Lo stile Y2K: malinconia o ironia?

Capita di leggere che l’avvento dei social avrebbe spazzato via le sottoculture giovanili. Esse godono in realtà di ottima salute, solo che sono uscite dal nostro campo visuale.
(Tim Stock, professore di analisi delle tendenze e design thinking alla Parsons School of Design. )

Negli ultimi anni, uno degli stili ad avere avuto più successo nell’immaginario collettivo e nella cultura pop è il Y2K. Il Y2K altro non è che lo stile dei primi anni 2000 rivisitato in chiave moderna. Tra i preferiti di modelle e popstar, andiamo a vedere come è nato e perché è così popolare.

Con il ritorno di popolarità di film come Mean Girls, del gruppo delle Spice Girls, con il movimento #FreeBritney e le continue citazioni prese dalla cultura pop di quegli anni, a 20 anni di distanza, molti dei simboli dei primi anni 2000 sembrano più vivi che mai. Si può parlare quasi di un movimento giovanile, anche se dai sottotoni più cupi rispetto a quelli di alcune decadi fa.

Mentre nel passato le sottoculture erano visibilmente un’espressione di ribellione giovanile, oggi sono molto meno visibili a un occhio poco allenato. Nascono e si sviluppano nelle community di internet, come Tumblr e TikTok. Basti pensare al punk, al goth, al metal, agli hippie del passato. C’è chi dice che l’ultima vera e propria sottocultura giovanile sia stata quella emo, nata e sviluppatasi nel 2007 fino all’incirca al 2010.

Eppure, come dice Stock, le sottoculture sono solo meno visibili. Oggi nascono e si sviluppano nei social network come TikTok e Tumblr, e vengono chiamate “aesthetics”. La definizione stessa di “aesthetic”, cioè “estetica”, indica un gruppo di immagini, colori, musica, che crea un senso di appartenenza a una categoria, una forma di sottocultura. Con la velocizzazione di internet, dove il ciclo dei trend diventa sempre più breve, le aesthetics aumentano di giorno in giorno: night luxe, old money, coconut girl, cottagecore, dark academia, solo per nominarne alcune. Ma tra tutte le diverse aesthetics, la più popolare è forse il Y2K.

Millennium Bug e Y2K

L’estetica Y2K è uno stile che riprende, con ironia, l’abbigliamento dei primi anni 2000. Proprio quello che fino a pochi anni fa speravamo non tornasse mai di moda, parliamo dei pantaloni a vita bassissima abbianti a magliette corte e aderenti, collane in plastica e occhiali da sole con lenti pastello. L’acronimo Y2K (da leggere con lo spelling inglese, che sta per year two thousand) deriva dal cosiddetto millennium bug, ovvero un bug, un errore, che al passaggio dal 31 Dicembre 1999 al 1 Gennaio 2000, si diceva avrebbe sconvolto l’intero sistema economico mondiale.

Con l’avvicinarsi del nuovo millennio, molti ipotizzarono che i computer non sarebbero stati in grado di capire che “00” fosse un nuovo secolo e che quindi il conteggio sarebbe ripartito dal 1900. Questo avrebbe potuto bloccare i sistemi bancari, che avrebbero ricominciato a contare gli interessi dall’anno 1900 invece che dall’anno 2000, e quindi bloccare l’economia. 

Il termine Y2K nella sua accezione di estetica è stato coniato nel 2016 da Evan Collins, che ha fondato con Froyo Tam un account Twitter dedicato allo studio dell’estetica Y2K, dalla pubblicità al design: il “Y2K Aesthetic Institute”. Questo stile è il preferito di molte celebrità, modelle, popstar: basti pensare a Dua Lipa, Doja Cat, Bella Hadid, o le tiktoker Charli d’Amelio e Addison Rae.

È stato ripreso in diversi stili e forme da case di moda di lusso, dai rivenditori di fast fashion come Shein ed è anche l’hashtag più utilizzato su Depop, app per la vendita di abiti di seconda mano. Su TikTok, #Y2K conta addirittura sette miliardi di contenuti. Ma, salendo di livello, anche le ultime collezioni di Miu Miu, Blumarine, e le tute Juicy Couture, ci propongono qualche capo in stile Y2K.

Nostalgia e ironia

Paradossalmente i veri precursori dell’estetica Y2K sono stati i nati negli anni 2000, la Generazione Z. Proprio quelli che al massimo hanno solamente un ricordo sbiadito di quegli anni.

L’era pop in cui viviamo è impazzita per tutto ciò che è rétro e commemorativo. Gruppi che si riformano, reunion tour, album tributo e cofanetti, festival-anniversari ed esecuzioni dal vivo di album classici: quanto a passione per la musica di ieri, ogni anno supera il precedente. E se il pericolo più serio per il futuro della nostra cultura musicale fosse… il passato?
– Simon Reynolds in Retromania.

Si dice sempre che non ci sia nulla di nuovo sotto la luce del sole e che tutto sia una copia di qualcosa che esisteva già. Parte dell’appeal dei primi anni 2000 è proprio il senso di nostalgia, chiamata anche “eterno presente”. Interagiamo con il passato come se fosse ancora qui, con pagine Facebook che riprendono i vecchi cartoni animati e le vecchie pubblicità, spezzoni di video musicali delle Spice Girls e di 10 Cose Che Odio di Te. Viviamo nel presente, ma con la mente sprofondiamo nel conforto del passato, e, ammettiamolo, anche nella malinconia che esso provoca.

Queste immagini creano per chi le ha vissute un senso di comunità e familiarità. Su TikTok, tra la Gen Z, spopolano video in cui si fantastica sulle scuole superiori dei primi anni 2000: per chi come loro è vissuto in un mondo iper-connesso alla tecnologia, sembra quasi di sognare un mondo senza smartphone e social media. La Gen Z infatti è la generazione che ha il rapporto più sofferto con la tecnologia. Da un rapporto del software di analisi del linguaggio Culture Mapping, è emerso che sono proprio i nativi degli anni 2000 ad avere il desiderio più forte di staccare la spina, di andare “off-grid”, cioè sparire dal controllo quotidiano delle app e dei social.

Forse è proprio questo uno dei motivi principali per cui alla Gen Z piace ricordare e fare finta di vivere in un’era in cui tutto questo ancora non esisteva.

FONTI

www.vogue.it

n3rdcore.it

www.ilpost.it

crushing.substack.com

goodlifemagazineonline.com

www.refinery29.com

CREDITI

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