La Parigi di Robert Doisneau al Museo dell’Ara Pacis

Quello che cercavo di mostrare era un mondo in cui mi sentivo a mio agio, in cui le persone erano gentili e dove potevo trovare la tenerezza che desideravo ricevere. Le mie foto erano come una prova del fatto che quel mondo può esistere.

La mostra a Roma

Il Museo dell’Ara Pacis, nello spazio dedicato alle mostre temporanee, ospita la Parigi di Robert Doisneau. Dal 28 maggio al 4 settembre 2022, sono esposte oltre 130 stampe per rendere omaggio al maestro della fotografia umanista. L’intento della mostra è duplice. Il primo, a carattere più sociale, è quello di invitare a riconoscere la bellezza che si nasconde nel quotidiano dove la riscoperta dei piccoli gesti è fondamentale per ricordare la nostra umanità. Il secondo invece riguarda la necessità di collegare le diverse istituzioni sul territorio, come l’Archivio Fotografico del Museo di Roma, il quale conserva le immagini della nostra storia.

Doisneau è il rappresentante della fotografia di strada, noto per aver realizzato scatti all’apparenza improvvisati. In realtà ogni suo lavoro è frutto di un’abile sapienza tecnica e di un occhio in grado di registrare e anticipare la realtà. Parigi in bianco e nero è il soggetto della mostra e del suo lavoro in generale. Le fotografie sono suddivise in 10 sezioni più il docufilm che racconta la sua carriera. Dal lavoro per la pubblicità all’emozione di poter raccontare la liberazione, sempre in strada tra la gente per regalarci, con un delicato umorismo, l’atmosfera del Novecento francese.

Robert Doisneau, dalla nascita al premio Niépce nel 1956

Robert Doisneau nasce a Gentilly nel 1912. Nel 1925 entra nella scuola Estienne dove, quattro anni più tardi, ottiene un diploma di incisore litografo che ritiene però obsoleto. Infatti, due anni più tardi, entra nello studio di André Vigneau, il quale gli farà scoprire l’arte contemporanea, tra cui la fotografia. Nel 1934 ottiene il suo primo e unico lavoro su commissione alle officine Renault, per sganciarsi nel 1939 quando entra nello studio Rapho. Gli anni Quaranta sono duri anche per il maestro della fotografia. Nel 1942 per Maximilien Vox illustra riviste di scienza, ma la vita è dura e resta quasi senza lavoro. Nel 1945 Doisneau ritorna a lavoro e lo fa alla sua maniera. Egli conosce Pierre Betz, il quale gli commissiona dei reportage sulla periferia di Parigi che verranno pubblicati sulla rivista “Le Point”. Nel 1946 ritorna, e questa volta è per sempre, alla agenzia Rapho, dove trova una grande famiglia di fotografi, tra cui Sabine Weiss e Willy Ronis.

Terminata la guerra, Parigi torna a vivere e gli occhi di Doisneau se ne accorgono. Nel 1947 Doisneau stringe amicizia con Jacques Prévert e Robert Giraud, i quali influenzeranno la sua visione e il suo percorso artistico. Nel 1949 viene pubblicata La Banlieue de Paris, dove le sue fotografie dialogano con i testi di Blaise Cendras. Gli anni Cinquanta e Sessanta sono estremamente prolifici per Doisneau. Nel 1950 partecipa all’esposizione Five French Photographers organizzata al MOMA di New York; mentre nel 1954 espone all’Art Insitute di Chigago e pubblica Les Parisiens tels qu’ils sont, un’opera ideata da Delpire con i testi di Giraud e Ragon.

Robert Doisneau, gli anni del successo

A partire dagli anni Sessanta, le fotografie di Doisneau ottengono grande successo. Nel 1965 espone al Musée Réattu di Arles con Henri Cartier-Bresson e André Vigneau, e al Musée Des Arts Décoratifs di Parigi con Willy Ronis. Il 1968 è l’anno del suo primo reportage all’estero, in Unione Sovietica, mentre la sua attività espositiva prosegue tra la Biblioteca Nazionale di Parigi e il Musée Cantini di Marsiglia. Nel 1973 esce il primo film, Le Paris di Robert Doisneau,  che François Porcile gli dedica, dove le sue fotografie si sovrappongono a scene in movimento per raccontare il lavoro del fotografo e il suo rapporto con la società. L’editore Contrejour, nel 1979, pubblica Trois secondes d’éternité, inaugurando in questo modo una serie di monografie che nascono per studiare e approfondire la sua opera.

