“Aftersun”: ricordi di un’estate

A volte basta una vecchia videocamera per mantenere vividi per sempre dei ricordi, per sentire la voce di una persona che non c’è più, per rivivere la spensieratezza che si provava da bambini.

Il passato

Il dolce debutto di Charlotte Wells alla regia è uno scambio d’amore tra padre e figlia, una polaroid sbiadita ma che conserva nel profondo del cuore un amore immenso nonostante il tempo che passa. Aftersun racconta le complessità della vita post-divorzio in una maniera particolarmente toccante, grazie anche alla prova attoriale di Paul Mescal e a una promettente Francesca Corio

Una vacanza in un resort di un’assolata Turchia, segna una sorta di arrivederci (o un addio?) tra un padre divorziato e sua figlia di nove anni, con la quale si concede un’intima vacanza all’insegna del relax. Aftersun è un enorme flashback, un lungo ricordo sbiadito ma al tempo stesso ancora doloroso della protagonista Sophie, ormai una donna adulta in preda ai tormenti e forse ai rimpianti verso un passato mai esistito. Già dalla prima sequenza capiamo il suo enorme disagio: in mezzo alla folla, probabilmente in un locale notturno, rimane paralizzata fissando il vuoto. A cosa starà pensando? E perché proprio in quel momento? Cosa la tormenta così tanto?

Il presente

Il film di Wells si increspa come le onde del mare in cui Sophie e suo padre Calum si immergono, arrivando a toccare una corda sensibilissima in tutte le persone: il rapporto tra genitori e figli. Ma la regista lo fa con una sensibilità disarmante, e forse anche con una certa eleganza e riservatezza che mancano spesso nel cinema di oggi. Gli stati d’animo dei due, intercettati sia dalla vecchia telecamera che dai loro dialoghi, fanno presa sulle emozioni dello spettatore che si ritrova catapultato in un’intimità estranea ma al tempo stesso così familiare.

Le lunghe inquadrature fisse, le sequenze silenziose che descrivono semplici momenti di vita quotidiana, lasciano spazio alla parola. Come in un film di Éric Rohmer i personaggi sono seguiti da una macchina da presa che si addentra dolcemente nei loro pensieri seguendone le riflessioni, non apparendo mai invasiva. Il film procede senza forzare nessun avvenimento, seguendo il corso naturale degli eventi. Questi — per nulla drammatici o emotivamente forti — si limitano ad essere assaporati e magari anche condivisi dal pubblico, senza essere per forza caricati di pathos.

Imparare dai propri ricordi e soprattutto fare i conti con un passato che non ci piace, non è facile. Raccontare il dolore non è una cosa da tutti, soprattutto se quel dolore è il tuo. Quello che provi sulla tua pelle, quello che ti lacera e ti segna per tutta la vita. Se poi sono i tuoi genitori a provocarlo, fa ancora più male. Aftersun porta alla luce questo: una sofferenza infinita nei confronti di un fallimento che però non è neanche il tuo. Ma, per un motivo o per l’altro, ti appartiene comunque.

Ero molto consapevole di sovrascrivere accidentalmente i ricordi, o, nel fare questo film, che avrei creato una versione alternativa che avrebbe in qualche modo sostituito la realtà di quello che è successo. 

Il futuro

È come se stessi affondando“, dice Sophie a suo padre una sera, mentre è sdraiata sul letto stravolta dalla giornata. Sicuramente nel film i momenti di tristezza sono molto meno presenti rispetto a quelli gioiosi, o quanto meno non vengono percepiti come tali. A 11 anni siamo già consapevoli del dolore? Sappiamo già cosa vuol dire affondare?

La regista sa che Francesca proviene da una famiglia felice e che ha trovato particolarmente confuse le parti tristi della sceneggiatura. Il suo personaggio è in preda sì ai tormenti tipici della sua età — la sessualità, prima tra tutte —, ma Calum, pur essendo riservato e docile, in realtà si sta aggrappando a qualsiasi cosa pur di godersi ogni momento insieme a sua figlia, mentre fuori tutto brucia.

Ma la purezza dei pensieri della piccola Sophie riesce a far filtrare un piccolo raggio di luce anche nelle giornate più difficili. Lei vive nel presente, mentre il padre rischia di rimanere ancorato ad un passato troppo doloroso da superare, nonostante la giovane età. I due quasi si bilanciano a vicenda: quando sembra che Calum stia raggiungendo il limite, Sophie sfodera un sorriso curando ogni sua ferita.

Sul comodino della loro camera d’albergo ci sono tre libri che il padre ha voluto portare con sé, uno sulla consapevolezza e due sul thai chi. Durante una telefonata con la madre Sophie afferma che Calum stia “ancora facendo le sue strane mosse ninja“, e anche questo, come in realtà tutta la pellicola, coincide con una parte integrante della vita della regista, un’anima alla costante ricerca della quiete mentale.

Il Tai chi ha offerto un modo davvero bello di mostrare un’azione e il suo movimento. È una pratica così tanto legata al respiro, che è sempre stata una parte enorme della sceneggiatura, ed è così in tutti i miei film. Sono molto interessata al corpo e al movimento fisico.

Un film complesso, quindi, Aftersun racchiude la vulnerabilità umana unita all’incertezza di un futuro in qualche modo influenzato ancora dal passato. Questo film è un dolce ricordo, da assaporare senza alcuna fretta lasciandosi trasportare dal moto ondoso sprigionato dalle anime che lo popolano.

Chissà cosa c’è dopo il sole?

 

 

 

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