“Due vite” di Emanuele Trevi: scrittura come esercizio affettivo

Uno dei titoli più celebrati dell’anno appena concluso è Due Vite di Emanuele Trevi, vincitore del Premio Strega 2021. Edito nel 2020 da Neri Pozza, il romanzo ha trionfato lo scorso luglio con 187 voti su 589 votanti.

Il racconto oltre la biografia

Emanuele Trevi con Due Vite riporta alla luce due suoi cari amici, Rocco Carbone e Pia Pera, scomparsi rispettivamente nel 2008 e nel 2016. Il primo, un uomo dal carattere impetuoso e tormentato, “con le sue Furie”, come spesso definisce l’autore; la seconda, dal carattere “prensile e sensibile”, dotata di una forza cauta e a volte inaspettata. Entrambi intellettuali, studiosi e scrittori, sono stati legati a Trevi da un’amicizia profonda per più di trent’anni.

E in un via vai voluttuoso e confuso di ricordi di vita, Emanuele Trevi consegna a questo libro una missione, quella di restituire l’immagine dei due suoi grandi amici attraverso uno degli strumenti che più li ha uniti: la scrittura.

Due vite, più significati

Il titolo a primo impatto è senz’altro un chiaro rimando alle intenzioni del volume di Emanuele Trevi, di celebrare le vite di Carbone e Pera. Ma questo è in realtà fortemente sviscerato dall’autore con il procedere del romanzo.

Si vivono due vite. La prima vita con cui entra il contatto il lettore è quella personale. Rocco e Pia sono ricordati come amici nelle loro ossessioni – generate spesso dal tempestoso carattere di Rocco – e nelle loro abitudini, come il rapporto tra Pia e il giardinaggio.

Tuttavia, il lettore è indirizzato anche oltre una seconda vita dei due autori, quella intellettuale. Alla tenerezza del ricordo si aggiunge l’orgoglio della celebrazione letteraria dei due amici, un racconto vero e sincero della loro carriera. Dalla loro ricerca intellettuale al cuore delle loro storie, Trevi non si limita a raccontare gli eventi e le personalità dei due autori, ma cerca anche di cogliere il loro punctum, ciò che ha spinto allo studio letterario, sino anche a raccontarne gli insuccessi.

Si dilunga nel raccontare le ambizioni intellettuali degli autori con alcune delle loro opere; come nel caso di Apparizione di Carbone o di Vita di Lo di Pera e della sua conversione alla sua cosiddetta “letteratura naturale”, dedicata a un approfondimento esistenziale del rapporto con la natura.

La vita per la letteratura

E questo connubio tra vita personale e vita intellettuale non può che essere rimarcato nello stesso racconto autoriale, ricco di riferimenti letterari e artistici, alcuni dei quali sono scavati per pagine intere. Dal personaggio di Jay Gatsby a Vladimir Nabokov, da Martin Eden al celebre romanzo per ragazzi Il giardino segreto, Trevi non solo definisce i perché dell’importanza di tali titoli, ma si dilunga nel racconto degli stessi.

Ma non solo, il romanzo si rivela una miscellanea di riferimenti alla letteratura e alla filosofia classica, sino ad appellarsi ad alcuni dei più importanti teorici di critica letteraria, come Roland Barthes. Il racconto è talmente tanto intriso di studio anche personale, da non poter escludere anche la presenza di una terza vita, appartenente al Trevi intellettuale.

Il romanzo così si configura non solo un omaggio alla vita dei due letterati, ma alla letteratura stessa e allo studio di essa, a cui i tre scrittori hanno dedicato le proprie vite.

La memoria come seconda vita

Tra la vita intellettuale e quella personale, le Due vite simboleggiano soprattutto le due vite dell’essere umano:

Perché noi viviamo due vite, entrambe destinate a finire: la prima è la vita fisica, fatta di sangue e respiro, la seconda è quella che si svolge nella mente di chi ci ha voluto bene. E anche quando l’ultima persona che ci ha voluto bene muore, ecco, noi ci dissolviamo, evaporiamo, e inizia la grande e interminabile festa del Nulla, dove gli aculei della mancanza non possono più pungere nessuno.

La seconda vita, data dalla memoria dell’altro, non può che essere anch’essa fragile, destinata a una lenta fine; la memoria, sempre più appannata e frammentaria, smette di restituire l’immagine, nonché la seconda vita, dell’amato. Questa è l’esperienza che Trevi descrive di vissuto dopo la morte di Rocco:

Come fiori di melo appena sfiorati dalla brezza, anche i ricordi di chi abbiamo conosciuto talmente bene che la consuetudine è diventata quasi un riflesso condizionato, si staccano e volano via con rapidità inconcepibile. Pensiamo di averne accumulati tantissimi, così numerosi e vividi da ritenerli inestinguibili – e invece in mano ci resta poco più di uno sfarfallio di immagini incerte e fuggitive. Forme insignificanti e sbriciolate da equivalere alla dimenticanza. Tutto l’onere della prova ricade sulle spalle di chi resta.

La scrittura restituisce il ricordo

E quale strumento migliore della scrittura e della letteratura stessa per imprimere nella memoria personale e collettiva la vita dell’altro? Il valore della parola e del linguaggio in Due vite non risiede soltanto nell’imprimere ciò che è destinato a sfuggire al ricordo umano, ma anche di evocare la persona stessa. Trevi stesso riceve il tormento notturno dell’immagine di Rocco prima di occuparsi della sua opera incompiuta:

Ne deduco che la scrittura è un mezzo singolarmente buono per evocare i morti, e consiglio a chiunque abbia nostalgia di qualcuno di fare lo stesso: non pensarlo ma scriverne, accorgendosi ben presto che il morto è attirato dalla scrittura, trova sempre un suo modo inaspettato per affiorare nelle parole che scriviamo di lui, e si manifesta di sua propria volontà, non siamo noi che pensiamo a lui, è proprio lui una buona volta.

Due vite: una risposta in bellezza al fallimento

Due vite è un doppio ritratto, in ogni microstruttura del romanzo non fa che ripetersi questo dualismo. Un dualismo che rappresenta la più importante coppia ossimorica della vita: la vita da una parte, la morte e la mancanza di senso dall’altra. E tale doppio ritratto, nel marasma del non-sense e della caducità dell’esistenza umana, si appella alla bellezza come potere consolatorio e a volte salvifico.

Ed è nella ricerca di un ritratto degno, alla ricerca della “giusta distanza” con cui restituire il ricordo di due vite e di due amicizie, che il romanzo riesce a rievocare la bellezza in quel casino indecifrabile della vita umana e nel suo “perenne fallimento”.

FONTI

PremioStrega.it

Emanuele Trevi, Due vite, Neri Pozza, 2020.

CREDITI

Copertina

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