La mafia sul set: diversi modi di raccontare

Spesso, il mondo dello spettacolo si mescola alla realtà, portando sullo schermo storie vere e narrazioni storiche appartenenti agli anni passati. Si racconta di grandi eventi, di tragedie, di figure importanti e di famiglie altrettanto celebri. Nei titoli che hanno la fortuna di entrare ufficialmente nella cultura popolare di un Paese riecheggiano spesso le stesse storie e gli stessi nomi, ripresentati ogni volta al pubblico in una forma diversa. Nel caso dell’Italia e dei fatti che hanno costellato la Storia del Ventesimo secolo, un tema che ricorre spesso nei film e nelle serie TV è quello della mafia, non solo come fenomeno del nostro Paese, ma anche a livello internazionale, declinato a sua volta in infinite sfumature

Da commedia a biografia, passando per il filo conduttore della finzione del set, in questi anni registi e interpreti hanno portato in sala e in televisione diversi titoli che sono poi diventati dei veri e propri cult sulla mafia, in cui riecheggiano i fatti più significativi e i nomi da ricordare nell’evoluzione di un fenomeno non ancora consegnato definitivamente alla Storia.

La mafia in commedia

Johnny Stecchino (1991)

Si dice che a volte il miglior modo per riflettere su una tematica e lasciare una traccia nella mente del pubblico sia riderci su: questo dev’essere il principio che ha guidato gli autori e i registi che in questi anni hanno scelto di affrontare il tema della mafia in commedia. Tra i titoli più celebri appartenenti al genere, ci sono alcune figure ormai entrate nell’immaginario collettivo. Una di queste è sicuramente il personaggio di Johnny Stecchino, protagonista dell’omonimo film del 1991 e interpretato da Roberto Benigni.

All’interno della pellicola, la narrazione si alterna tra Dante e Johnny, impersonati entrambi da Benigni, un uomo perbene e ordinario e un boss mafioso, molto somiglianti tra di loro. Il fatto che entrambi i personaggi siano rappresentati dallo stesso volto è ciò che dà al film il sapore di commedia, facendo però al tempo stesso importanti e chiari riferimenti agli schemi e ai modi di agire delle organizzazioni mafiose, rappresentate in prima linea dal protagonista stesso.

La mafia uccide solo d’estate (2013)

Guardando invece al cinema e alle produzioni contemporanee, c’è chi ha scelto di riportare più volte sullo schermo il tema della mafia adattandolo al pubblico e cercando al tempo stesso di dare spunti comici e di riflessione. Tra di essi, spicca sicuramente la figura di Pif, pseudonimo di Pierfrancesco Diliberto, regista e interprete di La mafia uccide solo d’estate, da cui è stata poi tratta anche una serie TV omonima. Pif sceglie di riportare sullo schermo, seppur in versione romanzata, stralci della sua infanzia e della sua vita trascorsa a Palermo e di quello che le azioni legate alla mafia hanno lasciato nella città.

In La mafia uccide solo d’estate (2013), fa riferimento al periodo che va dagli anni Settanta agli anni Novanta, i decenni in cui le organizzazioni mafiose misero a punto quel modo di agire che ancora tante volte ritorna nella narrazione della finzione cinematografica. La prospettiva in cui Pif costruisce i suoi racconti è quella di chi ha visto con i propri occhi le conseguenze delle azioni mafiose e di chi proviene da quei luoghi che tanto spesso sentiamo nominare in associazione alla mafia.

Pif racconta di Palermo, la sua città, e della Sicilia intera, da sempre una delle regioni che ritorna più spesso nei film e nelle serie TV che trattano di mafia. In questo caso, la scelta di Pif è quasi d’obbligo, poiché egli per primo si sente coinvolto e cerca di colmare la necessità di raccontare una realtà ben definita, cercando di andare oltre gli stereotipi e i luoghi comuni, mantenendo sempre un tono leggero.

