Anziani ‘zoccolo duro’ di Rai1, ragazzi incollati al ‘Collegio’ di Rai2, generazioni diverse pronte però a condividere sempre più tempo davanti alla tv: è la fotografia scattata dall’Osservatorio dello Studio Frasi in base all’analisi dei dati Auditel dal 1 ottobre al 15 novembre a confronto con lo stesso periodo 2019.
Questo l’incipit dell’articolo pubblicato dall’agenzia stampa italiana per eccellenza, l’ANSA, il 12 novembre del 2020. Nell’articolo viene riesumato il tema del tempo speso dalle famiglie italiane davanti al televisore. Riesumato sì, perché la televisione è stato uno dei primi mass media, tanto significativo e duraturo, ma passato velocemente in secondo piano dopo la comparsa dei nuovi social media.
La televisione: dal 1954 ai nuovi media
Nella citazione, compaiono i nomi di Rai1 e Rai2, i primi programmi radiotelevisivi italiani, nati rispettivamente nel 1954 e nel 1961 (mentre Rai3 è arrivato nel 1979, poco prima della tardiva comparsa del colore nel Paese). Lo Studio Frasi analizza scenari sul sistema dei media e dei social-media, mentre Auditel è una società nata nella capitale commerciale italiana nel 1984 (il primo rilevamento è avvenuto però due anni dopo), con l’obiettivo di raccogliere dati sull’ascolto televisivo italiano. Questi dati rappresentano la misura del successo o dell’insuccesso delle trasmissioni televisive in Italia.
Nata nel lontano 1954, la televisione ci ha impiegato poco a diventare la regina indiscussa dei mass media, sbarazzandosi della concorrenza dei giornali, ma soprattutto del cinema. Se inizialmente, un po’ per ragioni tecniche, un po’ per ragioni economiche, ha faticato a diffondersi nelle case degli italiani, la televisione attirava già quando si trovava solamente nelle sale bar o, poco dopo, nelle abitazioni delle famiglie più abbienti. Allora, gli orari e i programmi di fruizione non erano così tanti e variegati come oggi; nonostante questo però, la tv era un oggetto di grande potenza attrattiva. Con la comparsa dei nuovi media, la sua forza venne però a scemare.
Com’è riportato dall’articolo dell’ANSA, i dati circa l’anno 2020 risultano essere più alti rispetto all’anno precedente, il 2019. Che cosa è cambiato? La pandemia da Covid-19 ci ha obbligati in casa. Ecco che cosa è cambiato. Ma le vere domande sono: perché la televisione e non le piattaforme streaming? E poi: e ora, che le restrizioni per la prevenzione del contagio sono state allentate, che ne rimane di questa situazione?
La Generazione Z e l’on-demand
Con il termine “Generazione Z” – denominata anche “Gen Z”, “IGen”, “Zoomer”, “Digitarian” o “Post-Millennial” – si fa riferimento a coloro i quali sono nati fra il duemila e i primi anni dieci del ventunesimo secolo. Le generazioni precedenti (boomer, generazione X e generazione Y) si distinguono l’una dall’altra generalmente per l’arco temporale che le separa, solitamente un ventennio, partendo dal 1946.
Ma “i duemila” guardano la televisione? Che ne è di Netflix, Disney+, PrimeVideo, RaiPlay, Moby, UTorrent e lo streaming illegale? (Leggi di più su GenZ e marketing qui) Non è difficile ammettere che l’opzione dell’on-demand ha segnato una svolta nella fruizione dei contenuti audiovisivi: puoi vedere quello che vuoi, quando vuoi. Niente più cartoni o alla mattina o dopo pranzo, niente più film solamente dalle 21.15; ora si può scegliere il momento che meglio si adatta alle esigenze di ciascuno di noi.
Inoltre, non può essere ignorata la grande importanza del passaparola dell’on-demand, che sembra essere diventato quasi un must. Vi ricordate quando era appena uscito Games of thrones? Chi non ne parlava, chi non lo ha guardato? Per non parlare della tanto chiacchierata Casa di carta o di Stranger things. E allora perché la televisione è tornata in auge dopo la pandemia?
La pandemia da Covid-19 e i suoi effetti collaterali
Fra queste vittime invisibili si trovano i ragazzi della Generazione z, e non solo. Questi ragazzi, nei casi più fortunati, sono stati costretti a stare in casa, senza alcuna relazione sociale se non virtuale, davanti ad un computer, in una piccola stanzetta per non recar disturbo al genitore che, dal salotto, lavora da remoto. La presenza cambia, la relazione cambia, la vita cambia, lentamente e quasi impercettibilmente (per un approfondimento sull’argomento: salute mentale dopo la pandemia).
Il difficile rapporto fra il lockdown e la televisione
Potrebbe darsi che l’aumento della fruizione televisiva sia conseguente a una ricerca di affetto e rapporto umano diretto. Può darsi che la distanza non solo fisica, ma anche sociale, può darsi che il crescente numero di morti abbia portato i ragazzi a notare maggiormente l’importanza del tempo trascorso con i propri genitori e quindi a passare del tempo assieme a guardare qualche film divertente davanti al televisore. Come afferma l’Eco della Stampa: “La televisione viene ancora associata a un momento di aggregazione. Il primo pomeriggio e la sera, con il resto della famiglia, rimangono le occasioni preferite per guardarla”.
Oppure, può darsi che la televisione rimanga accesa come sottofondo, giusto per non sprofondare nel rumoroso silenzio dell’immobilità. Oppure, si proietta l’on-demand sul televisore, ma, in questo caso, i dati auditel non sarebbero veritieri. Web Industry, a sostegno di quest’ultima opzione, sostiene che
L’80% della Generazione Z ha dichiarato che attraverso i social media riesce a rimanere aggiornata in modo più veloce e senza perdite di tempo attraverso YouTube. In alcuni casi addirittura YouTube è stato sostituito ai libri di testo. Sul social, infatti, si possono trovare video spiegazioni che aiutano a memorizzare meglio le informazioni (almeno questo è quanto sostiene la Generazione Z).
La questione rimane aperta, ma ciò che è certo è che la televisione perde audience, e quel poco che le rimane sembra essere la conseguenza di una fruizione passiva.