Gli ultimi anni della sua vita sono dedicati invece al ricordo e alla ricostruzione della sua ricca attività. Nel 1981 Porcile presenta un altro film, Poète et piéton, che verrà utilizzato nel 2016 dalla nipote Clémentine Deroudille per raccontare la carriera di Doisneau. Man mano che le sue foto vengono esposte, Doisneau ottiene l’attenzione della critica e degli storici della fotografia e dell’arte. Jean-François Chevrier, nel 1983, gli dedica un saggio, mentre Robert Delpire lo inserisce nel quinto volume della collezione Photo Poche. Infine, nel 1988, con una mostra alla Grande Halle de la Villette, Doisneau ha l’occasione di rivisitare i suoi lavori per la Renault e il settore automobilistico; nel 1992 Peter Hamilton, presso il Museo d’arte moderna di Oxford, gli dedica una grande retrospettiva. Robert Doisneau muore nel 1994 lasciando in eredità circa 450.000 negativi, che le figlie e i nipoti stanno valorizzando attraverso libri e mostre per consentire a tutti di fruire di queste fotografie umane e storiche.

Gli anni Trenta e Quaranta: dai Bambini all’Occupazione di Parigi

Robert Doisneau, L’Enfant papillon, Saint-Denis, 1945

Bambini è un progetto che impegna Doisneau dal 1934 al 1956. La macchina fotografica inquadra i soggetti dall’alto cercando di sfruttare il campo lungo, utilizzando un punto di vista paterno, complice e protettivo. Doisneau esalta il lato ludico e famigliare per costruire su misura scene della vita quotidiana del futuro della Francia. I bambini sono presi mentre giocano, come in Caniveau en crue, La Sonnette e Les Fréres, oppure, se si tratta della periferia, nella loro povertà.

Sono fotografie dove il dato sociale è molto rilevante. Se i bambini del centro città sono raffigurati sorridenti e sereni, quelli delle bidonville invece sono raffigurati nella loro semplice miseria. I luoghi di Doisneau sono eterni e politici, dove anche attraverso la purezza del bambino è possibile fare critica sociale. Come nel caso della famosa fotografia L’information scolaire del 1956, dove Doisneau fotografa una classe elementare. L’alfabetismo era alto in Francia e il fotografo riesce a cogliere l’interesse o meno dei piccoli alunni: chi scrive, chi copia o chi semplicemente guarda in aria in cerca dell’ispirazione. La guerra e l’occupazione non hanno tolto il futuro e la fiducia in questi bambini.

Nello stesso periodo, dal 1935 al 1950, Doisneau si occupa del mondo del lavoro. Le officine Renault sono la sua rampa di lancio, dove per cinque anni ha lavorato come un operaio. I lavoratori della fabbrica sono colti alle prese con la costruzione delle nuove macchine, dove la tecnologia, la polvere e il magnesio lambiscono la cute degli operai. La ricostruzione della Francia è passata anche da questi luoghi, dove l’umanità è forte e dove la necessità di vivere porta queste persone a turni a volte impegnativi. Quando Doisneau raggiunge lo status di fotografo indipendente, arriva la guerra. Dal 1940 al 1944, egli dedica il suo talento per raccogliere la testimonianza della durezza e della solitudine della guerra. Inverni, estati, primavere e fame sono il soggetto reso umano dall’obiettivo di Doisneau il quale coglie la speranza perduta dei parigini.

Gli anni Cinquanta e Sessanta: la rinascita di Parigi

Robert Doisneau, La Dernière Valse du 14 juillet, Paris, 1949.

