La mappa dell’istruzione femminile negata

Settembre è mese di rientro in classe in gran parte del mondo. Dagli Stati Uniti, alla Francia, all’Italia molti giovani ricominciano il loro percorso di formazione. Questo non è però vero ovunque e per tutti: in gran parte del mondo, infatti, l’istruzione è ancora oggi negata, soprattutto alle ragazze.

La mappa dell’istruzione femminile negata

Secondo le stime di Unicef (agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di difendere i diritti dei bambini), sono almeno 132 milioni le ragazze che non vanno a scuola. «IlSole24Ore» stima invece che queste siano circa 129 milioni, “di cui 32 milioni in età da scuola primaria, 30 milioni in età da scuola secondaria inferiore e 67 milioni in età da scuola secondaria superiore”.

La mappa dell’istruzione negata va dall’Africa all’Asia. In parte è costituita da Paesi che vivono situazioni di conflitto, in parte dai Paesi meno sviluppati e quindi generalmente più poveri. I cinque Paesi in cui è più difficile, a tratti impossibile, per le ragazze ottenere un’istruzione vedono in testa il Sud Sudan, dove quasi tre quarti delle ragazze non vanno a scuola. Seguono la Repubblica Centrafricana, che soffre di una mancanza di insegnanti, il Niger, dove solo il 17% delle donne tra i 15 e i 24 anni è alfabetizzata, l’Afghanistan, dove la cultura fortemente patriarcale e il fondamentalismo religioso si oppongono all’istruzione femminile, e il Ciad, dove sono troppe le barriere socio-economiche all’educazione delle ragazze.

Il caso dell’Afghanistan

L’Afganistan ha recentemente compiuto un ulteriore passo indietro nell’istruzione femminile. A partire dal ritorno al potere dei talebani, nell’agosto 2021, alle ragazze afghane al di sopra dei 12 anni è stato proibito di andare a scuola. Il divieto non è arrivato chiaro e diretto, ma i talebani hanno spiegato di avere alcuni dubbi riguardanti la presenza delle ragazze nelle scuole, a partire dall’uso dell’hijab (il velo islamico) fino alla migliore modalità per garantire l’esistenza di due sistemi scolastici separati tra maschi e femmine (nonostante molte delle scuole presentino già questa divisione).

Dopo aver promesso a marzo di ripristinare l’accesso delle ragazze all’educazione, i talebani hanno nuovamente tradito la parola data. In un comunicato stampa del 23 marzo, Save The Children scrive:

L’annuncio da parte della leadership talebana di una nuova sospensione delle classi delle scuole secondarie femminili, in attesa di ulteriori decisioni, lascia attoniti. […] All’inizio della settimana, il Ministero dell’Istruzione aveva confermato che tutti i ragazzi e le ragazze sarebbero tornati a scuola oggi e che sarebbero state prese tutte le misure necessarie per garantire alle ragazze afghane l’accesso a un’istruzione di qualità. Questa mattina, le ragazze delle scuole secondarie afghane, al loro arrivo nelle classi in tutto il Paese, hanno scoperto che il Ministero dell’Istruzione aveva revocato la sua decisione.

Questa situazione ha portato alla mobilitazione di attivisti, giornalisti e politici, che si battono per l’istruzione delle ragazze afghane. Tra questi Yalda Hackim, giornalista della BBC, che nella sua fondazione (YHF) si batte per donare, con borse di studio, la possibilità di un’educazione alle afghane.

Le cause dell’istruzione negata

Le cause dell’istruzione femminile negata sono molte e varie e affondano le radici in una cultura fortemente patriarcale. In molte società, infatti, una donna colta, educata, è considerata pericolosa, difficile da sottomettere e, soprattutto, impossibile da sposare. Soprattutto nelle famiglie povere, una figlia femmina grava sulle spese più di un figlio maschio. Spesso l’unico modo che le ragazze hanno per fruttare denaro alla famiglia è tramite il matrimonio ma, secondo le stime dell’Unicef, le ragazze istruite, più consapevoli di loro stesse e dei propri diritti, si sposano più tardi e fanno meno figli. Sopratutto nelle zone rurali, quindi, l’istruzione delle ragazze viene disincentivata dai genitori stessi, che temono di non poterle dare in sposa.

Sempre nelle stesse zone rurali, tendenzialmente più povere delle città, la scelta della famiglia ricade sempre sull’istruzione del figlio maschio. Nonostante le femmine ottengano mediamente voti migliori dei maschi, è comune che i genitori decidano di istruire il figlio, considerandolo un investimento, e di lasciare a casa la figlia femmina ad accudire la casa e i fratelli minori.

