Marco Murri: la pittura come strumento della realtà

Marco Murri non dipinge semplicemente, ma progetta uno scenario positivo del futuro della nostra umanità.

La mostra alla Medina Art Gallery

Dal 13 al 19 maggio 2022 le sale di Medina Art Gallery hanno ospitato le grandi opere di Marco Murri. L’artista, nato a Tuscania, ha presentato per la prima volta le sue tele, le quali sono state suddivise per due aree tematiche. Se la prima sala ha ospitato le opere a carattere astratto e floreale, le altre due sale, invece, sono state allestite con i dipinti a carattere figurativo insieme a tre sculture, segno della poliedrica attività dell’artista viterbese.

L’opening ha avuto un grande seguito sia dal vivo che sui social, portali che la galleria usa per la comunicazione e non solo. Inoltre, le sue tele hanno suscitato l’interesse dei visitatori durante tutto il periodo dell’esposizione, segno che Murri è stato in grado di leggere la realtà. Kali Yuga. Le opere visionarie di Marco Murri ha offerto l’occasione di analizzare l’attuale società per poter offrire un gancio positivista da utilizzare nell’interpretazione del futuro. Il titolo della mostra è preso in prestito dalla Sacre Scritture Induiste, le quali individuano questo periodo come caotico, dove il mondo va a finire in un vortice di depravazione e disperazione. Carestie, guerre e crisi sociali sono all’ordine del giorno e l’arrivo della pace è certo ma non immediato.

Il Kali Yuga, infatti, è l’ultimo periodo di quattro, quello attuale, dove la società si sta distruggendo con le proprie mani. Guerre, discrasie sociali e lascività morali sono le questioni del nostro periodo evidenziate da Murri e che interpreta in maniera personale. Inoltre – e qui risiede il principio dualistico – i dipinti analizzano il deterioramento profondo del modo di comunicare e di fare politica dove è difficile distinguere il falso da vero. Tutto questo viene letto in senso critico da Murri e proposto in funzione di una futura età dell’oro.

Le opere in mostra: i dipinti a tema bucolico

Marco Murri, Ultima primavera, 2022, acrilico su tela, cm 250 x 200

Nella sua personale narrazione, Murri lavora per astrazione. Queste tele, la cui presenza è immensa nella sala della galleria, hanno come soggetto rose e piante di tabacco, che rimandano l’immaginazione ad un’altra epoca. La florida maremma laziale, con i suoi campi sterminati non ancora invasi dal cemento. Murri riparte da qui per ricostruire il suo futuro in un momento di caduta dei valori morali e reali. Ma anche i ricordi sono stati soggetti ad una metamorfosi. I soggetti floreali, infatti, sono realizzati con colori acrilici che creano un effetto di spaesamento nella percezione ottica del fruitore. Le rose occupano tutto lo spazio della tela, mentre le piante di tabacco sono riprodotte nella loro serialità.

Gialli e rossi dialogano per realizzare quell’incontro materico e nostalgico che Murri vuole presentare. Non sono immagini reali bensì sono ricordi di un pensiero collettivo. Murri presenta una flora mutata e danneggiata dal passaggio dell’uomo e dei suoi prodotti. I fiori, quindi, non come presenza ma come metafora di un cambiamento radicale, segnalano l’importanza dei propri ricordi. Ricordi sbiaditi, dimenticati ma che, in un modo o nell’altro, hanno caratterizzato la nostra esperienza. Murri riparte da qui, dalle immagini dell’infanzia, ricordandoci che anche queste sono state danneggiate dalle idiosincrasie della società dell’apparire.

Le opere in mostra: i dipinti a carattere figurativo e politico

Da opere all’apparenza a carattere figurativo, in realtà si tratta di icone morali. Ciò che Murri auspica è la fine di questo periodo terribile, per ritornare a vivere, dove ogni cosa ritrova il suo posto. E lo fa con le immagini della sua infanzia. I protagonisti Disney sono rappresentati nella loro promiscua moralità. Topolino pronto per una gara di body building, indossa dei tacchi a spillo rosso fiammante. Nell’epoca dell’apparire, dell’esserci a tutti i costi ovunque, anche la nostra infanzia subisce una ritorsione.

Marco Murri, Transgender, 2022, acrilico con foglia oro, cm 250 x 200

Le immagini dell’infanzia sono un saldo strumento di ripartenza, e non oggetti chiusi nel cassetto dei ricordi e li dimenticati. I dipinti di Murri hanno, per questo motivo, una forte carica politica e sociale. Grandi tele dallo sfondo turchino ospitano immagini che all’apparenza possono allontanare. Ma, se si scende più in profondità, nella trama, si può scorgere nell’ordito l’intensità della ricerca di Murri. L’artista, come un fotografo, effettua una istantanea della società attuale e, in quanto tale, questa va contestualizzata. Infatti, Murri svolge un grande lavoro di post-produzione che consiste nello spersonalizzare le immagini pop che egli sceglie per dargli un nuovo significato.

