Chi non ha mai visto un film ambientato in un solo luogo? Magari in una piccola stanza dove i personaggi si muovono al suo interno intrattenendoci per interi minuti senza mai varcare la porta?
L’impressione è decisamente quella di ritrovarsi catapultati in un teatro stando comodamente seduti sul divano di casa propria. Eppure il cinema è nato così: già agli albori della settima arte le pellicole mostravano scene di vita quotidiana che si svolgevano in un ambiente circoscritto. L’intento ovviamente era differente da quello dei giorni nostri: in passato non esisteva ancora il montaggio e le inquadrature — o meglio, vedute — erano statiche e mostravano azioni estremamente semplici.
Oggi il cinema “claustrofobico” è una scelta stilistica, un metodo diverso di rappresentazione che permette allo spettatore di focalizzarsi maggiormente su ciò che avviene in scena e sui dialoghi dei personaggi, senza essere distratti dall’ambiente circostante o da un susseguirsi di ambientazioni dispersive. Il modo in cui viene mostrata la vicenda è decisamente diverso rispetto ad un film in cui i personaggi si muovono su più scenari: lo spazio circostante diventa qui portatore di significato. La luce, la scelta della location e la disposizione dei personaggi al suo interno può portare lo spettatore a fornire interpretazioni differenti anche sul piano emozionale e soprattutto psicologico.
Uno schema semplice ed efficace
Spesso questi film si concentrano sul risolvimento di enigmi o questioni che coinvolgono in prima persona i personaggi in scena. Durante lo svolgimento della storia si assiste ad un’evoluzione sia sul piano psicologico che comportamentale in quanto, scavando sempre più in profondità attraverso conversazioni intime e spesso scomode, viene portata a galla la vera natura della questione.
Lo schema è analogo in quasi tutte le pellicole: inizialmente ci si trova davanti ad una situazione di equilibrio che viene incrinato da un avvenimento in particolare. Successivamente, a seguito di accesi confronti verbali o la necessità da parte dl protagonista di risolvere un problema, si ricostituisce un equilibrio ragionevolmente differente da quello iniziale.
Una stanza
Uno dei film più famosi è sicuramente 12 Angry Men (1957) del grande Sidney Lumet. La trama è semplice: 12 giurati si ritrovano per decidere le sorti di un ragazzo accusato di omicidio. Inizialmente tutti sembrano a favore della condanna a causa delle prove schiaccianti, ma uno straordinario Henry Fonda ribalterà la situazione. Uno stanzino angusto ed insopportabilmente caldo fa da sfondo alle riflessioni di 12 uomini estremamente diversi ma che muteranno nel corso della narrazione fino a collimare.
La pellicola gioca tutto su un’eccellente scrittura e sulle grandi interpretazioni attoriali, che portano alla luce pregiudizi e opinioni contrastanti specchio della società dell’epoca, caratterizzata da contraddizioni e preconcetti. Il topos cinematografico del “tribunale” è proposto qui in chiave più umana portando in scena uomini provenienti da diverse estrazioni sociali che possono essere considerati portavoce di diversi spaccati di società.
Un appartamento
Molto più recente l’esperimento di Roman Polanski Carnage (2011) — basato sull’opera teatrale Il dio del massacro della drammaturga francese Yasmina Reza —, in cui due coppie di coniugi si ritrovano per una cena in un elegante appartamento di Brooklyn. La fittizia perfezione borghese è spodestata da violenti litigi che rischiano di compromettere l’immagine delle due famiglie. Al centro della vicenda l’ipocrisia di una classe sociale il cui unico obiettivo è sentirsi realizzati e dare un’immagine di sé che rispetti i canoni della società. Ma appena questa sembrerà essere minata, si innescheranno molteplici meccanismi che faranno emergere la vera natura delle due coppie.
L’appartamento in cui è ambientata la vicenda, così impeccabile e curato in ogni dettaglio, si scontra inevitabilmente con il delirio dei protagonisti che con il passare del tempo diventa sempre più evidente e deleterio. Tensione, oltraggio, caos, violenza e panico descrivono alla perfezione l’atmosfera che permea l’intera pellicola. Grazie ad un cast stellare — formato da Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Wlatz e John C. Reilly — sono messe in scena le tipiche convenzioni americane che lentamente daranno vita ad una vera e propria carneficina morale.
Una villa
Uno dei padri del surrealismo cinematografico decide di portare sullo schermo un’opera caratterizzata da un profondo senso di angoscia ed impotenza: El ángel exterminador (1962). La pièce teatrale che porta in scena il regista spagnolo assume toni grotteschi e al tempo stesso comici.
Una famiglia appartenente all’alta borghesia si ritrova in una villa di città: iniziano però ad accadere fatti insoliti e nessuno degli ospiti sembra riuscire a congedarsi, come se fossero ostacolati da uno strano ed inspiegabile impedimento. Lo stile onirico che contraddistingue il cineasta Luis Buñuel mette in evidenza le assurdità eccentriche della classe borghese reazionaria, che rimane metaforicamente imprigionata nella propria appartenenza sociale.
Al volante
Un venditore decide di sorpassare un’autocisterna su una strada statale, ma il conducente non sembra prendere bene l’affronto e decide di inseguire l’uomo in una corsa contro il tempo tra vita e morte. Il film Duel (1971) si potrebbe descrivere con una parola: adrenalina. Fino alla fine del film lo spettatore rimane col fiato sospeso grazie al ritmo incalzante della narrazione e i continui colpi di scena.
La tensione è alle stelle in questo thriller on the road che girato interamente su strada in soli tredici giorni. Il cattivo non viene mai svelato ma rimane comunque una presenza costante per tutti gli 88 minuti del film. Prendendo spunto da un racconto di Richard Matheson un esordiente Steven Spielberg decide di mettersi alla prova giocando tutto sulle sensazioni allucinatorie del protagonista, che vengono trasferite inevitabilmente allo spettatore. Preludio stilistico del successivo Jaws, questo gioliellino degli anni ’70 rimane un esempio brillante di cinema thrilling.