La potenza delle storie vere (e conosciute)

Borsellino, Falcone, Impastato

Se parliamo di mafia come fenomeno nato e radicato in Italia, non si può non fare riferimento alle tante produzioni che in questi anni hanno riportato sullo schermo le biografie di alcune delle personalità più significative in riferimento alla mafia. In questo contesto, è d’obbligo citare tutti i lavori che sono stati realizzati, per il piccolo e per il grande schermo, su alcune delle figure simbolo della lotta alla mafia.

Tra tutti, emergono Paolo Borsellino (2004) di Gianluca Maria Tavarelli, così come le produzioni su Giovanni Falcone e sul periodo che vide l’intensa collaborazione dei due magistrati per cercare di arginare le azioni della mafia siciliana, come si narra in Era d’estate (2016). Si possono citare anche film come I cento passi (2000), sulle vicende di Peppino Impastato, e che è ormai entrato nella lista dei film d’obbligo da vedere per cercare di comprendere l’atrocità del fenomeno mafioso. 

Il traditore (2019)

Ci sono poi tutti quei film e quei prodotti per la televisione che raccontano l’evoluzione di alcuni fatti storici legati alla mafia dal punto di vista di chi fu ai vertici dell’azione di questa organizzazione. Tra tutti, è recentemente uscito nelle sale Il traditore (2019), che narra le vicende di Tommaso Buscetta e di tutto il contesto storico in cui si inserisce la sua biografia. Sono produzioni che fanno rivivere al pubblico alcuni dei fatti storici più tragici dal punto di vista degli esecutori, dando agli spettatori la possibilità di accostarsi al tema della mafia da un’altra prospettiva.

Le biografie e i racconti ispirati alle storie vere occupano la parte più significativa delle produzioni italiane legate al tema della mafia. Con intento evocativo, narrativo e storico, riportano la Storia e i suoi personaggi sullo schermo, restituendo un risultato spesso potente ed efficace. Anche per questo, almeno per quanto riguarda l’Italia, questo tipo di pellicole e serie TV sono le più celebri, anche per coloro che hanno avuto poche occasioni di avvicinarsi al tema della mafia nel corso della loro formazione. Al tempo stesso però, riprendendo sotto diversi punti di vista uno stesso fatto storico, diventa sempre più precario l’equilibrio da mantenere per non cadere in un risultato scontato, che rischia di sminuire la realtà dei fatti storici. 

La mafia meno raccontata

Suburra – La serie (2017) e Ti mangio il cuore (2022)

Nel panorama italiano, la mafia siciliana è tra le storie maggiormente raccontate e, di conseguenza, sono anche quelle che il pubblico conosce di più e per cui sente una maggiore vicinanza e sensibilità. Negli ultimi anni ci sono state però delle occasioni in cui autori e registi hanno scelto di dedicare la loro attenzione alla mafia meno raccontata, quella che più raramente appare sui titoli di giornale e che di rado viene citata a scuola, nella Storia o semplicemente in una conversazione tra persone comuni.

Fra le produzioni più recenti vi è Suburra – La serie (2017), in cui le azioni della criminalità organizzata e dei suoi protagonisti si muovono nel contesto della città di Roma e nel resto del Sud Italia, affrontando più da vicino le modalità con cui la mafia agisce nel contesto contemporaneo. Non si parla quindi di attentati o omicidi in una strada in pieno giorno, ma si parla di patti e decisioni su appalti, in una gara al potere sempre più ricca di tensione. 

In riferimento al mondo del cinema, è di recente uscita Ti mangio il cuore (2022), nato dalla regia di Pippo Mezzapesa e ambientato nel contesto della mafia del Gargano: all’interno della pellicola, l’azione si concentra su uno scontro tra famiglie, che si trasforma in una lotta di supremazia su vari fronti senza scrupoli. Pur nella cornice della finzione cinematografica, Ti mangio il cuore descrive e fa luce sulla realtà di un’organizzazione meno conosciuta, che aggiunge ancora un tassello alla complessità del fenomeno mafioso e della criminalità sul territorio italiano.