Topolino che si fa Cristo, con muscoli e tacchi rossi, pronto a difendere la propria fede dal clero corrotto. Qui la lettura è duplice. Il Cristo-Pop è raffigurato in quanto transfer culturale di un clero ormai modernizzato e al passo con i tempi; ma, conscio della propria importanza, egli cerca di recuperare gli antichi valori. Quindi, Murri raffigura l’immagine più sacra della religione cattolica, ormai compromessa, ma che strenuamente difende la propria figura. Una lotta continua, tra bene e male, con gli strumenti ormai rimasti a sua disposizione che non sempre sono sufficienti. Murri presenta quindi un cattolicesimo trasformato alla riconquista dei suoi valori fondativi che, nel Kali Yuga, non sempre ne è assicurata la riuscita. Un Cristo che si fa Topolino nei panni di Superman, nel recupero dei quei valori, infanzia e catechismo, per la costruzione di un futuro migliore.

Ancora le pitture visionarie

Murri continua nella sua personale lettura della moralità contemporanea. Siamo nell’era della violenza comunicativa dei mass media, che portano tutto alla esagerazione; affamati di notizie, pronti a leggere e a vedere la morte in televisione a qualsiasi ora; siamo consapevoli della degenerazione eppur non ci muoviamo. Ma Murri è dinamico e legge i dati in duplice maniera. Criticando la società dal punto di vista sostanziale, Murri arriva anche alla forma, ossia a tutto quello che male non è, ma viene esasperato. Come l’aumento esponenziale dei Gender Studies oppure l’onnipresente Politically Correct. Ovunque, infatti, si dibatte riguardo la fluidità di genere, la famiglia tradizionale, portando il tutto ad una oggettualità totale dimenticandosi delle persone reali, che Murri difende nelle sue opere.

La lotta contro i falsi miti e contro la necessità di apparire su Instagram a tutti i costi. I like sotto ai post non determinano chi sei ma chi vuoi essere, una falsità continua che sta soppiantando le antiche religioni. Murri torna nuovamente sulla tematica religiosa, non per critica bensì per appiglio. Tutte le religioni erano il punto di riferimento morale e psichico dei popoli di tutto il mondo. Erano il luogo dove potersi rifugiare e ritrovare se stessi. Murri ora vede questi pilastri fallire e implodere su stessi ed è per questo che denuncia la loro importanza. Non i follower, bensì la fede e i valori morali e di vita che questa rivendicava.

E le sculture? Angeli e Demoni sono presentati da Murri in qualità di difensori dei valori fondativi delle antiche civiltà; a difesa delle porte degli Inferi e del paradiso e a testimonianza di un futuro possibile. Murri le riveste con carta di giornale sia per sottolineare la loro fragilità che per calare queste immagini antiche nel presente. Sono figure danneggiate dall’opulenza e dal consumo ma che, con difficoltà, difendono la propria storia. Poste simbolicamente all’ingresso della galleria, le sculture hanno avuto il ruolo di inoltrare lo spettatore in questo specchio pessimistico, ma che in realtà non è totalmente tale.

Cosa è Marco Murri?

Murri nelle sue tele fa politica e la fa a modo suo. È consapevole del periodo critico che stiamo vivendo ma non si rifugia nella torre con i suoi dogmi. Murri vuole semplicemente che tutta questa eccessiva necessità di progresso si fermi per recuperare la semplicità del passato. Che poi fosse apparente, questo è certo. Il Novecento italiano è stato violento e militante, ma con dei valori secondo Murri che ora sono perduti. Il principio dualistico e aristotelico è alla base della costruzione delle opere di Murri. Atto e potenza; bene e male; religione e ateismo; sani valori morali e consumismo sono alla base della sua idea artistica.

Tuttavia, osservando le sue opere, non si può fare a meno di interpellare sia la Pop Art americana che l’Informale europeo. Se di quest’ultimo Murri presenta una lettura che resta nella forma, dove il gesto è semplicemente il modo di realizzare e non di pensare le tele, con il secondo, invece, c’è maggiore contatto. L’iconografia di Murri è realizzata prendendo in prestito immagini che sono il prodotto della società consumistica, presentando chiari omaggi allo sviluppatore della Pop Art, ossia Andy Warhol: le rose e Brillo Box.

Quindi, anche se Murri guarda alla Pop Art, da questa se ne discosta per via sostanziale. Infatti, se gli artisti della Pop Art (Warhol, Oldenburg e Lichtenstein in testa) realizzavano opere con l’intento di registrare l’andamento del mercato consumistico, Murri inserisce anche una carica politica molto sottile. Inoltre, gli artisti Pop si domandavano se nella loro attuale società fosse necessario mantenere l’autenticità dell’opere oppure sostenere la realtà consumistica con il proprio linguaggio. Murri va oltre, inserendosi nel mezzo in quanto realizza opere dove il tratto stilistico è perfettamente riconoscibile e dove la realtà viene prima registrata e soprattutto analizzata per ideare un futuro, il migliore possibile.

Murri non si ferma alla evidenza dei fatti, ma va oltre. Presentando immagini dal forte impatto sociale non critica la società in senso negativo, ma in senso positivo. Presentare lo stato attuale per Murri è un motivo di slancio positivista per lanciare un messaggio rassicurante.

Il Kali Yuga è destinato a finire, e noi, consci dei nostri errori, saremo pronti ad accogliere la nuova età dell’oro che non è altro che quella precedente a questa. Valori morali pop abitano le sue tele difese da telamoni dell’antichità, dove l’arte degli anni Cinquanta e Sessanta è stata solo uno spunto per poter presentare la situazione attuale. Il Novecento artistico si presta al recupero di quei valori che, secondo Murri, ora sono perduti. Il passato quindi, per evitare il presente immaginando il futuro.


 

Credits

Tutte le immagini sono a cura del redattore

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