Un’altra causa dell’istruzione negata risiede nella conformazione e la posizione della scuola stessa. Spesso le scuole sono prive di adeguati servizi igienici, che rendono impossibile alle ragazze frequentare i corsi durate le mestruazioni, cioè per un minimo di cinque giorni al mese. Le scuole sono inoltre spesso lontane dalle case delle bambine che devono ogni giorno affrontare tragitti lunghi e pericolosi. Save the Children a riguardo scrive che ” vi sono la reale paura degli stupri e dei rapimenti che rischiano di subire nel tragitto per raggiungere la scuola”.

Altra causa dell’impossibilità dell’istruzione femminile e dell’alto tasso di abbandono di questa è l’importanza che le bambine e giovani donne rivestono all’interno della famiglia. Sono loro a essere responsabili della pulizia della casa, della cura dei fratelli minori, dei pasti, soprattutto in assenza della madre. Non è un caso che il tasso di educazione delle ragazze sia calato durante l’epidemia di Covid-19: davanti a un genitore malato, sono le donne le prime a essere sacrificate per aiutare la famiglia.

Un circolo vizioso

Le cause della mancata istruzione femminile alimentano lo stesso abbandono scolastico da parte delle donne. È un circolo vizioso tra cause e conseguenze, che si nutre dell’ignoranza imposta alle ragazze. Le donne, infatti, private dell’educazione, dell’alfabetizzazione e della conoscenza dei loro diritti, non saranno in grado di rivendicarli e di lottare per questi. Senza la consapevolezza del diritto all’istruzione, la maggior parte delle ragazze non si lamenterà di vedere la propria educazione negata e si adeguerà al proprio destino: un matrimonio in giovane età, figli e la cura della casa, il tutto alle dipendenze di un uomo.

All’interno del circolo vizioso dell’istruzione negata, assume un ruolo di spicco anche la dipendenza economica femminile nei riguardi di un uomo, sia esso padre, fratello o marito. Senza un’educazione è infatti praticamente impossibile per una donna trovare un lavoro e, quindi, una fonte di sostentamento. Da qui deriva la dipendenza nei confronti di un uomo che la sostenga. Questo si trova così in una posizione di superiorità nei confronti della donna: ne decide la quotidianità, il destino, e la possibilità di educarsi.

Parità di genere e aumento delle insegnanti: le soluzioni

Parlare di soluzioni per l’istruzione femminile negata è difficile: l’approccio rischia infatti di essere semplicistico. Per incentivare veramente la risoluzione di questo problema, l’Occidente deve porsi come obiettivo di garantire il diritto allo studio alle ragazze, senza negare o snaturare la cultura del Paese in cui esse vivono. Imporre l’approccio occidentale a una società che si basa su ideali e equilibri diversi rischia di tradursi in un colonialismo educativo poco efficace. Quali possono essere quindi le soluzioni per permettere alle bambine e alle donne di tutto il mondo di istruirsi a casa propria?

Una soluzione è quella di formare un maggior numero di insegnanti donne. La formazione di un numero maggiore di maestre e professoresse ha diversi punti a favore. Innanzitutto l’influenza occidentale può essere limitata alla prima creazione di un gruppo di insegnanti. Da quel momento la formazione può continuare all’interno del Paese stesso ed essere gestita dalle donne di quel territorio, senza influenze esterne. In secondo luogo, la decisione di formare specificatamente insegnanti di sesso femminile permette loro di avere un’indipendenza economica e la consapevolezza dell’importanza del loro ruolo nel mercato del lavoro. In terzo luogo, per le studentesse, non avere un uomo come figura di riferimento può portare all’uscita da una cultura fortemente patriarcale, alla consapevolezza dell’importanza del loro ruolo nella società (e non solo in famiglia) e a una conoscenza più profonda dei loro diritti in quanto donne.

La soluzione che ha però un carattere risolutivo opera su più larga scala. Come ha sottolineato l’ONU  nella sua agenda 2030, l’unica vera soluzione sembra essere la parità di genere. L’istruzione potrà essere garantita solo là dove, nel rispetto di tutte le culture, le tradizioni e le società, l’umanità si spingerà verso l’uguaglianza tra uomo e donna. È un obiettivo tanto necessario quanto complesso da mettere in pratica senza cadere in un’esportazione forzata degli ideali occidentali in Asia, Africa e America Latina.

Cosa possono fare quindi i Paesi occidentali? Un primo, fondamentale, passo può essere costituito dall’eliminazione della violenza e dello sfruttamento della figura femminile. L’Occidente può lottare contro il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale di queste. Il rispetto del corpo femminile è, infatti, fondamentale per diminuire il gender gap e per mettere fine alla tirannia dell’uomo in famiglia e in società. Risolutiva sarebbe anche la garanzia di salari minimi e condizioni di lavoro umane all’interno di quelle multinazionali occidentali che operano soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. L’eliminazione dello sfruttamento lavorativo (soprattutto minorile) delle donne permetterebbe loro infatti di guadagnare denaro sufficiente per garantirsi l’indipendenza e per poter decidere del proprio futuro.

 

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