L’età delle riviste e l’ermetismo

Il Novecento è stato un secolo incredibilmente poliedrico, attraversato da correnti e movimenti molto diversi fra loro. Dopo la forza travolgente delle avanguardie come il Futurismo e il Surrealismo, nel periodo compreso tra le due guerre è l’ermetismo che rielabora  l’eredità lasciata dal simbolismo francese (sebbene l’influsso delle avanguardie si possa riscontrare ancora a livello europeo in autori come T. S. Eliot e Federico García Lorca).
All’interno del quadro variegato che ritrae il Novecento spicca la rivista, il principale strumento di confronto tra intellettuali sulla letteratura, la politica e la società.

Le riviste di inizio Novecento: La Critica e La poesia

L’inizio del XX secolo è costellato di riviste, tanto da essere stato definito “età delle riviste”. Tra le prima a comparire è La Critica, fondata nel 1903 da Benedetto Croce: la rivista, su cui scrisse anche Giovanni Gentile, fu un punto di riferimento per gli intellettuali neoidealisti italiani, che si rifacevano all’idealismo tedesco di Hegel. Croce analizzò autori come Goethe, Carducci e De Sanctis, nonché i movimenti e le avanguardie letterarie e filosofiche del tempo.

Riferendosi alle Avanguardie, è necessario citare il periodico La poesia, fondato a Milano nel 1905 da Filippo Tommaso Marinetti, fondatore a sua volta del Futurismo, la prima avanguardia storica italiana del Novecento. Sulle pagine de La poesia comparirono i nomi degli scrittori della nuova generazione, come Aldo Palazzeschi, e il celebre Manifesto del futurismo, scritto da Marinetti stesso e pubblicato contemporaneamente sul giornale francese Le Figaro.

Filippo Tommaso Marinetti

La Voce e La Ronda

Pochi anni dopo, nel 1908,  Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini fondarono La Voce. Nonostante la rivista rimase attiva solo fino al 1916, è considerata una delle più importanti riviste nel panorama novecentesco. Si distinse per la spregiudicatezza delle sue battaglie, in particolare contro la classe dirigente e la politica, ritenuta incapace di gestire un momento così pregno di rinnovamento. Alla rivista collaborarono intellettuali come Benedetto Croce, Emilio Cecchi e Luigi Einaudi.

Infine, tra il 1919 e il 1923 venne pubblicata a Roma la rivista letteraria La Ronda, fondata dai “sette savi” o “sette nemici” , un’equipe di sette membri: Vincenzo Cardarelli, Emilio Cecchi, Antonio Baldini, Riccardo Bacchelli, Lorenzo Montano, Aurelio Emilio Saffi e Bruno Barilli.

La Ronda si distacca completamente dallo sperimentalismo delle avanguardie che dominavano il panorama culturale dell’epoca: la tendenza era piuttosto quella al ritorno alla classicità e ai valori stilistici del passato, e un totale disprezzo nei confronti del Futurismo e di Marinetti, definito “distruttore letterario”. Inoltre, tra i valori principali si distingueva anche l’autonomia dell’arte, che deve essere “libera, inutile, inefficace e indistruttibile” dalla politica: proprio per questa ragione la rivista cessò la sua attività con l’avvento del fascismo.

La poesia tra le due guerre: l’ermetismo

Tra le due guerre si sviluppò un movimento nuovo e che fu rilevante nel panorama letterario novecentesco, l’ermetismo. Con il termine “ermetismo” in realtà non ci si riferisce tanto a un movimento letterario, quanto a una tendenza all’oscurità che contraddistingue gruppi di poeti diversi. Da un punto di vista strettamente letterario, infatti, il tratto più rilevante dell’ermetismo è un carattere volutamente chiuso (“ermetico”, appunto) e complesso, che si affida ad analogie o passaggi spesso di difficile interpretazione.

Fu il critico letterario Francesco Flora, nel 1936, ad adottare il termine “ermetismo” per indicare la nuova poesia del Novecento, facendo riferimento a Ermete Trimegisto, figura leggendaria di epoca ellenistica a cui erano attribuiti testi filosofico-spirituali. Questi testi, risalenti al II-III secolo d.C, si ispiravano alla sapienza dell’antico Egitto e al sapore enigmatico celato dietro al linguaggio dei geroglifici.

Caratteristiche dell’ermetismo

Il gusto per il linguaggio enigmatico e di carattere iniziatico è proprio della poesia ermetica, che rifiutava ogni impegno politico e sociale in chiara opposizione al fascismo. L’ermetismo si propone infatti di risollevare la parola dalla facile manipolabilità della propaganda della dittatura fascista attraverso la sua risemantizzazione. La parola viene così investita di un valore nuovo, mentre la poesia si chiude a ogni possibile finalità pratica o didascalica.

Il tema fondamentale dell’ermetismo è la solitudine dell’uomo moderno, che vive in un mondo sfigurato dalle guerre e dalle dittature. Il secolo breve si apre all’insegna dell’incertezza e della precarietà, in piena rottura con i miti del Romanticismo e del Positivismo caratteristici del XIX secolo. La poesia ermetica rifugge l’aggancio alla realtà e alla concretezza, e la parola ha solo valore evocativo, non comunicativo.

Grande modello dell’ermetismo è il simbolismo francese, un movimento culturale che si manifesta nella letteratura, nelle arti figurative e nella musica e che proponeva un modello di poesia dichiaratamente antirealistica. Entrambi i movimenti affidano alla parola e all’analogia il compito di penetrare l’essenza delle cose e di svelare l’ignoto.

Opera di riferimento per gli ermetici è inoltre Sentimento del Tempo di Giuseppe Ungaretti, mentre nel campo della critica letteraria autorevole fu la figura di Carlo Bo, che nel 1938 scrisse La letteratura come vita, che si considera il manifesto dell’ermetismo.

Campo di Marte e Il Frontespizio

Attorno all’ermetismo si sono sviluppate riviste e autori come Salvatore Quasimodo, Mario Luzi e Alfonso Gatto.

A Firenze venne fondata nel 1938 Campo di Marte, curata da Alfonso Gatto e Vasco Pratolini. La rivista nacque in evidente contrapposizione alla cultura fascista, e per questa ragione dopo un solo anno venne sospesa. Alle pagine di Campo di Marte contribuirono intellettuali come Elio Vittorini, Vittorio Sereni e Mario Luzi.

Nel 1929 venne invece fondata Il Frontespizio, rivista letteraria di ispirazione cattolica. Il Frontespizio si proponeva infatti di riesaminare la cultura italiana in prospettiva cattolica. L’intenzione dei fondatori era quella di recuperare i valori della religiosità all’interno dell’arte e della letteratura, da cui secondo loro erano scomparsi. All’interno della rivista collaborò anche Carlo Bo, protagonista dell’ermetismo grazie al suo saggio Letteratura come vita (1938). Questo scritto, protagonista delle istanze della nuova stagione ermetica, fu giudicato inadatto allo spirito de Il Frontespizio, dal momento che assimila la condizione letteraria alla coscienza e all’interiorità. A settembre dello stesso anno infatti, Bo lasciò la rivista.

 

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