Parigi rinasce, e lo fa attraverso l’idea esistenzialista della felicità di Doisneau. Le fotografie del periodo 1945-1956, colgono proprio questo, ossia la necessità dell’amore delle persone semplici per poter ricostruire la storia secolare della nazione. Gli innamorati in riva alla Senna o nella periferia sud di Parigi, colorano le sue giornate. Passi di valzer in strada o nei locali sono il simbolo che la pace è tornata, che tutto è come prima e che ciò che conta non sono territori da spartire ma sentimenti ed emozioni. Qui è collocata la fotografia più famosa di Doisneau: Le Baiser de l’Hotel de Ville, realizzata per la rivista americana “Life”. Il fotografo fa posare i due giovani attori ovunque a Parigi per raffigurare la potenza fugace dell’amore; ed ecco che uno scatto porta all’eternità questo attimo costruito e ricercato ma che continua a far innamorare il mondo.

Finita la guerra si torna anche in vacanza, e Doisneau fotografa i francesi in montagna o al mare. Il progetto, commissionato da “Paris Match” nel 1959, non è stato pubblicato ma all’Ara Pacis riprende vita. Le montagne dei Pirenei piuttosto che la campagna della Provenza: questi i luoghi scelti dai parigini per le loro pause. Il tema iconografico della famiglia semplice e dei loro viaggi era allora in piena crescita, proprio per sottolineare la necessità di una ripartenza. Doisneau, come al suo solito, si concentra sui volti e sulle emozioni piuttosto che sul paesaggio per sottolineare come i piccoli gesti siano alla base della nostra esistenza.

La Parigi rinata e il rapporto con i suoi spazi

Robert Doisneau, Un dejeuner à la campagne, L’Hay-les-Roses, 1949.

Doisneau riparte dalla periferia nel 1945 e, fino al 1956, si sofferma in questi luoghi dove il dato umano è estremamente rilevante. In questi luoghi Doisneau gode del privilegio di incontrare tante diverse personalità che gli offrono l’occasione per rendersi conto di come il mondo stava andando avanti. La ricostruzione di Parigi passa soprattutto dalla periferia. Si torna al cinema, si passeggia a Saint-Denis oppure nei dintorni della ferrovia. La periferia è anche domenica, il momento in cui il cittadino si impossessa dei propri spazi, dove riacquista il suo status sociale. Incontri sfuggenti e cercati, discorsi, chiacchere e occhiate sono riprese da Doisneau con fare critico e attuale.

La strada è il luogo dove bisognava cercare l’ispirazione. Dal 1945 al 1965, complice anche l’incontro con Prévert, Doisneau trova nella strada la bellezza e il disordine che indirizzano la sua ricerca. Il fotografo si siede e aspetta che la composizione sia armoniosa e che le persone entrino nel riquadro. Una fotografia su tela, quindi, ed è questo che rende ancora più umano il suo lavoro. Le fotografie sono riprese con un movimento lento e cadenzato, che consente la giusta riuscita. Il luogo di incontro diventa luogo di passaggio quotidiano, dove le persone passano sfiorandosi mentre guardano i banchi del mercato o ascoltano il dolce suono di una fisarmonica. Ma c’è anche chi spazza i cortili, chi pesca e chi scrive a macchina. La strada è un crogiolo di attività umane che Doisneau restituisce in tutta la sua energia.

L’umanità di Robert Doisneau

Robert Doisneau lavora per singoli progetti che si sviluppano nell’arco di massimo venti anni e, il curatore della mostra Gabriel Bauret, ha deciso di esporli per aree tematiche, anche se queste a volte si intersecano. Le fotografie che Doisneau realizza sono tutte studiate; i protagonisti sono in posa oppure, come nel caso dei bambini, questi sono così entusiasti e incuriositi che il risultato è molto spontaneo. La salute ritrovata, i benefici della famiglia e la necessità di vivere sono i punti di forza della ricerca di Doisneau.

Le sue fotografie non sono semplici fotografie, ma sono dipinti in movimento che presentano la gioia di rinascere e la necessità di riprendersi i propri spazi quotidiani. Dalla strada alle portinerie per esplorare luoghi nascosti dell’anima e della città. L’eterno bianco e nero di Doisneau come ritratto della società francese del Novecento.


Fonti

fotografiaartistica.it

grandi-fotografi.com

Robert Doisneau (catalogo della mostra), a cura di Gabriel Bauret, Silvana Editoriale, Milano 2022.

 

Credits

Tutte le immagini sono a cura del redattore.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.