Come il resto dell’universo agricolo, anche il mondo del vino sta cercando nuove soluzioni per contrastare gli effetti del cambiamento climatico. Si percorre per esempio la strada della biodiversità e della selezione genetica. Ma esiste davvero un modo per salvare il vino dalla catastrofe?
Un mondo sempre più caldo
Quelli che stiamo vivendo da qualche tempo sono gli anni più caldi di sempre (almeno da quando sono iniziate le misurazioni metereologiche) e ogni anno la temperatura terrestre aumenta di qualche grado. Basti pensare che la temperatura media globale del decennio 2011-2020 è stata di 1,09 gradi centigradi superiore a quello del periodo 1850-1900. Questi cambiamenti hanno provocato rilevanti conseguenze sul mondo agricolo e dagli anni ottanta a oggi la vendemmia è stata anticipata in media di circa venti giorni, un periodo di tempo sufficiente a modificare molti paradigmi del lavoro di viticoltore.
In che modo il vino è colpito dai cambiamenti climatici?
Il caldo forte stimola in maniera anomala la maturazione zuccherina, a cui però non corrisponde un’adeguata maturazione fenolica.
Una volta si parlava di due rette che si incontrano. Era quello l’attimo fuggente, il momento da cogliere per vendemmiare e ottenere un vino con le caratteristiche giuste. Oggi la maturazione fenolica non arriva più e bisogna vendemmiare prima, altrimenti l’uva diventa marmellata.
Così spiega Francesco Paolo Valentini, proprietario dell’omonima azienda di Loreto Apruntino, una vera istituzione per il mondo vinicolo abruzzese. Ma gli effetti dell’aumento delle temperature non si fermano qui: secondo un rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente, le rese agricole in Italia potrebbero diminuire del cinquanta per cento entro il 2050.
Questa prospettiva a dir poco inquietante mette a rischio una delle produzioni più apprezzate del nostro paese, e anche una delle più redditizie. L’Italia, infatti, con i suoi quarantanove milioni di ettolitri annui, è il primo produrre di vino mondiale.
Quali sono le conseguenze?
Ogni vino racchiude in sé le caratteristiche dell’annata in cui è stato prodotto. Un’annata più piovosa produrrà un vino più sottile, una calda un vino più robusto. Conoscere l’annata di produzione è fondamentale poiché ci permette di valutare al meglio le caratteristiche del vino che stiamo per degustare. Inoltre, l’annata è anche uno degli elementi che incidono sulla valutazione del prezzo di mercato del prodotto. Ma cosa succede quando il clima è instabile tanto quanto le stagioni? Cambiano i paradigmi di riferimento. Oggi, il significato di “annata calda” non è più lo stesso di vent’anni fa. “Oggi non ci sono più certezze che caldo sia garanzia di più buono” dice Gabriele Gorelli, primo Master of Wine italiano. “Nel corso della degustazione da Mura Mura ho degustato due annate di Doamine Dujac, Borgogna: una del 2003, considerata calda, e una del 2008, considerata fresca. Non ci sono dubbi che quella del 2008 fosse nettamente migliore”.
Anche il vino ha le sue colpe
Sicuramente anche il mondo del vino ha le sue colpe, e l’approccio alla sostenibilità lascia un po’ a desiderare. Come ogni altro genere di produzione di massa, l’impronta che le aziende vinicole stanno lasciando sull’ambiente crea danni di non poca rilevanza. È quello che ha denunciato un gruppo di studenti dell’Istituto tecnico Luciano Dal Cero di San Bonifacio (Verona) realizzando un documentario di poco più dodici minuti per riflettere sull’agricoltura industrializzata. Il progetto, intitolato “Apocalypse Wine”, era stato realizzato per partecipare a un concorso e offrire una riflessione sulle conseguenze di una viticoltura fin troppo industrializzata. Dopo essere stato caricato online, però, il video non ha avuto vita lunga e dopo tre giorni (e oltre 4000 visualizzazioni) è stato cancellato da Youtube.
L’impegno di tutti per un obiettivo comune
Quello a cui hanno assistito i ragazzi è stato un vero e proprio atto di censura, realizzato per nascondere le colpe del settore vinicolo.
Un vigneto industriale ha qui un impatto forse maggiore di quello che avrebbe un’area industriale: consuma sicuramente più terreno, modica l’orografia, il corso dei torrenti, causa danni idrogeologici, stravolge il paesaggio e impone una monocoltura dove prima c’era il trionfo della biodiversità
Il mondo del vino è messo in pericolo dall’azione dei cambiamenti climatici, ma per superare questa emergenza è bene che ci sia la collaborazione di tutti. Se le aziende vinicole non sono le prime a mettere in discussione i propri metodi e attuare un cambiamento concreto, difficilmente si arriverà a un’azione efficace per salvaguardare la viticoltura.
Provvedimenti per una viticoltura e un vino sostenibili
Molti viticoltori sono consapevoli della situazione e sono già scesi in campo per contrastare gli effetti del cambiamento climatico in prima persona. C’è chi opta per la coltivazione biologica; chi attua pratiche di rigenerazione del suolo; chi usa solo energia rinnovabile e chi, addirittura, rinuncia a una parte della vigna per favorire la biodiversità. Ci sono anche molti studi che stanno analizzando la possibilità di piantare uve resistenti o geneticamente modificate per “adattarsi” alle nuove condizioni climatiche. È necessario agire adesso perché le ultime annate prodotte hanno già dato vita a vini figli del cambiamento climatico, sicuramente diversi da quelli nati appena quarant’anni fa.
Una speranza?
Per raggiungere un risultato efficace è necessaria la collaborazione di entrambe le parti, produttori e istituzioni insieme, per dare vita a una transizione ecologica reale. Dal 2011 il governo italiano ha dato vita al progetto nazionale VIVA, che punta a migliorare le prestazioni di sostenibilità nella filiera della vinicola attraverso l’analisi di quattro indicatori (Aria, Acqua, Vigneto e Territorio). I vantaggi derivanti dalla scelta di perseguire questa strada non riguardano solamente l’ambiente, ma anche il profitto delle imprese. Le misure di riduzione di gas serra e di risorse idriche, infatti, evita lo spreco di risorse con un conseguente vantaggio collettivo. Inoltre, a sostegno del progetto il governo ha messo a disposizione un corso con il coinvolgimento di esperti e docenti universitari, in modo da garantire la migliore preparazione possibile a chiunque voglia mettersi in prima linea nella lotta al cambiamento climatico.
Vino green
Nel 2021 il Ministero delle politiche agricole ha approvato un decreto che definisce uno standard unico per la produzione di vino “green”. Fino a quel momento esistevano diversi standard pubblici e privati, ma mancava un sistema unico nazionale. L’Italia è il primo paese europeo a prevedere un sistema simile, anche se non detiene il primato mondiale di vigneti sostenibili (appartiene alla Nuova Zelanda).
Si tratta di un primo passo verso una produzione vinicola più sostenibile e più attenta alle esigenze del pianeta. Stiamo arrivando a un punto di non ritorno e occorre agire il prima possibile per garantire una reale transizione ecologica.