La mafia nelle serie, tra finzione e realtà

Gomorra – La serie (2014)

Negli ultimi anni, dopo un periodo in cui il mondo del cinema si è spesso ritrovato ad affrontare le tematiche legate al fenomeno della mafia, anche le serie TV hanno iniziato a dare all’argomento sempre maggior attenzione. La risposta del pubblico è stata immediata e chiara: sia all’interno delle produzioni italiane che in quelle internazionali ci sono stati recentemente alcuni risultati significativi.

In Italia, da alcuni film sono state poi tratte delle serie, oggi entrate nella cultura popolare: tra i principali esempi vi è Gomorra – La serie (2014), che riprende quanto raccontato all’interno del film Gomorra (2008), tratto dall’omonimo libro dello scrittore Roberto Saviano. Anche qui, la mafia viene narrata in una prospettiva ancora diversa, lontana dalle modalità di descrizione tipiche della commedia o del filone biografico. Si tratta di personaggi di finzione, che ripercorrono però l’esistenza di chi ha fatto parte di un’organizzazione mafiosa. Gomorra – La serie racconta della camorra e dei camorristi e di come le vite dei personaggi si intrecciano tra di loro, all’interno di un contesto altrettanto complesso

Peaky Blinders (2013)

Allo stesso filone appartengono anche altre serie TV più recenti, come ad esempio Peaky Blinders  (2013), proveniente dal mercato britannico. Seppur narrando storie di finzione, ambientate anche in altri contesti storici rispetto a quello contemporaneo, questi prodotti per l’intrattenimento riescono a trasmettere in maniera efficace le dinamiche e il funzionamento tipiche delle organizzazioni mafiose.

In Peaky Blinders viene ripreso il personaggio del gangster e la tipica gerarchia che regola ogni organizzazione legata alla criminalità, riprendendo alcune caratteristiche di stampo mafioso. Le scelte fatte all’interno della serie in merito ai personaggi e all’evoluzione della storia riprende alcuni elementi già presenti in film e serie TV più datate in cui si vede un boss che domina e comanda le azioni di chi esegue i suoi ordini.

Gangster e mafia, punti di contatto internazionale

Il padrino (1972) e Scorsese

Il personaggio del gangster viene dunque spesso ripreso nelle produzioni internazionali che vogliono raccontare storie incastonate nei meccanismi tipici della mafia. Per rendere al meglio la storia, molta importanza è data all’estetica e al ruolo che i personaggi rivestono all’interno della storia. Ritornano spesso anche gli stessi elementi narrativi, che in alcuni casi sono diventati parte della cultura popolare. Basti pensare al successo de Il padrino (1972) di Francis Ford Coppola o ai tanti film gangster diretti dal regista Martin Scorsese. Nelle produzioni straniere, i racconti di mafia ritornano con dei pattern ormai fissi e prestabiliti, che hanno creato negli anni un filone cinematografico e televisivo a sé stante.

Quando si parla di questo tipo di produzioni, siamo ben lontani dal tipo di racconto che si fa nei film biografici di autori e registi italiani: pur parlando di realtà e fenomeni geograficamente distanti, il pubblico ha come l’impressione di conoscere più da vicino queste realtà, specialmente quando si parla di mafia americana e dei tanti boss figli di generazioni italo-americane in grado di prendere il controllo su tutto. Ovviamente, l’intento di queste pellicole non è quello di informare o raccontare tragedie storiche realmente accadute, ma ha permesso negli anni a Vito Corleone e altri personaggi di diventare vere e proprie icone nel genere.

