Musica e psiche: due mondi interconnessi

Spesso diamo per scontato i suoni che si disperdono nello spazio che ci circonda: diventano sottofondo della quotidianità, distrazioni, diversivi. La musica sembra essere il più diffuso strumento di svago, l’oggetto prediletto del divertimento. Ma il mondo musicale è limitato a questo? Ovviamente no; può rappresentare infatti qualcosa di molto più vasto, grazie alle sue proprietà terapeutiche, che presentano enormi benefici. Ha infatti effetto positivo sull’umore, riducendo lo stress, è in grado di modificare i nostri stati emotivi e persino di agire sui dolori fisici e mentali.

Come la musica agisce sul cervello

L’esperienza dell’ascolto assume l’aspetto di un’azione di estrema semplicità, per noi che siamo abituati a viverla. In realtà, il processo che porta il nostro cervello a rielaborare i suoni e la musica mette in moto diversi sottosistemi cognitivi e circuiti neurali che permettono il rilascio di ormoni. Alcuni ormoni implicati sono: dopamina, serotonina, oppioidi, beta endorfine (ormoni della felicità e della soddisfazione), ossitocina (coinvolta nei processi affettivi). Sono queste associazioni cognitive, dunque, le cause del piacere che proviamo ascoltando i nostri brani preferiti. Non a caso si ascolta musica per sentirsi sollevati, rilassati, o per calmare gli stati d’ansia.

È proprio il rilascio di questi ormoni che permette la riduzione dello stress. Ciò interviene anche nella concentrazione; per questo, alcuni tipi di musica sono perfetti per accompagnare la lettura o lo studio.

In molti casi la musica rappresenta un mezzo di connessione tra la nostra soggettività e il mondo esterno. Sarà capitato a tutti, sicuramente, di sentirsi particolarmente legati ad un brano, magari già al primo ascolto. Capita spesso anche di riascoltare qualcosa che richiama immediatamente una sensazione del passato, permettendo di sentirla viva, come se si fosse di nuovo protagonisti di quella situazione specifica. Questo accade perché ascoltando di nuovo quelle melodie, si viene trasportati di nuovo in quello stato mentale, ritrovando se stessi nella musica.

Musica e soggettività

Secondo lo studio del 1999 della sociologa Tia De Nora, la musica assume un ruolo molto importante nella costruzione di sé. De Nora parla infatti di autoconsapevolezza e autoregolazione: in base alle proprie esigenze emotive, si ricerca la tipologia di musica che sembra soddisfarle maggiormente. Per esempio, si potrebbe prediligere una musica triste e riflessiva per consolarsi quando si è moralmente abbattuti. Oppure si potrebbe scegliere una musica allegra quando si ha bisogno di energia.

Dunque, se nella nostra vita abbiamo avuto molte esperienze difficili, potremmo riconoscerci in brani che esprimono questa condizione, i quali contribuiscono a creare i nostri gusti personali e la nostra identità. Ma le preferenze dipendono anche dalla personalità e dalle esigenze personali, quindi non per forza un determinato stato emotivo ci porterà ad ascoltare un certo tipo di musica. De Nora chiama questo processo “Finding the me in music”. Le esperienze di vita proprie costruiscono dei filtri attraverso i quali interpretiamo il mondo e di conseguenza, la musica.

Per questo, le preferenze divergono da persona a persona. In ogni caso, come ribadisce De Nora, la musica ha un ruolo determinante nella costruzione dell’identità, soprattutto durante la crescita. Questo accade perché proiettiamo l’immagine che abbiamo di noi stessi nella musica che ascoltiamo. Ciò accade perchè ci sentiamo  rappresentati da essa.

Musicoterapia

Tra le artiterapie più conosciute, la musicoterapia è senza dubbio, quella più diffusa in Europa. È stato ampiamente dimostrato, infatti, come questa terapia sia in grado di apportare consistenti miglioramenti in svariate patologie: in particolare quelle in cui l’emotività è alterata (autismo, sindrome di Tourette, demenza). Ma la musicoterapia è indicata anche in caso di soggetti patologici con un maggior grado di coscienza, per esempio i soggetti affetti da depressione, ansia, disturbo post-traumatico da stress.

Come spiegato dal Dr. Klodian Naci, nel suo articolo La musica come generatore di emozioni e di processi cognitivi, la musica possiede diverse proprietà, tra cui, la regressione. La regressione è la capacità di riportare a galla esperienze traumatiche rimosse dalla mente. Ciò funge da meccanismo di difesa e di conseguenza offre una modalità alternativa di elaborare il trauma.

La Musicoterapia è una modalità di approccio alla persona che utilizza la musica o il suono come strumento di comunicazione non verbale, per intervenire a livello educativo, riabilitativo o terapeutico, in una varietà di condizioni patologiche e fisiologiche.

La musicoterapia è uno strumento eccezionale anche per quanto riguarda l’espressione delle emozioni, in particolare nei soggetti in cui questa capacità risulta limitata. Può stimolare la creatività e dar vita a una comunicazione facilitata dall’espressione artistica.

Musica e dolore

Gli effetti benefici della musica si estendono persino alla modulazione del dolore fisico. Favorisce infatti il rilassamento e il benessere fisico grazie al rilascio di endorfine. Viene infatti consigliato il suo utilizzo ai pazienti malati di cancro e talvolta viene utilizzata per rendere meno duro il travaglio per le donne in gravidanza. La riduzione del dolore è possibile perché la musica favorisce una miglior gestione della frequenza cardiaca, della temperatura, della tensione muscolare e della pressione sanguigna.

La musica è in grado di rilassare le tensioni e anestetizzare il dolore. Oliver Sacks, neurologo e autore, nel suo testo Musicofilia, mostra casi incredibili in cui pazienti vittime di incidenti traumatici, ictus, malattie neurodegenerative, sono riusciti a fare progressi incredibili grazie all’avvicinamento alla musica. Alcuni di essi si sono addirittura riscoperti musicisti, dopo il trauma cerebrale, attutendo i danni dell’incidente e compiendo una rinascita interiore.

È difficile mettere in discussione il potere terapeutico della musica. I più sensibili e appassionati lo sentono, quel “qualcosa in più” che la musica veicola insieme alle sue note. È difficile tradurre in parole la sensazione metafisica generata dalla musica, che riesce a penetrare la mente e far danzare l’anima.


FONTI:

Oliver Sacks, Musicofilia, Adelphi, 2010.

Tia DeNora, Music as technology of the self, in “Poetics” n.27, 1999.

centrodipsicologiaclinica.com

Pedalinopsicologatorino.it

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