Gli artisti e la guerra

Il fenomeno più controverso e difficile da spiegare dell’agire umano è senz’altro la guerra. Da migliaia e migliaia di secoli gli uomini si uccidono a vicenda, con o senza validi motivi. Si può dire che la tendenza alla guerra fa parte della natura umana. Data l’impossibilità di una assoluta compatibilità fra tutti gli individui, l’uomo ha sempre ritenuto più efficace eliminare i nemici per risolvere i problemi. Ma spesso, non si tratta soltanto di necessità, ma è una ricerca della distruzione. Le guerre infatti sono eventi straordinari, estremi che, nonostante le implicazioni mortali, hanno suscitato un grande fascino. Il desiderio di gloria, la difesa della propria identità e il brivido della morte sono gli elementi che spingono gli uomini al conflitto. Pertanto le guerre sono eventi estremamente complessi; così complessi da aver bisogno di narratori e interpreti: i letterati.

Togli il sangue dalle vene e versaci dell’acqua al suo posto: allora sì che non ci saranno più guerre.”

Lev Tolstoj

Artisti in guerra

Gli artisti hanno sempre raccontato le guerre attraverso le loro opere, affinché rimangano impresse nella storia umana. Ma spesso, non si sono limitati solamente alla narrazione del conflitto. In alcuni casi, gli stessi artisti si sono offerti alla guerra, sposando una causa che rispecchiasse i loro ideali.

Il caso esemplare è la prima guerra mondiale che accolse un grande afflusso di artisti tra i partecipanti al conflitto. Questo fu dovuto in gran parte all’ideologia maturata agli inizi del Novecento. Diversi movimenti artistici e culturali promuovevano sempre di più un’ideologia ribelle, promotrice di rottura con la tradizione. E a causa della cultura razzista e classista del periodo, si andava formando sempre più l’idea della necessità della guerra. Il conflitto veniva concepito come un evento liberatorio, purificatore, in grado di eliminare le impurità dell’umanità, per dar avvio a un nuovo inizio. A questa concezione, si aggiungeva il fascino della grande guerra: l’azione, la grandezza, la gloria dei grandi conflitti, attecchivano sulla coscienza popolare. Così non solo si accettava la guerra, ma veniva inneggiata ed esaltata, in particolare dagli artisti.

Allo scoppio della guerra, molti artisti che avevano promosso il conflitto, partirono per aiutare l’esercito della propria nazione. Fra i più illustri ricordiamo D’Annunzio, determinante durante il periodo d’incertezza dell’Italia in merito all’entrata in guerra: il maggio radioso. In questo periodo il poeta, grazie alla sua seducente retorica esposta nelle piazze, fomentò l’eccitazione per la guerra nella folla. Grazie a questo fervore generale, l’Italia entrò in guerra. Lo stesso D’Annunzio partì per il fronte, volenteroso di diventare un eroe di guerra. Una fama che era ostinato ad ottenere, tant’è che persino in seguito alla fine della guerra, il poeta guidò l’impresa di Fiume. D’Annunzio incarnava l’ideale dell’epoca del superuomo, ovvero il desiderio di riaffermare la propria forza davanti al caos del mondo. 

Un romanticismo deluso

Coloro che presero volontariamente le armi e partirono per il fronte erano animati da un forte spirito bellico. La guerra era fonte di gioia e trepidazione, attirando la partecipazione di tutti i gruppi sociali. Inoltre, il conflitto era rappresentato come avvolto da un’aura di sacralità, il tempio dell’onore, dove si combatteva fino alla morte per la giustizia. Infatti, alla guerra si attribuivano nobili ideali, soprattutto il patriottismo, quindi difendere la nazione dal nemico usurpatore, identificato come il male assoluto. Fu determinante il ruolo degli artisti nel diffondere l’entusiasmo per il conflitto, giustificandola davanti alla popolazione. 

Spinti da questi ideali, milioni di giovani si arruolarono. Ma presto i veri aspetti della guerra si scoprirono, deludendo le aspettative romantiche dei giovani e degli artisti. Caso emblematico è quello dei War Poets: un gruppo di giovani poeti che partirono entusiasti, ma che presto soffrirono le atrocità del conflitto. Vivendo questa disillusione, i poeti si impegnarono a descrivere le brutalità che vissero denunciandole alla società, in modo da svelare il lato oscuro della guerra. La denuncia ricadeva in particolar modo sulla condizione precaria dei soldati, costantemente esposti al rischio di morte senza alcuna tutela, come carne da macello.

Altri celebri scrittori che maturarono il loro pensiero partecipando alle guerre furono Hemingway e Ungaretti. Lo scrittore americano partecipò a tutti e tre i più grandi e disastrosi conflitti della storia umana: prima e seconda guerra mondiale, e la guerra civile spagnola. Nonostante Hemingway partecipò motivato da nobili ideali, presto si accorse del vero volto della guerra. Attraverso il racconto delle sue esperienze, come nel celebre libro Addio alle armi, Hemingway diffonde la propria condanna della guerra. Allo stesso modo Ungaretti, durante l’esperienza della seconda guerra mondiale, scrisse alcune delle sue più celebri poesie, fra tutte Soldati. 

“Mai pensare che la guerra, non importa quanto necessaria, non importa quanto sia giustificata, non sia un crimine. Scrissero un tempo che è dolce e meritevole morire per la patria. Ma in una guerra moderna non c’è niente di dolce né di meritevole nella tua morte.”

 

Testimonianze dall’inferno

Gli artisti svolsero un ruolo fondamentale per la narrazione e la denuncia della brutalità e assurdità della guerra. Che fossero al fronte o nelle città, si operarono al fine di condannare la catastrofe in atto. Ma i portavoce della vita di guerra non erano per forza artisti. Molti dei testimoni furono persone semplici che, volenti o nolenti, si ritrovarono nel fulcro della guerra. Durante o una volta terminata la guerra, questi testimoni decisero di testimoniare quel che stavano vivendo in modo da diffonderlo alla collettività

Di particolare rilevanza sono quelle opere frutto della testimonianza di coloro che patirono le atrocità più disumane, come durante la seconda guerra mondiale. Il più grande crimine contro l’umanità è ben documentato da molti scritti, da parte di vari testimoni che vissero l’orrore dei campi di concentramento e le persecuzioni da parte dei nazisti. L’esempio più famoso è Il diario di Anna Frank, l’opera simbolo della testimonianza della guerra. La giovane ragazza ebrea documenta nel suo diario i terribili momenti della sua vita nascosta, per fuggire i nazisti. Quest’opera è di gran efficace nel ricreare la condizione surreale e spaventosa in cui vivevano le vittime della guerra; un’opera di grande importanza in quanto racchiude la tragicità di un evento che ha segnato la storia umana. Un’opera analoga e con la stessa funzione è Se questo è un uomo di Primo Levi. 

Non solo vi sono memorie sull’Olocausto, ma esistono varie testimonianze su tutte le più grandi atrocità commesse duranti i conflitti bellici. La volontà di spargere la voce, di difendere la verità, ha permesso di fare luce sui periodi più bui dell’umanità. Il ruolo degli artisti è fondamentale, in quanti i principali comunicatori di messaggi universali. In questo modo, di fronte alla crudeltà umana, è possibile acquisire una consapevolezza in merito agli errori da evitare. La storia è maestra di vita: anche se spesso gli insegnamenti non vengono recepiti, i fatti si ripetono perentori. 

“Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra.”

                                  Ci sono cose da fare ogni giorno, Gianni Rodari

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.