Dopo sette mesi di misure cautelari, dal carcere agli arresti domiciliari, i quattro ragazzi condannati dalla procura di Torino per aver partecipato alle manifestazioni di febbraio 2022 sono stati liberati. La condanna dei quattro universitari ha da subito suscitato molto scalpore ed è stata tacciata come l’ennesima dimostrazione dell’eccessiva intransigenza della procura torinese.
I fatti: dal 18 febbraio al 27 dicembre
La manifestazione torinese
Sara, Emiliano, Francesco e Jacopo, dopo essere stati arrestati il 12 maggio, sono stati liberati il 27 dicembre 2022 dagli arresti domiciliari. I quattro, tutti studenti universitari torinesi incensurati, erano infatti sottoposti a regime cautelare in attesa di processo perché, secondo l’accusa, il 18 febbraio hanno partecipato a scontri con la polizia durante una manifestazione. Quella di Torino non è stata l’unica: molte proteste sono infatti state organizzate in tutta Italia, in seguito alla morte di due giovani studenti, feriti mortalmente a inizio 2022 durante l’alternanza scuola-lavoro (esperienza obbligatoria all’interno del percorso scolastico italiano che mira a combinare istruzione ed esperienza pratica). Alcune di queste manifestazioni sono state represse con violenza dalle forze dell’ordine, come nel caso della protesta torinese, che ha visto nascere una serie di scontri tra polizia e manifestanti, dopo che quest’ultimi hanno provato a forzare i cancelli di Confindustria. Alcuni agenti hanno riportato lesioni in seguito agli scontri. La peggiore è stata la prognosi di dieci giorni di un agente senza casco antisommossa, colpito in testa da una sbarra di ferro.
Le condanne ai manifestanti
Un totale di undici studenti sono stati coinvolti nelle indagini che riguardano le manifestazioni del 18 febbraio. Sette sono stati sottoposti all’obbligo di firma, mentre quattro sono stati sottoposti a misure cautelari più rigide. I tre ragazzi, Emiliano, Jacopo e Francesco, sono stati accusati di resistenza a pubblico ufficiale, mentre Sara (che parlava al megafono durante la manifestazione) è accusata di aver agito in concorso. Emiliano e Jacopo, entrambi 23 anni, hanno trascorso venticinque giorni in carcere, mentre Francesco, vent’anni, vi ha trascorso due mesi interi. Sara è invece stata subito posta agli arresti domiciliari. Da allora le misure cautelari sono state prolungate dalla procura torinese con la motivazione di pericolo di reiterazione del reato. I quattro sono infatti stati messi agli arresti domiciliari per sette mesi, fino al 27 dicembre 2022, giorno della loro liberazione. Oggi i quattro sono sottoposti all’obbligo di firma giornaliera.
Torino, associarsi per resistere: Sara, Emiliano, Jacopo e Francesco sono liber*. https://t.co/GQmjAKZON5
— Infoaut (@Infoaut) December 28, 2022
Condanne giuste o di accanimento?
Le critiche alle condanne
Le condanne applicate ai quattro studenti e il prolungamento delle pene sono stati ampiamente criticate. Forti critiche sono arrivate da parte delle mamme dei ragazzi, che aderiscono al collettivo “Mamme in piazza per la libertà di dissenso”. Secondo loro, da parte della procura c’è stato un vero e proprio accanimento contro gli studenti, “perché esprimono dissenso o perché organizzano o partecipano a proteste”. Il collettivo denuncia che “qualsiasi manifestazione organizzata dai ragazzi sulla piazza di Torino viene repressa dalla polizia e finisce sempre in confronti fisici pesanti”. Accanto alle proteste dei genitori, se ne aggiungono altre similari. Molti vedono infatti le condanne di Sara, Emiliano, Francesco e Jacopo come il tentativo di dare un segnale. «Infoaut», portale di informazione, definisce esplicitamente le condanne come il tentativo “di spaventare e silenziare una lotta” iniziata con le proteste di gennaio e febbraio 2022.
Gli stessi studenti arrestati riconoscono nelle loro condanne il tentativo di opprimere l’inizio di una mobilitazione studentesca. Il giorno dopo essere stata rilasciata dai domiciliari, Sara ha infatti detto, durante un’intervista con «Radio Onda d’Urto», che la grande mobilitazione del 18 febbraio è nata dopo gli scontri del 28 gennaio di Piazza Arbatello, in cui “la polizia ha tentato di eliminare alla radice l’alba di una possibile mobilitazione, spaventandola e con la violenza”.
Una misura giuridicamente estrema
Gli avvocati Valentina Colletta e Claudio Novaro, che rappresentano legalmente gli studenti, ritengono le misure applicate eccessive. Colletta definisce il prolungamento della misura cautelare (che scade dopo massimo sei mesi, oltre i quali l’imputato può esservi mantenuto solo se in attesa di processo) per sette mesi come “una misura estremamente severa e che non trova giustificazione”. I ragazzi sono infatti giovani, ancora tutti studenti, e incensurati. I quattro erano stati precedentemente segnalati per aver partecipato ad altre manifestazioni, ma non erano mai stati denunciati: “Sono studenti impegnati politicamente, questo non l’hanno mai nascosto”, dice Colletta.
I due avvocati non negano che il reato sia avvenuto: i filmati lo attestano. Le critiche di Colletta e Novaro sono indirizzate al trattamento che merita un reato di questo tipo sul piano cautelare. “I ragazzi non negano la loro condotta”, dice l’avvocata, “ma chiediamo che venga inquadrata più correttamente, che sia circostanziata. I fatti sono stati sovradimensionati e amplificati”. Le parole di Colletta sono condivise anche dal collega che ritiene, infatti, che la misura afflittiva del carcere e il prolungamento delle misure non siano proporzionate ai profili dei condannati e ai loro reati, giudicati dall’avvocato come “non gravi”.
La severità della procura di Torino
La procura e i NO TAV
La procura e gli anarchici
Anche i rapporti tra la procura torinese e gli anarchici sono notevolmente tesi. Le recenti manifestazioni contro la condanna di Alfredo Cospito, in carcere al 41 bis, costituiscono solo l’ultimo esempio di una serie di pesanti azioni della procura di Torino contro il mondo anarchico, particolarmente presente e attivo sul territorio piemontese. Tra i tanti, si ricordano gli eventi di febbraio 2019 quando, ancora una volta su richiesta della procura, trecento agenti della polizia hanno raggiunto il quartiere torinese di Aurora e lì hanno sgomberato la sede del movimento anarchico cittadino, l’asilo occupato (dal 1995) di via Alessandria 12. Lo sgombero aveva registrato alte tensioni tra gli occupanti e i numerosi poliziotti, che sono sfociati in una serie di feriti.