The future of silhouette

“The Future of Silhouette” questo è il titolo della collezione autunno/inverno 2017 di Comme des Garçons che ha lasciato il pubblico senza parole.

Lo show

La sfilata venne aperta da due modelle vestite con imponenti abiti-scultura bianchi, realizzati con quelli che Kawakubo ha descritto come “non fashion materials”, a seguire due look realizzati con un materiale argentato isolante, e ancora un altro composto da ritagli di imbottitura di tappeti. Il fine era quello di realizzare non abiti, bensì oggetti per il corpo e interrogarsi sul senso di produrre vestiti oggi. 

Le modelle erano inglobate all’interno degli oggetti: il loro corpo completamente sottratto alla vista del pubblico e, tranne in un paio di casi, non vi era nemmeno un punto di fuga per far fuoriuscire le braccia. Camminavano a due a due sulla passerella, non compiendo rapide falcate, ma ondeggiando, spostandosi ora un po’ a destra e ora un po’ più a sinistra.

Come copricapo delle parrucche in lana argentata e ai piedi Nike personalizzate per l’occasione: il simbolo del consumismo e della wearability che si scontra con abiti impensabili da indossare al di fuori di quel contesto.

Perché una moda cripitica?

Ma per comprendere il significato di questa collezione è opportuno fare un passo indietro nella produzione di Kawakubo. La sua moda si distingue per l’esigenza della novità: il bisogno di realizzare qualcosa di mai visto, Kawakubo sin dai suoi inizi ha avuto come priorità la portabilità, ma nel 2014 il bisogno di innovatività la spinge a compiere una scelta radicale: “non produrre più vestiti, bensì oggetti per il corpo”.

Kawakubo è stata in grado di tradirsi, di contravvenire al principio della wearability in nome di uno scopo più alto: la sperimentazione. Una ricerca ossessiva, uno studio minuzioso sul corpo femminile, sui suoi limiti e sui modi in cui esso può sottrarsi alla sua storia e rinascere acquisendo una nuova forma.

Questo discorso iniziava nel 1997 con la collezione “Dress meets body body meets Dress” soprannominata “Lumps and Bumps”. In questa sfilata Kawakubo metteva in discussione il modo in cui la silhouette femminile veniva rappresentata in quel periodo, realizzando dei capi d’abbigliamento foderati con cuscini di piuma a forma di rene e cuciti nelle fodere delle sottovesti. Il risultato fu uno show altamente disturbante, ricco di silhouette e figure mai viste prima e che sfidavano ironicamente le tendenze del momento (ricordiamo il sensualissimo Gucci di Tom Ford) che spesso raffiguravano donne iper sessualizzata. 

Il percorso sembra concludersi nel 2017 con la rappresentazione trasgressiva di forme “che non erano mai esistite prima nella moda”, si tratta di forme antiche che conservano una tradizione nell’arte scultorea, ma che nella moda fino a Kawakubo non hanno avuto né tempo né luogo.

La consacrazione di questo approccio decostruttivista avviene nel 2017, quando la mostra annuale del Met è dedicata alla stilista. Era dal 1981, quando il Met Gala aveva organizzato una retrospettiva su Yves Saint Laurent, che una mostra non veniva dedicata a uno stilista ancora in vita.

Un manifesto culturale

Il progresso tecnologico ha avvicinato Stati lontani e culture diverse, talvolta assimilandoli, altre volte permettendo lo scambio, l’incontro e l’accelerazione delle idee. Tutto diventa di dominio pubblico in poco tempo, ogni innovazione ha poco tempo per decantare, le innovazioni stilistiche durano il tempo di una stagione, poi occorre pensare qualcosa di nuovo, o meglio, nuovo per chi ha poca memoria.

Ma Kawakubo non sceglie questa strada e sfida il suo pubblico, solleva delle domande: che cosa dobbiamo fare adesso? Cosa è moda? Dobbiamo ancora produrre? Servono i vestiti? E se negli anni ‘80 Yves Saint Laurent aveva trionfato con il prodotto, ora Kawakubo lo fa con le idee.

FONTI 

Enrica Morini Storia della moda, Milano 2010, SKIRA.

www.interviewmagazine.com

www.youtube.com

www.esquire.com

www.ilpost.it

www.vogue.com

artsandculture.google.com

www.vogue.co.uk

Mostre “Rei Kawakubo/Comme des Garçons: Art of the In-Between” MET,  2017

CREDITS

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