Mali

Il Mali dice addio alla Francia: postcolonialismo o nuova occupazione?

Il 24 aprile Macron ha vinto le presidenziali contro l’ultra destra di Marin Le Pen, imponendosi con un agevole 58,5% dei voti a favore. Ma i festeggiamenti non sono andati certo per le lunghe: già il 2 maggio Macron ha dovuto fare i conti con una chiamata dal Mali che complica la posizione internazionale della Francia. La giunta militare al governo maliano ha infatti annunciato di voler porre definitivamente fine alla cooperazione militare cominciata nel 2012 al fine di indebolire la presenza jihadista nel Paese. La decisione del Mali non è un fulmine a ciel sereno. Già dal febbraio 2021 Macron aveva ordinato il progressivo ritiro delle truppe francesi, impegnate nelle operazioni “Barkhane” e “Takua”. La conclusione definitiva dei rapporti tra i due Paesi è stata sollecitata anche dallo stesso governo maliano che negli scorsi mesi aveva definito gli accordi ancora vigenti “squilibrati e non paritari.

Perché proprio ora?

Già da tempo l’inquilino dell’Eliseo ventilava la possibilità di interrompere la cooperazione militare con il Mali, affermando che le condizioni nel Paese non erano più compatibili con l’intervento francese sul territorio. Sicuramente i rapporti tra i due Paesi hanno subito un drastico deterioramento dopo i due colpi di stato del 2020 e del 2021, perpetrati dal colonnello Assimi Goïta.

Oltre a questi due scossoni impressi da Goïta ai rapporti con la Francia, altre sono le motivazioni che hanno allontanato i due Paesi. Senza dubbio il passato coloniale della Francia pesa sull’instaurazione di qualsivoglia cooperazione con Paesi esteri. D’altra parte le sempre più frequenti ingerenze che la Russia sta attuando in Mali tramite il gruppo militare Wagner impongono, in un momento in cui la bandiera bianca-blu-rossa non gode certo di grande popolarità, una certa presa di posizione allo Stato francese.

Un ultimo fatto che ha aggravato la situazione nel già pericolante matrimonio tra Francia e Mali è stato il tentativo di golpe avvenuto nella notte tra l’11 e il 12 maggio, che secondo il governo maliano sarebbe da imputare ad un piccolo gruppo di soldati facenti capo a Parigi. Il colonnello Abdoulaye Maiga, portavoce della giunta militare al comando in Mali, ha infatti diramato un comunicato stampa in cui affermava che “un piccolo gruppo di militari sostenuti da uno Stato occidentale” ha avuto la “malsana intenzione di rompere la dinamica della Rifondazione del Mali“.

La Francia coloniale: un passato di occupazione

Storicamente il carattere francese in fatto di occupazione coloniale è tra i più peperini che si possano ricordare. A differenza dei “cugini” inglesi, abituati a colonizzare sì, ma avendo cura di non annullare le strutture statali preesistenti nei Paesi occupati, i francesi erano soliti smantellare completamente le magistrature locali, imponendo un’amministrazione simile a quella della madre patria. Si prenda il caso dell’Algeria. La fine della dominazione francese su Algeri risale al 1962, ma a seguito dell’abbandono delle truppe di Parigi il Paese, che era in tutto e per tutto considerato una “Francia d’oltremare”, si trovò riverso in una profonda crisi politica, inevitabile dopo decenni di colonizzazione in cui lo Stato non aveva avuto modo di sviluppare una sua amministrazione autonoma.

Comprensibile dunque il timore dello Stato maliano, che negli ultimi mesi aveva denunciato frequenti violazioni della sovranità nazionale da parte del partner francese. Per il governo del Mali la Francia avrebbe più volte surclassato i poteri locali nel attuare decisioni fondamentali per il Paese, l’ultima quella presa tra il 3 e il 7 giugno 2021, quando Parigi ha scelto di concludere l’operazione militare “Barkhane” senza consultare il Mali. Questo “atteggiamento unilaterale, come definito dagli enti governativi maliani, ricorderebbe un po’ troppo gli antichi intenti colonizzatori della Francia, tanto che anche l’ex-ministro della Difesa francese Hervé Morin aveva commentato la situazione in Mali con parole molto critiche: “siamo arrivati per combattere il terrorismo e ricostruire uno Stato su un accordo politico e sembriamo sempre più una forza di occupazione“.

I rapporti con la Russia

Se il Mali non ha potuto digerire le prevaricazioni della Francia, una pillola altrettanto difficile da buttare giù, questa volta per lo Stato occidentale, è certamente l’incremento della presenza russa sul territorio maliano. Il gruppo Wagner è una compagnia militare mercenaria che fa capo al Cremlino, entrata in Mali a partire dal dicembre 2021. La presenza dei soldati russi nella zona è cascata a pennello, coprendo il vuoto lasciato dal progressivo abbandono delle truppe francesi e assecondando i desideri della Russia che da anni vuole ampliare la sua influenza nel continente africano.

Il coinvolgimento del sanguinario gruppo Wagner non è però privo di risvolti negativi. E, come sempre, è la popolazione civile a pagare il prezzo più alto. Secondo il ministro degli Esteri francese Jean Yves Le Drian i rapporti tra gruppo Wagner e Mali sembrano di più una “presa in ostaggio che una cooperazione militare. A fine marzo il governo maliano ha rivendicato l’uccisone, con l’aiuto del nuovo partner russo, di 200 jihadisti di al Qaida a Mourrah, ma Amnesty International preferisce parlare piuttosto di una missione assassina che ha causato la morte di 500 persone, tutti civili.

Risvolti e ricollocazioni

Non mancano gli analisti che hanno voluto inserire il passaggio di testimone in Mali tra Francia e Russia in un quadro di relazioni internazionali ben più ampio. La scelta parigina di abbandonare lo Stato africano potrebbe nascondere una sorta di strategia di appeasement, come direbbe Richard Overy, un sostanziale gioco di dare e avere con la Russia nel tentativo di mettere l’Occidente nelle condizioni di avanzare richieste sul fronte ucraino. Il Mali sarebbe in pratica una concessione alla Russia, nella speranza che, una volta allargata la sua influenza in Africa come desidera da anni, Putin si apra a un dialogo più costruttivo con Kiev.

Gli analisti hanno osservato inoltre che, tutto sommato, la perdita sofferta dalla Francia in termini di influenza con l’abbandono del Mali non è nemmeno tanto drammatica e facilmente riequilibrata dallo spostamento delle truppe francesi in Niger. La situazione maliana infatti, tra tentativi di golpe, malcontento e ingerenze russe, stava diventando sempre più ingestibile: molto meglio per tutti (anche per i civili?) che i militari francesi migrino verso il vicino Niger per contrastare l’avanzata di Al-Qaeda, Stato, guarda caso molto, opportunamente ricco di uranio.

Probabilmente i prossimi mesi porteranno a galla questa fitta rete di compromessi ed equilibri: nel frattempo il Mali rischia di piombare, ora come non mai, in dispute civili e disastri umanitari.

 

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