Nella vita ci sono poche certezze: tasse, morte e un disastro apocalittico di qualche tipo pronto a colpire i gloriosi Stati Uniti d’America. Perché si sa, che si tratti di cataclismi, alieni o bestiacce di ogni sorta, la distruzione del nostro amato pianeta non può che partire dagli USA. O almeno questo è ciò che Hollywood ci ha sempre insegnato.
Sarà per la loro “bassa” autostima, o forse per la loro rinomata potenza militare, ma ogni sacrosanta volta che un qualsivoglia disastro è in procinto di colpire la Terra i nostri amici americani sono sempre lì in prima linea, talvolta motore primo del problema, di tanto in tanto vittime sacrificali, molto spesso eroi immortali al servizio dell’umanità.
Perché dunque lasciarsi sfuggire la ghiotta occasione di ricordare alcune delle loro più rinomate “imprese”?
S.O.S. pianeta Terra
Chi ben comincia è a metà dell’opera e allora partiamo con il botto, con alcuni di quei classiconi da gustarsi a suon di pop corn e coca cola.
Nel 1998 esce nelle sale di tutto il mondo Armageddon, film di fantascienza realizzato da quel megalomane bombarolo di Michael Bay. Stop alle guerre mondiali, ai conflitti per interessi che dilaniano internamente il pianeta; qui il problema sono i sassi che cascano dal cosmo, meteoriti in gergo. Sassi che naturalmente non perdono l’occasione per disturbare la quotidianità dell’uomo medio americano, andando a distruggere buona parte della East Coast degli USA e dando una bella morsicata anche alla Grande Mela. Ma qualche meteorite non è certo una gran cosa e allora perché diavolo non inventarsi un asteroide grande quanto il Texas pronto a demolire la Terra? Detto fatto. Aggiungiamo una missione di salvataggio statunitense, qualche belloccio dal petto pronunciato, una spruzzatina di storia d’amore e il gioco è fatto.
Tempo cinque anni e si fa il 2003. Pericoli dal cielo? Nossignore! Questa volta è il nucleo terrestre a fare i capricci e a intimorire i regali piedi degli amici americani. Per informazioni chiedere a Jon Amiel e al suo The Core. O forse meglio chiedere a Boston e alle trentadue persone morte nel medesimo attimo così, di botto, senza senso. In realtà, ci spiega il buon Jon, il senso c’è eccome. La pancia della terra brontola in maniera poco rassicurante, il nostro affezionatissimo nucleo rischia di bloccare la propria rotazione: in sostanza la razza umana sta per estinguersi e finire arrosto. Ma state tranquilli, la soluzione è a portata di mano. Altra missione e nuova navicella pronta a perforare la crosta terrestre: riusciranno i nostri indomiti intellettuali a risparmiarci una bella scottatura? Poco importa.
Poco importa? Purtroppo sì, perché scongiurati i sassi e lo spiedo, basta un solo anno a quei diavolacci per cavar fuori un altro problema. Quantomeno sono coerenti, e se il 2003 rischiava di essere l’estate più calda di sempre, il 2004 sembra voler portare un po’ di fresco. Roland Emmerich dirige The Day After Tomorrow (tradotto l’alba del giorno dopo, perché Dopodomani pareva bruttino). Due gocce a New York, qualche folata di vento a Los Angeles e un giovanissimo Jake Gyllenhaal rimane bloccato dai ghiacci durante una gara di cultura scolastica. Due anni prima sarebbe stato salvato da un mammut, una tigre, un bradipo e un neonato, ma il buon Jake deve accontentarsi del padre. Davvero un peccato, gli elementi per un epico crossover c’erano tutti.
Non siamo soli
La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo. Quando poi intravede una bandiera a stelle e striscie inforca pure il binocolo. Ebbene sì, perché limitarsi a qualche sbalzo di temperatura o a una pioggia di rocce quando esistono gli alieni?
