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Tre poesie dedicate a Milano

Che la si ami o la si odi, Milano è una città unica, ricca di opportunità e di fascino. Definita da Montale un enorme conglomerato di eremiti”, la città meneghina è stata anche musa ispiratrice per artisti e poeti.

Alda Merini: cenni biografici

Alda Merini (21 marzo 1931 – 1 novembre 2009), definita la poetessa dei Navigli, esordisce come autrice a soli quindici anni, scoperta da Giacinto Spagnoletti.

Alda Merini

Nel 1951, anche su suggerimento di Eugenio Montale, Scheiwiller stampa due sue poesie inedite in Poetesse del Novecento e nello stesso periodo frequenta Salvatore Quasimodo.

Nel 1953 sposa Ettore Carniti, proprietario di alcune panetterie a Milano, ed esce il primo volume La presenza di Orfeo, seguito nel 1955 da Nozze romane e Paura di Dio.

Inizia, quindi, un periodo di silenzio poetico e di isolamento, quando viene internata al manicomio Paolo Pini, dove resterà fino al 1972. Nel 1979 torna a scrivere versi, nei quali riversa la sua fragilità emotiva e la sua sconvolgente esperienza, che vengono raccolti in La Terra Santa pubblicata da Scheiwiller nel 1984.

Dopo la morte del marito avvenuta nel 1981, Alda Merini sposa il poeta Michele Pierri e si trasferisce a Taranto, dove conosce di nuovo le ombre del manicomio. Nel 1986 torna a Milano, sulle rive dell’amato Naviglio, dove recupera le amicizie di un tempo, diventa un personaggio di successo e riceve numerosi riconoscimenti.

Alda Merini, Per Milano

Alda Merini davanti al bar Chimera

Non è che dalle cuspidi amorose
crescano i mutamenti della carne,
Milano benedetta
Donna altera e sanguigna
con due mammelle amorose
pronte a sfamare i popoli del mondo,
Milano dagli irti colli
che ha veduto qui
crescere il mio amore
che ora è defunto.
Milano dai vorticosi pensieri
dove le mille allegrie
muoiono piangenti sul Naviglio.

Vittorio Sereni: cenni biografici

Vittorio Sereni (27 luglio 1913 – 10 febbraio 1983) nasce a Luino, sul Lago Maggiore, dove trascorre l’infanzia e l’adolescenza fino al 1932, anno in cui si trasferisce a Milano. Si iscrive all’Università degli Studi di Milano, prima alla facoltà di Giurisprudenza e poi a Lettere. Nell’ambiente universitario tesse una ricca rete di conoscenze, incontrando il filosofo Antonio Banfi, Dino Formaggio, Antonia Pozzi, Luciano Anceschi e Gian Luigi Manzi e, in seguito, Maria Luisa Bonfanti, che diventa sua moglie nel 1936. Nello stesso anno si laurea in Lettere con una tesi in Estetica sulla poetica di Gozzano.

Nel 1941, anno in cui esce per le edizioni milanesi di Corrente il primo libro di poesie, Frontiera,  viene chiamato alle armi, destinato al fronte libico-egiziano. Nel 1943 viene fatto prigioniero insieme al suo reparto ed è costretto a trascorrere i successivi due anni tra vari campi di prigionia dell’Algeria e del Marocco francese, estraniato forzatamente dalla Resistenza italiana ed europea: il dolore e la delusione che ne conseguono emergono in maniera limpida dalle pagine del Diario d’Algeria, la sua seconda raccolta, pubblicata nel 1947.

Dopo la guerra si trasferisce a Milano in Via Scarlatti, a cui è dedicata l’omonima poesia che apre la sua terza raccolta, Gli Strumenti Umani, pubblicata nel 1956.

Nel 1951 trascorre la prima estate a Bocca di Magra, in provincia di La Spezia, luogo che assume un ruolo fondamentale nel suo immaginario poetico a partire dal poemetto Un posto di vacanza (1972). Nel 1982 esce il suo quarto libro di poesie, Stella Variabile, premio Viareggio per la poesia, un anno prima di morire per un aneurisma.

Vittorio Sereni, Le sei del mattino

Milano fa da sfondo alla poesia Le sei del mattino, dove Sereni si confronta con l’incubo di una morte in solitudine, per poi giungere a una riflessione più ampia sul significato di questa all’interno dell’esistenza umana: si svolge attraverso il contrasto tra l’interno di una casa abbandonata e una città frenetica e pulsante di vita come Milano che all’alba si sveglia incurante della scomparsa di un uomo, insignificante per chi resta.

Tutto, si sa, la morte dissigilla.
E infatti, tornavo,
malchiusa era la porta
appena accostato il battente.
E spento infatti ero da poco,
disfatto in poche ore.
Ma quello vidi che certo
non vedono i defunti:
la casa visitata dalla mia fresca morte,
solo un poco smarrita
calda ancora di me che più non ero,
spezzata la sbarra
inane il chiavistello
e grande un’aria e popolosa attorno
a me piccino nella morte,
i corsi l’uno dopo l’altro desti
di Milano dentro tutto quel vento.

(1965)

Alfonso Gatto: cenni biografici

Alfonso Gatto (27 luglio 1909 – 8 marzo 1976) è stato un poeta, pittore, critico d’arte e giornalista. Nacque a Salerno in una famiglia di marinari e piccoli armatori. L’infanzia e l’adolescenza sono piuttosto turbolente a causa delle difficoltà economiche che lo costringono ad abbandonare gli studi prima di laurearsi, finché, a soli ventun anni, fugge a Milano.

In seguito esercita diversi lavori, dal commesso, al correttore di bozze e infine giornalista, e, nonostante partecipi ai gruppi universitari fascisti, nel 1936 viene arrestato per antifascismo e costretto a trascorrere sei mesi nel carcere di San Vittore di Milano. A partire dal 1943 entra a far parte della Resistenza e, alla fine della Seconda guerra mondiale, diventa inviato speciale de l’Unità, dove ricopre un ruolo di primo piano nella letteratura di ispirazione comunista e collabora anche con Gianni Rodari.

Si lega soprattutto all’esperienza dell’ermetismo, segnando il rinnovamento della poesia italiana. Tra i suoi volumi di poesia si ricordano Isola (1932), Morto ai paesi (1937), Il capo sulla neve (1949), La forza degli occhi (1954), Osteria flegrea (1962), e Rime di viaggio per la terra dipinta (1969).
Alfonso Gatto muore in un incidente d’auto a Orbetello (Grosseto), ed è sepolto nel cimitero di Salerno. Sulla sua tomba è inciso un commiato scritto da Eugenio Montale:

Ad Alfonso Gatto

per cui vita e poesie

furono un’unica testimonianza

d’amore.

Inverno a Milano

Vedete là nel cielo, in quel piccolo sole

d’inverno tra le nebbie, un ricordo del sole?

Come la luna guarda e si lascia guardare.

Milano a mezzogiorno è già crepuscolare.

E gli alberi anneriti in quel freddo d’argento

hanno rami gentili, a tratti passa il vento,

un vento senza voce, a poco a poco imbruna.

Solo il piccolo sole come una grande luna.

Così il Duomo fiorito di grigio e di lichene

appare nelle nebbie delle notti serene.

(1963)

 

FONTI

Elle.com

Biografieonline.it

Aldamerini.it

Archiviovittoriosereni.it

Treccani.it

Online.scuola.zanichelli.it

Cultura.comune.salerno.it

Biografieonline.it

Treccani.it

Alda Merini, Fiore di poesia, Einaudi, 2014

Vittorio Sereni, Gli Strumenti umani, Il Saggiatore, 2018

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