Il 25 novembre è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa ricorrenza è stata istituita dall’assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha invitato i Governi, le ONG e le organizzazioni internazionali a dedicare la data a un programma di attività volto a sensibilizzare l’opinione pubblica e la società sul tema della violenza di genere.
È utile ricordare inoltre che il 25 novembre precede di sedici giorni anche la Giornata mondiale dei diritti umani, che ricorre il 10 dicembre di ogni anno: la vicinanza tra le due date intende sottolineare come la violenza di genere sia una violazione dei diritti umani.
Perché il 25 novembre?
Ma perché proprio il 25 novembre? In questa data, nel 1960, nella Repubblica Dominicana furono uccise tre attiviste politiche, le sorelle Mirabal (Patria, Minerva e Maria Teresa). L’assassinio fu eseguito per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. Quel giorno le tre sorelle, mentre si recavano a far visita ai mariti in prigione, furono rapite e condotte in un luogo isolato, dove vennero stuprate, picchiate, torturate e infine strangolate. I loro corpi vennero gettati, insieme alla loro auto, in un precipizio per fingere una morte per incidente.
La scelta del 25 novembre, dunque, fu presa proprio in memoria delle tre sorelle Mirabal, nel primo incontro femminista latinoamericano e caraibico svoltosi a Bogotà, in Colombia, nel 1981. Dieci anni dopo, nel 1991, il Center for Global Leadership of Women istituì le sedici giornate che intercorrono tra il 25 novembre e il 10 dicembre. Durante queste sedici giornate ricorrono altre ricorrenze significative, come il Women Human Rights Defenders Day (WHRD) il 29 novembre, la Giornata mondiale contro l’AIDS il 1º dicembre e l’anniversario del massacro del Politecnico di Montréal il 6 dicembre, quando un venticinquenne uccise quattordici studentesse di ingegneria con l’intento di voler “combattere il femminismo”.
La risoluzione delle Nazioni Unite del 1999
Nella risoluzione 54/134 delle Nazioni Unite del 17 dicembre 1999 si delineò con maggiore precisione la definizione di “violenza contro le donne” come:
qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata.
Inoltre si precisa che la violenza contro le donne è uno strumento per mantenere le relazioni ineguali fra i due sessi, “uno dei meccanismi sociali cruciali” con cui è avanzata la discriminazione delle donne e con cui si è mantenuto uno squilibrio nei rapporti di potere al fine di impedire la piena emancipazione femminile.
Giornata contro la violenza sulle donne. Facciamo il punto
Lo Sbuffo negli anni ha dedicato spazio ad approfondimenti sul 25 novembre, con l’intento di onorare questa ricorrenza. Naturalmente un tema così delicato merita un’indagine più approfondita e può essere osservato da punti di vista differenti. Ad esempio, nell’articolo Giornata contro la violenza sulle donne. Facciamo il punto di Flavie Mancini, il fenomeno della violenza di genere viene indagato nelle sue diverse sfaccettature. A partire dalla percezione sociale del fenomeno stesso (quante persone credono sia accettabile controllare periodicamente il telefono della partner), si arriva a raccontare di violenza verbale (come lo slut shaming e il catcalling) e quella sociale, economica e sanitaria attraverso il gender pay gap, il revenge porn e l’health gap. L’articolo riporta anche una serie di dati utili relativi al 2021.
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Il dramma taciuto della violenza economica sulle donne
Nell’articolo Il dramma taciuto della violenza economica sulle donne di Chiara Pedrocchi invece si indaga un’ulteriore forma di violenza di genere che speso però passa in secondo piano rispetto a quella più concreta ed esplicita. La violenza di genere si esprime anche attraverso la privazione, da parte del partner, dell’indipendenza economica e, di conseguenza, della libertà e dell’affermazione femminile. Partendo dalla definizione di Treccani dei termini “patrimonio” e “matrimonio”, l’articolo propone di raccontare come la distinzione restrittiva delle sfere di competenza maschili e femminili imposte dal patriarcato siano talmente radicate nel tessuto sociale da diventare l’ennesimo strumento di discriminazione e dominazione.
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Giornata contro la violenza sulle donne: l’arte e la sua denuncia
Nell’articolo Giornata contro la violenza sulle donne: l’arte e la sua denuncia di Cristina Varotti invece si compie un’ulteriore passo avanti nell’indagine della violenza di genere. La violenza sulle donne è stata, nel corso della storia, uno strumento di sottomissione e di regolamentazione sociale perpetuato in diverse civiltà, quindi profondamente connesso alle convenzioni sociali umane. L’arte, come con tutte le cose umane, ha catturato e rappresentato anche questo fenomeno, mostrando la sua costante presenza nella storia. Da pittori e pittrici come Edgar Degas, Artemisia Gentileschi, Frida Khalo e René Magritte alla fotografia di Nan Goldin, si percorre un cammino attraverso dipinti, fotografie, esibizioni e performance, per sottolineare la brutalità della violenza e denunciarne la sua universalità.
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La panchina rossa: un simbolo importante contro la violenza sulle donne
Nell’articolo La panchina rossa: un simbolo importante contro la violenza sulle donne di Daniela Ferrario si racconta il fenomeno della panchina rossa, simbolo, insieme alla scarpe rosse, della violenza sulle donne. Le panchine si sono moltiplicate in tutta Italia, a dimostrazione del messaggio diretto e incisivo che riescono a trasmettere ai cittadini. Il solo colore rosso, così brillante da essere visibile anche in una giornata di pioggia, non può non far pensare al sangue e alla sofferenza delle vittime. L’articolo presenta la creazione e il mantenimento delle panchine, nonché la loro varietà. Ognuna di loro infatti riporta disegni, decorazioni e scritte diverse, oltre al numero anti violenza e stalking da chiamare in caso di emergenza (1522).
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Articolo in aggiornamento
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