Accuse di molestie agli Alpini: un problema culturale?

La novantatreesima Adunata Nazionale degli Alpini è stata oscurata da più di cinquecento segnalazioni di molestie. Davanti alle urla di sdegno delle donne riminesi, ci si chiede se il comportamento delle penne nere sia un problema culturale o no e se, per gli eventi di maggio, si debba incolpare l’intero corpo degli Alpini o solo alcuni esponenti.

La 93esima Adunata Nazionale degli Alpini

Dal 5 all’8 maggio si è svolta a Rimini la novantatreesima Adunata Nazionale degli Alpini, le truppe da montagna dell’Esercito Italiano. Per quattro giorni, le penne nere hanno riempito le strade della città, fino a domenica, quando nell’evento clou dell’adunata sfilavano più di 80mila alpini, divisi in 110 sezioni. La manifestazione del 2022 è stata particolare, a causa delle numerose polemiche che sono scoppiate a poche ore dalla grande sfilata finale sul lungomare. Il collettivo femminista «Non Una di Meno» ha raccolto sui social media diverse segnalazioni di molestie fatte a donne da parte degli Alpini e le ha pubblicate sulla sua pagina Instagram, condannando l’accaduto. Sabato le segnalazioni erano una quarantina e sono aumentate nei giorni successivi. Il Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna sostiene che le segnalazioni di presunte molestie sarebbero almeno cinquecento, secondo le associazioni «Non una di meno», «Casa Madiba Network» e «Pride OFF».

Le accuse contro l’Adunata

Per le associazioni, non è necessario che ci siano delle denunce per credere alla verità delle molestie: “sappiamo che sono accadute, molte più di quelle che sono arrivate a noi“. Per ore i carabinieri non hanno ricevuto molte denunce ufficiali. Le associazioni hanno messo a disposizione un supporto legale per chiunque voglia denunciare l’accaduto: “Le denunce possono essere uno strumento in più perché le molestie che si ripetono a ogni adunata non possano essere ignorate come in passato.”

A seguito delle numerose segnalazioni, è stata lanciata una petizione su Change.org per chiedere la sospensione delle Adunate degli Alpini per almeno due anni. A tre settimane dalla pubblicazione della petizione, si sono già raccolte più di 20mila firme.

Molto dura è giunta anche la condanna della Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti. In un intervento, la Ministra ha condannato l’atto come “gravissimo” e ha parlato di una “subcultura di prevaricazione, che è il terreno più fertile della violenza e dell’abuso“. Per Bonetti non è importante solo che questi atti violenti vengano puniti dalle legge, ma che si arrivi a rimuovere quello che per lei è un problema culturale dall’Italia.

Un problema culturale?

Sebastiano Favero, 73 anni, presidente dell’Associazione nazionale alpini ha parlato delle accuse di molestie : “Sono episodi molto gravi, che noi abbiamo condannato fin dall’inizio. Hanno sicuramente creato malessere in chi li ha subiti, ma hanno anche provocato un danno d’immagine alla nostra organizzazione. Stiamo valutando con i nostri legali come tutelarci qualora vengano trovati gli autori“. In un’intervista con il «Corriere della Sera», il presidente si è mostrato dispiaciuto per il fatto che l’intera associazione abbia risentito delle accuse di molestie.

Quello che mi dispiace è che, per colpa di quelli che definirei degli imbecilli, è stata coinvolta un’associazione che nella sua lunga storia si è guadagnata rispetto per la serietà e l’impegno mostrati. Si è generalizzato, facendo passare tutta la realtà alpina, anche quella degli alpini in armi, per qualcosa di diverso da ciò che è.

Davanti ad eventi simili, che si erano già prodotti nelle adunate di Trento (2018) e di Milano (2019), Favero ha ammesso che si potrebbe essere davanti ad un problema culturale“Faremo al nostro interno le necessarie valutazioni. Certi atteggiamenti non sono più accettabili né tollerabili.”

Il presidente ha detto che erano già state fatte delle azioni di sensibilizzazione. “Evidentemente non sono bastate.” Davanti alle accuse della ministra Bonetti, Favero ha poi risposto: “Ognuno è libero di avere le proprie idee. Ma io conosco i miei alpini, e so l’impegno che mettono senza mai chiedere niente in cambio.” Mentre ha continuato a parlare delle molestie come dell’opera di “un piccolo numero“, ha detto che, se avesse avuto davanti una delle ragazze molestate, l’avrebbe guardata, le avrebbe chiesto scusa e le avrebbe detto che “chi si è comportato in quel modo non è un vero alpino“.

Un alpino non fa l’intero corpo

In una fazione meno radicale rispetto a coloro che chiedono di abolire l’Adunata si sono posizionate altre persone e associazioni, che condannano gli eventi ma non li identificano con l’intero corpo degli Alpini. Tra questi, la vicesindaca di Rimini, Chiara Bellini, ritiene che “non si debba accusare mai un gruppo o una categoria di persone solo perché fanno parte di essi alcuni poco di buono, delinquenti o molestatori.” Per lei “sarebbe come dire che tutti i tifosi di calcio sono ultras violenti, o che una particolare nazionalità denoti propensione a delinquere solo perché a essa appartengono individui che hanno compiuto reati”. Nonostante ciò, la condanna della vicesindaca è chiara: i gesti perpetuati da certi alpini durante l’Adunata sono da punire, indipendentemente dalla divisa che portano.

Vanno condannati senza se e senza ma, sono certi atteggiamenti sessisti, molestie verbali, commenti non voluti o graditi alle donne. Nessun uomo è autorizzato a farli, con o senza cappello con la penna.

Alle accuse si aggiunge anche Amnesty International (organizzazione non governativa internazionale, impegnata nella difesa dei diritti umani), che condanna l’accaduto. Sul loro sito si legge:

Nel condannare ogni forma di violenza avvenuta in occasione dell’Adunata degli Alpini, Amnesty International Emilia Romagna chiede che alle autorità militari, civili e all’Associazione nazionale alpini di prendere immediatamente provvedimenti nei confronti di coloro che si sono macchiati di un comportamento tanto indegno quanto intollerabile.

 

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