Di gangster e boss

Il boss mafioso ritorna sullo schermo sempre con le stesse caratteristiche, non solo estetiche, ma anche caratteriali, che danno il via all’azione: spesso senza scrupoli, di poche parole e molti fatti, il tipico boss dei film gangster incute timore e oscura gli altri personaggi sulla scena, diventando così una figura simbolo dell’autorità e del potere. Queste caratteristiche sono state poi riprese fino a divenire un cult, un filo conduttore che ciascun spettatore è in grado di riconoscere da poche ma incisive caratteristiche e che negli anni hanno poi attraversato i vari generi in maniera trasversale, arrivando anche a filoni ben più distanti e con altre interpretazioni, come nel caso del già citato Johnny Stecchino. 

La mafia lontana dall’Italia

Scarface (1983) e La promessa dell’assassino (2007)

Accanto al fenomeno della mafia raccontata nel contesto americano, il mondo dello spettacolo ha saputo concentrare, almeno in parte, la propria attenzione su altre organizzazioni di stampo mafioso lontane dalla realtà italiana, ma che al tempo stesso riprende alcuni elementi e caratteristiche riconoscibili, che dimostrano come il fenomeno mafioso ritorni in diverse parti del mondo spesso con uno stesso aspetto. Questo è il caso di film come Scarface (1983), al cui centro si trovano le azioni della mafia di stampo cubano, diventato uno dei film più celebri sul tema. Accanto al tema della criminalità si sviluppa quello del traffico di droga, il tutto ambientato tra caratteristiche e atteggiamenti tipici dell’attività illegale nel contesto del ghetto cubano.

Sono poi divenuti celebri anche film come La promessa dell’assassino (2007), in cui si narrano le dinamiche costruite dietro un’organizzazione mafiosa russa, in cui alla criminalità si legano storie di prostituzione e altri elementi che rimandano a una realtà cruenta e senza scrupoli. La trama rappresenta un esempio di narrazione di storie di mafia diversa da quella a cui il pubblico italiano è normalmente abituato, ma che risulta comunque efficace per comprendere e ribadire l’esistenza di infinite prospettive intorno a un fenomeno così complesso.

La triade di Shanghai (1995) e Drug War (2012)

Infine, il tema della mafia ritorna anche in altre produzioni, come ad esempio quelle provenienti dalla Cina. Anche questo Paese ha saputo raccontare, attraverso pellicole e serie, storie di mafia molto diverse tra di loro, che si legano a tematiche sempre diverse nel mondo della criminalità. La triade di Shanghai (1995) riprende alcuni elementi già presenti nelle produzioni americane, tanto da risultare in alcuni momenti quasi una copia dei tanti film gangster già citati in precedenza. Un altro esempio prese dalle pellicole prodotte in estremo Oriente è Drug War (2012), il cui titolo suggerisce facilmente l’idea di un’altra storia in cui la mafia si incontra e si scontra con altre tematiche, come quella del traffico di droga e della lotta alla supremazia in questo mondo.

Approcci e obiettivi

Dunque, il mondo dello spettacolo racconta la mafia da diversi punti di vista, ma soprattutto con diversi approcci, spesso anche molto distanti tra di loro. Dalla leggerezza della commedia alla celebrazioni delle narrazioni biografiche e storiche, la mafia non può essere definita e limitata al territorio italiano. Per questo negli anni sono andate sempre più in tendenza altri tipi di narrazioni, magari distanti dalla realtà, ma che hanno permesso alla mafia di incastonarsi perfettamente nella finzione del set, attraverso tratti distintivi e chiaramente riconoscibili.

Seppur con finalità e obiettivi talvolta molto diversi tra loro, ancora oggi si decide di parlare di mafia nel cinema e nelle serie TV e le produzioni non sembrano intenzionate a cambiare direzione: che sia un modo per fare memoria di quanto realmente accaduto o che rappresenti una moda per attirare facilmente gli amanti del genere, occorre in ogni caso fare attenzione a non cadere nella trappola del cliché e della narrazione scontata, per cercare di creare prodotti sempre innovativi, che esplorino a fondo una tematica così complessa come la mafia e le sue conseguenze nella nostra contemporaneità.

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