In Fresh troviamo Noa, una ragazza alle prese con le app di incontri stufa di cercare il vero amore e Steve, il principe azzurro che la vuole cotta a puntino.
Chi non ha mai visto un film in cui una coppia si innamora grazie al famoso colpo di fulmine? Se si ha intenzione di guardare Fresh, il nuovo film distribuito da Disney+, ci si deve però dimenticare di tutti questi stereotipi, o quanto meno, si deve essere pronti al fatto che nulla è come sembra. Perché Fresh non è il solito thriller con la femme fatale con la sindrome di Stoccolma che si innamora del suo rapitore: Fresh è una palese critica alla società odierna.
Tra realtà e finzione
La storia inizia in modo più che scontato: Noa (Daisy Edgar-Jones) incontra Steve (Sebastian Stan) nel reparto orto-frutta di un normalissimo supermercato della East Coast. Lui, palesemente interessato, trova una scusa per chiederle il numero. Dopo qualche appuntamento andato liscio, Noa decide di andare con lui in un cottage lontano da tutti per passare qualche giorno con il suo principe azzurro, ma ben presto scoprirà i suoi gusti particolari.
Penso che l’ispirazione derivi semplicemente da esperienze molto reali. Naturalmente quelle del film non sono esperienze reali, ma ci sono molte allegorie e metafore a fatti reali, per cui penso che gran parte dell’ispirazione derivi dalle nostre vite reali. Abbiamo invitato gli attori e le persone a capo del dipartimento di regia a portare le proprie esperienze nel processo di creazione del film, e questa è una grande ispirazione. Per quanto riguarda altri film o altre forme d’arte, alcune sfumature possono ricordare un film, un certo tipo di musica ha ispirato una scena, o i dipinti che si trovano sulle pareti della casa di Steven, c’è un significato dietro ognuno di quei dipinti. Ci sono tante ispirazioni ovunque, e io ho cercato, in qualche modo, di costruire un mondo su più livelli, per quanto riguarda la sensibilità di ogni cosa.
Tra stile e citazioni
L’impronta stilistica della neo-regista cinematografica Mimi Cave è subito riconoscibile in quanto aveva finora realizzato solamente videoclip. Inquadrature vertiginose, zoom, dettagli, riprese dall’alto, carrellate, panoramiche: tutti elementi riconducibili alla cultura visiva musicale. La sceneggiatrice Lauryn Kahn le lascia però carta bianca per creare una pellicola in cui il corpo diventa cardine della vicenda. Ovviamente i rimandi alla storia del cinema sono molteplici, a partire dal celebre dottor Hannibal Lecter dalla saga di Harris, La pelle che abito di Almodovar, ma anche il più recente Titane di Julia Ducuornau, il quale trattava il tema della corporalità legata alle macchine in maniera disturbante e per certi versi paradossale.
Fresh è sì un torture porn, è sì qualcosa di grottesco ed eccentrico, ma rimane spaventosamente riconducibile alla realtà, il che lo fa sembrare ancora più spaventoso di quanto già non sia.
Una delle cose su cui si basa il film è il rapporto tra Noa e Mollie e per fare in modo che determinate cose fossero sgradevoli in modo appropriato, avevamo bisogno di percepire davvero la realtà dell’esperienza di Noa. Per cui, la maggior parte di questo risultato si deve al lavoro con Daisy e Jojo per fare in modo che certe scene fossero realistiche, e che alcune conversazioni risultassero reali fra loro due. Le sue reazioni erano genuine, in un certo senso non sembrano recitate, per cui credo che siano queste le cose che hanno conferito il giusto tono.
Il ribaltamento
Fresh può essere definito come un horror grottesco dalle tinte thriller. La carne è al centro della pellicola in tutte le sue forme: una regia attenta smembra le parti del corpo umano regalando dettagli di mani, occhi, bocche e nasi. Tutto questo per ricordare allo spettatore che si trova davanti a niente meno che un cannibale, la cui specialità è confezionare parti del corpo umano quasi come se fossero dei pacchetti regalo, e mandarli a facoltosi uomini d’affari con fantasie alquanto inquietanti.
I titoli di testa arrivano ben mezz’ora dopo l’inizio, come fossero uno spartiacque che divide il film in due parti ben distinte. La prima è volta a contestualizzare la vicenda dando anche un certo spessore psicologico ai personaggi; la seconda entra nel vivo della vicenda ribaltando la situazione di apparente equilibrio e spensieratezza al quale ormai si era abituato lo spettatore. Se fino a quel momento la storia poteva essere ricondotta ad una commedia romantica, dopo i titoli di testa si capisce che c’è qualcosa che non va.
Quando viene messo a fuoco il tema del film, il titolo acquisisce un significato che altrimenti sarebbe stato inimmaginabile. La stessa Noa diventa carne fresca da scegliere al bancone, da selezionare accuratamente quasi come se fosse uno di quei prodotti alimentari che circondano i due protagonisti al loro primo incontro.
Non solo mascolinità tossica
Il cannibalismo non è visto come una pratica di mero piacere gustativo, quanto l’appropriazione totale della donna, che non è ridotta alla sola penetrazione sessuale, ma viene qui estremizzata alla totale fagocitazione della stessa attraverso la cavità orale. Un’avida e indiscriminata conquista che mira a soddisfare le fantasie malate degli uomini.
“È sempre colpa loro, non è mai colpa nostra” recita Penny, la malcapitata che è rinchiusa insieme a Noa nella casa/macello di Steve. Una denuncia alla mercificazione del corpo femminile che qui viene mostrato come prodotto da selezionare e gustare. Il film però non deve essere lodato come icona del femminismo ed estrema condanna verso una mascolinità tossica. È presente infatti anche un’altra figura femminile che incarna il braccio destro e la moglie — nonché ex prigioniera — di Steve, consapevole di tutto il meccanismo. Un film che non fa distinzioni e che non è da interpretare come semplice atto di accusa verso il genere maschile.
È un modo di dare sé stessi in dono ad un’altra persona. Diventare un tutt’uno.
La villa in cui le ragazze — o meglio, la carne — vengono conservate diventa una prigione dalla quale è impossibile uscire. Ma lo spirito di sopravvivenza spesso riesce a far scaturire piani che mai avremmo elaborato in circostanze ordinarie. Sfruttando l’infatuazione amorosa di Steve, Noa riesce a guadagnarsi numerose cene a lume di candela in cui manipola la mente dell’uomo fino a fargli credere di essere una di loro.
La scena dell’evirazione ricorda quella di Laura Gemser in Le notti erotiche dei morti viventi (1980) e diviene il momento di tensione più alto, in quanto la donna riesce ad impossessarsi di un potere che fino a quel momento le era stato negato. Un ribaltamento della situazione repentino che porterà ad un finale alla Shining con tanto di ascia alla mano in un inseguimento in mezzo al bosco.
Fresh è un film per onnivori insomma, né mai troppo thriller né mai troppo horror, ma che di sicuro vi strapperà dei sorrisi amarognoli.