Quando un autore presenta un suo personaggio vestito in un determinato colore, la scelta non è mai del tutto casuale. Diversi sono i personaggi strettamente legati a un colore nell’immaginario comune: il verde di Robin Hood, il nero di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany, il bianco di Marilyn Monroe o il rosa di Barbie. Il colore è quindi legato all’identità del personaggio: non si limita mai alla semplice descrizione.
Il blu in letteratura si rivela affascinante: è simbolo di ricchezza e privilegio, ma anche emblema dei vagheggiamenti romantici tipici del primo Ottocento.
Il colore blu e i suoi significati
A partire da Facebook e Twitter, il blu è un colore che spadroneggia all’interno di Internet. Nella psicologia del colore, il blu è associato a tranquillità e pace. Per tale motivo viene spesso utilizzato per siti web, app e prodotti: non è un colore invasivo e porta alla produttività.
È interessante rilevare come nell’antichità non sembri essere presente nella coscienza collettiva, al punto che si è ipotizzato che i primi esseri umani non fossero nemmeno in grado di distinguerlo; se da una parte i primi a utilizzarlo per gioielli, ceramiche e tombe furono gli antichi Egizi, che lo crearono intorno al 2200 a.C., il concetto di blu sembra invece essere sconosciuto al mondo greco e, di conseguenza, al mondo latino. Omero stesso, nell’Iliade e nell’Odissea, cita diverse volte il nero, il bianco e il rosso, ma mai il blu: il mare, elemento centrale nell’Odissea, è anzi definito “scuro come il vino”.
Oggi, invece, il blu è legato immediatamente al cielo e al mare, a qualcosa di non terreno e, di conseguenza, a un’idea di spiritualità e di distanza. Non a caso, nell’Ottocento il blu diventa un modo di sentire la vita, una condizione esistenziale, lo spasimare lirico per l’infinito, per l’assoluto, per il sublime; è una metafora cromatica del Sehnsucht, parola chiave del romanticismo tedesco spesso tradotta con struggimento, il sentimento di nostalgia per qualcosa che è distante e irraggiungibile.
Due esempi letterari: Madame Bovary e Il giovane Werther
Madame Bovary (1856) di Gustave Flaubert è senza dubbio un’opera difficile da inquadrare: pagine e pagine sono state scritte nel tentativo di definire il suo significato, ma è evidente come sia un romanzo parco di descrizioni cromatiche; l’unica eccezione è rappresentata dal blu. La prima volta che Emma incontra Charles Bovary, il suo futuro sposo, indossa un abito di lana blu. Flaubert veste di blu la sua protagonista anche in altre due occasioni e segnala il blu anche nelle calze che Charles Bovary portava da ragazzo, in due vasi che Emma compra per abbellire il camino, nel calesse con cui Rodolphe si allontana da lei e nel barattolo di vetro che contiene l’arsenico che la uccide.
La scelta del blu non è casuale: è un colore vistoso, spicca e sembra simboleggiare la volontà di Emma di distaccarsi dalla banalità della vita quotidiana e coniugale. Il blu percorre tutto il romanzo e la simmetria che si viene a creare tra il contenitore dell’arsenico e i suoi vestiti, simbolo di novità e desiderio di farsi notare, è quasi ironica.
Circa un secolo prima di Madame Bovary, un altro personaggio letterario vestito di blu si era tolto la vita: il protagonista de I dolori del giovane Werther, pubblicato nel 1774 da Goethe. Werther, a causa dell’amore impossibile provato per Charlotte, si fa trovare senza vita con indosso una giacca blu e un panciotto giallo, gli stessi vestiti che indossa la sera del suo primo ballo con l’amata. Il blu simboleggia l’animo nobile e romantico di Werther che muore per amore.
Entrambi i personaggi, imprigionati in una vita che non è come la vorrebbero, si suicidano e vestono di blu. A partire dal romanzo di Goethe, il blu si lega sempre di più all’immaginario romantico, al punto da diventare una vera e propria moda in tutta Europa.
Il blu: il colore del riscatto sociale
Il blu rappresenta anche la ricchezza, l’aristocrazia e il privilegio. Nell’Ottocento, infatti, tingere una stoffa di blu è un procedimento difficile e costoso: in questo modo, è inevitabile che la scelta di un colore diventi emblema delle gerarchie e delle classi sociali. Emma Bovary, ragazza di campagna annoiata dalla sua vita e dal suo matrimonio, sogna la città, la borghesia, la moda; sogna il blu che, prima di essere un colore, è il simbolo che chi lo indossa se lo può permettere.
Il blu quindi non è solo il colore romantico per eccellenza, rivoluzionario e ribelle, ma è anche il colore del riscatto sociale, di adesione al buon gusto aristocratico a cui Emma aspira ardentemente.
Un esempio cinematografico: La Bella e la Bestia
I colori diventano un pezzo dell’immaginario collettivo e acquistano un significato specifico anche se il pubblico non ne è consapevole. Il blu romantico e anticonformista è sfruttato dal cartone animato La Bella e la Bestia, prodotto dalla Walt Disney nel 1991. Il film è il riadattamento di un testo francese scritto da madame Leprince de Beaumont, che a sua volta riprende un filone di varianti che risalgono fino alla favola di Amore e Psiche di Apuleio. Nel film Belle è un po’ il doppio di Emma Bovary: mentre Emma cerca di fuggire dalla campagna, Belle è portatrice di valori urbanizzanti e innovativi all’interno del rustico villaggio in cui vive. Nella prima sequenza, mentre tutto il villaggio è tinteggiato con tinte calde, Belle compare vestita di blu. Anche in questo caso la citazione del modello romantico non è casuale e vuole significare una diversità di cui si va fieri.
In un momento successivo del film, in occasione della cena con Belle, la Bestia si veste con eleganza; si presenta con una giacca blu e un panciotto giallo, esattamente come Werther, a rappresentare il cambiamento interiore avvenuto grazie ai sentimenti provati per Belle.
Vestirsi di blu in letteratura – e nel cinema – è quindi un voler essere visti, notati, distinti rispetto alla massa. Interessante notare invece come, secoli dopo, ai giorni nostri, il blue jeans abbia scardinato completamente questa concezione: non solo il jeans è un tessuto economico, ma è quello maggiormente indossato dalle persone. Dunque un colore conformista, per certi aspetti opposto all’intento distintivo assunto nella letteratura.
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