Il reato di mobbing: che strumenti abbiamo per proteggerci?

Ha fatto discutere il caso della giornalista della Rai obbligata a condividere la stanza con un collega vittima di un problema di salute non molto piacevole all’olfatto dei vicini. Daria Mondini, stando alle sue dichiarazioni, avrebbe subito una vera e propria minaccia («resta lì o non lavori più»), che si aggiungerebbe a una lunga lista di insulti verbali e opposizioni insostenibili. Dopo anni di tensioni, la denuncia. Si tratterebbe insomma di un caso di mobbing.

Che cosa è il “mobbing”?

La parola mobbing deriva dall’inglese to mob (assalire con violenza) ed è stata utilizzata dall’etologo Konrad Lorenz per indicare nel mondo animale la condotta violenta tra individui della stessa specie. Nel suo significato comune, invece, il termine è stato impiegato per la prima volta dallo psicologo tedesco Heinz Leymann per definire una serie di condotte aggressive nei confronti di un lavoratore, messe in atto da un datore di lavoro o da colleghi con cariche “superiori”. L’obiettivo di questo comportamento, come nel caso della giornalista Rai, potrebbe essere quello di isolare progressivamente la vittima in modo da denigrarla e renderla bersaglio di diffamazione. In casi estremi, esso sfocia anche in violenze fisiche o sessuali.

Quante persone sono coinvolte?

Sulla base dei monitoraggi dell’Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro) in Italia le vittime di mobbing sarebbero circa un milione e mezzo. Si tratta ancora di una stima, perché il fenomeno resta in larga parte sommerso e di difficile denuncia. Non è facile denunciare alle autorità il proprio datore di lavoro, soprattutto quando esiste il rischio (o la minaccia) di essere licenziati; perciò non stupisce che il numero rilevato sia solo la punta dell’iceberg. Secondo le stime sarebbe circa quattro occupati su cento i “mobbizzati”, contro la media europea che si attesta intorno all’otto per cento (pari a dodici milioni circa di vittime).

Quello che colpisce dalle analisi dell’Ispesl è che le vittime non sarebbero vessate solo dai propri datori di lavoro, o da superiori, ma anche dai propri pari. Inoltre, i luoghi più tossici sarebbero gli uffici pubblici.

Esiste in Italia una normativa contro il mobbing?

In Italia non esiste una legge dedicata al fenomeno del mobbing, cui non corrisponde uno specifico reato vigente. Tuttavia, esistono diversi strumenti che l’ordinamento offre come appiglio alle vittime. Tra questi ricordiamo diversi articoli tratti dalla Costituzione:

  • Il numero 1, che afferma il valore centrale e primario della persona umana;
  • Il numero 2, che sancisce il principio di uguaglianza tra i cittadini;
  • Il numero 4, che riconosce il diritto al lavoro per tutti;
  • Il numero 32, che individua la salute come diritto dell’individuo e interesse per la collettività;
  • Il numero 35, secondo cui è dovere della Repubblica tutelare il lavoro in tutte le sue forme;
  • Il numero 41, secondo cui l’iniziativa economica privata non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale;

Inoltre, il lavoratore trova tutela anche in altre normative tratte dal Codice civile, dallo Statuto dei lavoratori, dal Codice delle pari opportunità tra uomo e donna e dal Testo unico per la sicurezza sul lavoro.

Il mobbing può essere reato?

Poiché in Italia non esiste una legislazione di riferimento, il fenomeno del mobbing non può essere considerato reato. Tuttavia, se il fenomeno assume risvolti particolarmente spiacevoli, sfociando nella violenza fisica o verbale, alcuni atteggiamenti potrebbero rientrare tra i comportamenti criminosi previsti dal Codice penale. Sono infatti considerati reati i maltrattamenti contro familiari e conviventi; violenza privata o lesioni personali; minacce; abuso d’ufficio; violenza sessuale; disturbo alle persone e molestie.

E all’estero?

Come detto in precedenza, si stima che in Europa le persone vittime di mobbing siano circa dodici milioni. L’incidenza più alta si verifica in Finlandia con il quindici per cento, seguono il Regno Unito e i Paesi Bassi con il quattordici per cento. Per quanto riguarda la legislazione, fuori dallo stivale la situazione sembra essere molto diversificata. In Francia la prima legge sul mobbing è stata approvata nel 2000, mentre in Svezia addirittura nel 1993. Anche la Spagna presenta un provvedimento che si propone di limitare i rischi dei lavoratori, prevedendo tra gli obblighi del datore di lavoro anche la prevenzione del mobbing. In Belgio, invece, oltre a una norma del 2002 esiste un’apposita commissione, istituita tra i servizi pubblici, per offrire assistenza alle vittime di mobbing.

L’Italia non è l’unica ad essere rimasta indietro sulla questione e anche Germania, Gran Bretagna e Austria, al momento, mancano di una normativa di riferimento. Ovviamente esistono delle normative per limitare fenomeni simili ma manca una legge specifica.

Mobbing scolastico

Nonostante l’ambito lavorativo sia quello dove i comportamenti tipici del mobbing hanno maggiore incidenza, è possibile che questo atteggiamento assuma rilevanza anche in altri contesti, come quello famigliare e quello scolastico.

Per “mobbing scolastico” si intende l’insieme di atteggiamenti persecutori volti a denigrare, emarginare o umiliare un membro del gruppo classe. Esistono diverse forme di mobbing: può trattarsi di una manifestazione da parte di un altro allievo, di una serie di allievi o di un insegnante. Il mobbing scolastico non va confuso con fenomeni di bullismo, che solitamente riguardano vicende relative a un gruppo di studenti organizzato. Non è semplice risolvere una simile situazione a livello legale, perché nella maggior parte dei casi, se riguarda dinamiche tra scolari, coinvolge dei minorenni.

Mobbing famigliare

Per mobbing famigliare si intende invece una forma di violenza verbale o psicologica che si verifica tra membri di uno stesso nucleo famigliare, subentrando nel rapporto tra partner o tra genitori e figli. I comportamenti adottati variano a seconda della quantità di stress che il mobber trasferisce sulla vittima e spesso lo scontro tra partner sfocia nella separazione. Non è sempre facile identificare con esattezza il fenomeno perché non sempre sfocia in una violenza fisica o raggiunge la soglia dei reati disciplinati dalla legge. Nel complesso esso procura dei danni di una certa gravità sulla salute mentale e fisica della vittima, causandole perdita di autostima, umiliazione e spingendola anche a compiere gesti estremi.

Strumenti per combattere il mobbing

I danni del mobbing possono essere diversi e in alcuni casi possono arrivare a intaccare la salute mentale della vittima. Per combattere il mobbing non è necessario prendere decisioni drastiche come il licenziamento, ma esistono anche altri modi per risolvere la situazione. In Italia, ad esempio, ci si può appellare a un legale o a un organo di tutela del lavoratore. Considerato l’obbligo di protezione dell’incolumità del lavoratore, una prima possibilità da prendere in considerazione è quella di appellarsi all’articolo 2087 del codice civile, che sancisce l’obbligo del datore di proteggere l’incolumità fisica dei propri dipendenti. Altrimenti, nel caso in cui l’atteggiamento di mobbing persista, il lavoratore ha diritto a rifiutare la propria prestazione lavorativa. Un rimedio ancora più radicale è quello delle dimissioni per giusta causa. In presenza di alcuni requisiti, il lavoratore dimissionario perché vittima di mobbing potrà accedere all’indennità di disoccupazione.

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