Il caro John Carpenter ne sa qualcosa e difatti, nel 1982, il suo parassita alieno prova a infastidire la base scientifica statunitense U.S. Outpost #31, in Antartide. Una forma di vita infingarda con la capacità di sostituirsi nell’aspetto e nella voce alle sue vittime. La cosa, nome molto fantasioso, riesce anche a seminare il panico, ma il lanciafiamme di Kurt Russell le fa presto cambiare idea. E a dirla tutta pensare di conquistare il pianeta partendo dal luogo più desolato dello stesso non è la trovata aliena più geniale di sempre.
Dopotutto il fallimento è sempre stata una prerogativa extraterrestre. Anche Roland Emmerich ne è sempre stato consapevole e infatti, diversi anni prima di The Day After Tomorrow, il regista ci propone il poco patriottico Independence Day (1996). Assurdi e orribili mostriciattoli optano per un piacevole soggiorno sul nostro pianeta a spese dell’umanità. Ma niente paura, il capitano Will Smith e il geniale Jeff Goldblum sono pronti a scardinare le difese aliene e restituirci la libertà. Black Lives Matter? Mica tanto, il soldato di colore è l’unico ad essere spedito in una missione suicida.
Fortunatamente se la cava perché è il 4 luglio e da bravo americano incarna l’esaltazione del 1776. Peccato per gli alieni, avessero scelto qualsiasi altro periodo probabilmente ce l’avrebbero anche fatta.
Sarà per la prossima volta? Chissà.
In fondo l’MCU e i suoi Avengers ci hanno insegnato che c’è sempre qualche bel simpaticone che da qualche parte nell’universo progetta la nostra estinzione di massa; anche se, a onor di cronaca, sarebbe giusto ricordare che i rapporti USA con il mondo extraterrestre non sono sempre stati da dita negli occhi. L’amico E.T., negli anni ’80, sarebbe anche rimasto sulla Terra a divertirsi (a suon di interurbane) e il più recente Arrival (2016) ci ha mostrato alieni carini e coccolosi, colmi di regali per noi esseri sottosviluppati. D’altronde, anche per questioni di statistica, non può andare sempre tutto storto.
Chi è causa del suo mal…
Per chiudere il cerchio non restano che le bestiacce. Quali? Beh anche in questo caso ci sarebbe l’imbarazzo della scelta.
Pensiamo al 1963 e al grande Alfred Hitchcock, capace di dirigere un capolavoro a suon di gabbiani e corvi infami. Gli uccelli attaccano l’uomo ed è un bel pasticcio, ma per questo evento epocale scelgono la tranquilla località di Bodega Bay, a due passi da San Francisco. D’altronde solo gli americani possono riuscire far incavolare dei volatili. Così come solo a un americano poteva venire in mente di riportare in vita dei dinosauri. È il 1993 e il vecchio John Hammond ha un’idea strabiliante: costruire un parco a tema dove animali estinti da 65 milioni di anni possano proliferare e farsi una bella passeggiata. Le cose non vanno come dovrebbero. Incredibile! La cosa più entusiasmante è che molti ne restano sorpresi, mentre gli altri ne restano uccisi.
Un’isola piena zeppa di dinosauri? Pessima idea davvero, ma ehi, perché mai imparare dai propri errori? E allora tutti dritti a Skull Island, la ridente località dove un gruppo di intrepidi e brillanti statunitensi trova una scimmia gigantesca e dal caratterino niente male. Perché non trasportarla a New York e farla esibire a Broadway? Cosa potrebbe mai andare storto?
Potremmo andare avanti all’infinito, perché il desiderio di autodistruzione americano non muore mai, e i cari disaster movies sono all’ordine del giorno, come d’altronde dimostrano i più recenti Greenland, Geostorm o Crawl. Insomma le preoccupazioni stanno a zero, tempo un paio di mesi e la lista andrà comunque aggiornata.
Per ora God bless America! Ne avranno bisogno