Mi sento particolarmente coinvolto, umanamente, culturalmente, psicologicamente nella solidarietà all’Ucraina, ad un popolo che ci assomiglia. Molto di più rispetto a quando queste vicende toccano popoli con culture e religioni diverse, specie quando non è neanche certo che fuggano da una guerra .
È opportuno rimarcare che le immagini dei profughi che vengono dal Mediterraneo sono completamente diverse dalle immagini dell’immigrazione ucraina. Dall’Ucraina arrivano donne e bambini, dal Mediterraneo soprattutto uomini adulti che hanno in qualche modo abbandonato la loro famiglia. Questa è la distinzione tra veri profughi di guerra e coloro che si spostano per altri motivi.
Questi sono stati i commenti di due dei volti più conosciuti di Fratelli d’Italia, rispettivamente Ignazio la Russa e Gianni Alemanno, alla conferenza stampa con la quale si voleva presentare il progetto della fondazione Alleanza Nazionale in favore dei profughi ucraini: l’acquisto di tre pullman che nei giorni seguenti hanno prelevato decine di sfollati per trasferirli in un posto sicuro, l’Italia. Le tre – di numero – telecamere puntate su La Russa e Alemanno durante la ben poco partecipata conferenza stampa hanno regalato al web una delle uscite più infelici della politica italiana degli ultimi tempi, un commento che ci spinge a porci una domanda scomoda: ci sono forse crisi umanitarie di serie A e crisi umanitarie di serie B?
Ipocrisie e contraddizioni
La crisi in Ucraina ha squarciato il velo di Maya posto a coprire certe ipocrisie culturali su cui si è a lungo evitato di riflettere. Seguendo il ragionamento esposto da La Russa, sembrerebbe che la definizione di “profugo” non sia la ugualmente applicata a tutte le aree geografiche di provenienza del soggetto, mentre la giustificazione addotta da Alemanno ci induce a credere che sia il sesso e l’età di una persona a determinare il suo status di profugo.
Il dizionario aiuterà a fugare i dubbi sulla consistenza di queste distinzioni. Il termine “profugo“ individua, secondo il diritto internazionale, una persona che è costretta ad abbandonare la sua terra in seguito a eventi bellici, persecuzioni politiche o razziali o ragioni economiche ed è oggi normalmente sostituito con il vocabolo “rifugiato”.
La discendenza latina della parola profugo ci spinge però a porre l’accento non tanto sulla provenienza del soggetto o sulla sua intenzione di scappare, ma piuttosto sulla destinazione del viaggio. Il profugo è in ultima analisi qualcuno che “si muove verso” qualcosa, sia queste la pace, la stabilità economia, un futuro migliore. Il discrimine nel riconoscimento dello status di profugo basato sull’origine geografica della migrazione è insomma una contraddizione insita nell’uso improprio e travisato del termine, che disvela l’ingiustificato razzismo.
La teodicea della destra italiana
Il discorso di Alemanno suona molto come un tentativo di giustificare a livello morale le differenze tra il rifugiato ucraino e quello nordafricano operate da un partito che ha basato sulla lotta all’immigrazione gran parte della sua retorica. Prima di lui ci aveva provato anche Susanna Ceccardi, parlamentare europea della Lega, che in un arzigogolato ragionamento aveva messo in guardia le autorità italiane dalle ondate di migranti che dall’Africa avrebbero raggiunto l’Italia passando per l’Ucraina, approfittando dei corridori umanitari messi in piedi da Kiev. Al di là dell’infondatezza dell’avvertimento, il discorso di Ceccardi rimarca nuovamente la distinzione tra una migrazione accettata e compresa, quella ucraina, e una non riconosciuta e anzi giudicata pericolosa, quella africana.
L’architrave che sostiene questo discrimine sembrerebbe essere, tanto per Alemanno quanto per La Russa, la questione economica. Si potrebbero spendere fiumi di inchiostro nel tentare di confutare questa posizione: si potrebbe richiamare la definizione giuridica di profugo, che include la povertà tra le ragioni di spostamento di un individuo dalla sua terra; si potrebbe anche ricordare il passato d’emigrazione degli italiani del primo Novecento, in cerca di fortuna in America; oppure si potrebbe sottolineare come molto spesso guerra e povertà vadano a braccetto, che l’uomo povero che scappa dal Congo sarebbe costretto ad imbracciare un fucile nel suo Paese, a uccidere senza pietà, a essere ucciso senza sepoltura.
Il derivato di questa inedita posizione della destra italiana è un’interessante situazione politica ed etica, un’improvviso cambio di direzione sulla questione migrazione doveroso, ma oneroso dal punto di vista della coerenza ideologica di partiti che faticano a tenere insieme lotta all’immigrazione e accoglienza agli ucraini.
Mappa delle migrazioni verso l’Italia
Dati del Ministero degli Interni alla mano, possiamo tracciare una mappa delle più importanti migrazioni che hanno interessato l’Italia negli ultimi mesi. Da una parte ci sono le persone che raggiungono il Bel Paese via mare, provenienti soprattutto da Egitto, Bangladesh, Tunisia e Afghanistan, che nei primi cinque mesi di questo 2022 hanno raggiunto quota 19.400, di cui più di duemila minori non accompagnati. 67.477 sono stati i migranti sbarcati in Italia nel corso dell’intero 2021.
Dall’altra parte, dall’Est, stanno arrivando sul suolo italiano gli sfollati ucraini, ben 100.754 dall’inizio del conflitto. Tra questi si trovano anche 12.529 uomini.
Il fenomeno della migrazione dai Paesi del Sud del mondo non è certo una novità per uno Stato come l’Italia che si trova nella particolare condizione geografica di primo approdo verso l’Europa. La permanenza e il transito sul suolo italiano di profughi figli dei disastri umanitari che ogni giorno si consumano in buona parte del continente africano e del Medio Oriente è un evento con cui la politica ha avuto tutto il tempo di inquadrare in schemi propagandistici riconosciuti, dando voce al disagio di parte della popolazione accumulato nel corso di decenni.
Diversa è ovviamente la situazione per l’Ucraina: la novità del flusso migratorio non ha forse ancora lasciato il tempo ai malumori di venire a galla. Si ripeterà anche con i profughi ucraini la medesima ipocrisia con cui sono stati trattati i profughi afghani, ammirati da tutti al ritorno del regime talebani e tornati dei semplici numeri di un’immigrazione mal sopportata pochi mesi dopo? Staremo a vedere.
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