirmi una regina, e poi che succederà? Nessuno vede le cose belle che tu vedi in me. Mi abitui a qualcosa che nessuno mi darà mai. Perché lo fai?
Il paradosso dei personaggi di Tammuz
In realtà, ci saranno altri uomini nella vita di Thea, a ognuno dei quali viene dedicata una sezione del romanzo, ma nessuno di loro sarà mai in grado di competere con l’agente segreto, l’innamorato tirannico e nascosto che occuperà per sempre uno spazio indefinito e irrazionale nella mente e nel cuore di Thea.
Sapeva che nessuno avrebbe potuto prendere nel cuore di lei il posto che il fantasma delle lettere si era conquistato. Se lo Sconosciuto si fosse presentato in carne e ossa, sarebbe stato forse possibile sconfiggerlo. Magari la stessa Thea lo avrebbe disprezzato. Ma una figura fatta di parole e tempo era indistruttibile. Nessuna realtà sarebbe stata in grado di sconfiggere un sogno. Nessun uomo ancora vivo avrebbe potuto vincere un fantasma.
Ciò che accade tra Thea e l’agente segreto è un paradosso. Si tratta di un amore che divampa sempre di più senza che i due si siano neanche mai incontrati, al contempo inquietante e struggente.
Guarda quanto potere hai su di me, mio caro Sconosciuto. Tu sei crudele, in fin dei conti.
Se sei vivo, gli diceva, vieni a me. E se sei morto dammi un segno. Non puoi continuare a trattarmi così.
Il potere della scrittura
Eppure forse è proprio questa la chiave: lasciare che la mente disegni le proprie chimere e idealizzi un qualcosa che, inevitabilmente, declinandosi nel concreto, non reggerebbe le aspettative.
Forse la chiave è, per l’appunto, la scrittura. Il potere evocativo che ha, la capacità di toccare corde dell’anima altrimenti irraggiungibili, di sbloccare meccanismi reconditi e sconosciuti.
A tal proposito, riportiamo le parole di Erri De Luca:
Un inno al segreto, alla potenza della scrittura che sa essere più forte di ogni voce, di ogni presenza. La loro distanza non è separazione, ma un nervo teso tra loro, che il tempo irrobustisce.
La Musica
La musica, quella di Mozart in particolare, è il filo conduttore di tutto il romanzo. è una passione che scorre nel sangue di tutti i personaggi, si tramanda di generazione in generazione e viene inserita da Tammuz instancabilmente, a più riprese, quasi a volersi sincerare che il lettore ne capisca l’importanza.
Il Minotauro
Il nome del romanzo è dovuto a un quadro impresso nella memoria del protagonista, che rappresenta il Minotauro sofferente e una ragazza che si sporge verso di lui.
In un certo senso, l’agente segreto è paragonabile alla figura mitologica in questione e non solo per la distanza culturale dei suoi genitori (di cui nel libro si scoprirà la storia) ma anche per una serie di risvolti inquietanti all’interno del romanzo che ci ricordano che tale figura sa essere feroce e richiede un sacrificio di carne umana.
Israele e Palestina
All’interno del romanzo viene inoltre presentato uno spaccato storico in cui Tammuz ci racconta la complessa convivenza tra israeliani e palestinesi, l’odio e il paradosso di odiare qualcuno che abita la propria stessa terra.
Adesso tutti gli ebrei prendono parte a questa pazzia. Forse pochi ne sono coscienti, ma tutti lo sentono; hanno vinto e hanno perso. Hanno lottato, hanno lasciato morire e hanno ucciso, e adesso la vittima e il vincitore hanno nostalgia l’uno dell’altro, e non c’è modo di tornare indietro, poiché uno di loro è stato ucciso. In realtà, sono stati uccisi entrambi.
Chi era Benjamin Tammuz
Quella de Il Minotauro è una scrittura magnetica: ammalia e rapisce spingendo il lettore pagina dopo pagina, nutrendone la curiosità. Benjamin Tammuz non fu solo uno scrittore, ma anche un pittore e uno scultore. Per anni fu caporedattore della sezione culturale del giornale israeliano «Haaretz». Il tutto trapela dal ricco repertorio di citazioni storiche e artistico-letterarie presenti all’interno del romanzo, che, un anno dopo la sua pubblicazione, fu elogiato da Graham Greene e definito “il miglior libro dell’anno” in Inghilterra.
CREDITI
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