Critiche al linguaggio astruso: dai sofisti alla psicobanalisi

Della grottesca ma acuta satira messa in scena ne I cavalieri (Ἱππῆς il titolo originale) di Aristofane e delle similitudini fra la malata democrazia Ateniese dell’epoca, in balia di demagoghi e aizza-popolo, e la nostra attuale situazione politica non è il caso di parlare in questa sede. Parleremo piuttosto del linguaggio degli intellettuali, antichi e non, e delle critiche satirizzanti a loro rivolte; in particolare ci soffermeremo su certi sofismi e certe desinenze stravaganti, in voga già nell’antica Grecia e visibili ancora oggi sia nel ricorso ad antiche e grecizzanti desinenze, sia nel celeberrimo latinorum.

I sofisti filosofano a pagamento

Che i sofisti non stessero simpatici a molti filosofi e intellettuali dell’epoca è un dato di fatto, non è un caso che “sofisma” significhi “Tipo di ragionamento logicamente corretto in apparenza ma che, in realtà, porta a conclusioni false o assurde” (dizionari.corriere.it). A partire da Platone, interessato soprattutto a demarcare il confine fra questi ultimi e il suo maestro Socrate, i sofisti passarono agli annali come le pecore nere delle filosofia antica. Confine che evidentemente non era così chiaro ad altri suoi contemporanei, come possiamo vedere in Le nuvole di Aristofane dove Socrate viene accomunato ai sofisti e criticato con essi.

Fra le tante cose che venivano imputate ai sofisti, fra cui l’affermare di poter insegnare la virtù, vi era l’insegnamento a pagamento. Effettivamente i sofisti erano dei professionisti che svolgevano il loro insegnamento a pagamento presso gli aspiranti politici della città, ovvero i giovani rampolli delle classi sociali benestanti. Non solo Platone critica questa pratica, ma anche Senofonte (altro allievo e amico di Socrate) che scrive: “Perché una persona che vende la bellezza per denaro a chiunque, la gente la chiama bagascia. […] Nella stessa maniera quelli che per denaro a chiunque vendono la sapienza, la gente li chiama sofisti, quasi bagasce.

I sofisti non erano poi esenti da critiche di carattere retorico, sia perché insegnavano tramite la retorica a convincere gli ascoltatori di ogni opinione, giusta o sbagliata che fosse, sia per la loro parlata che doveva talvolta risultare forzatamente colta, al limite del ridicolo. L’immagine che molti contemporanei dovevano avere di essi era quindi quella di intellettuali perditempo, dal linguaggio pretenzioso, che pensavano di poter insegnare a tutti, interessati più ai soldi che alla filosofia o alla virtù in sé e che spesso se ne uscivano con conclusioni assurde supportate solo da giochi retorici. Per spezzare una lancia a favore dei sofisti si può far notare che col tempo, soprattutto taluni come Gorgia o Protagora, sono stati rivalutati all’interno della storia della filosofia.

I cavalieri e la critica al linguaggio

Ai sofisti (e forse anche a Socrate) fu molto caro il suffisso -ikos (sopravvissuto in molte lingue moderne), usato per “dare una definizione scientifica:ikos esprime una componente dinamico-disposizionale, assumendo una funzione modale” (Centrone 2015, 25). Dunque l’aggiunta di tale suffisso ad una parola forma un aggettivo che indica chi o ciò che possiede la capacità in questione, allora chi possiede la capacità di governare verrà definito archikòs e chi possiede quella di parlare bene sarà detto dialektikòs. A quanto pare però i loro contemporanei avvertivano l’utilizzo di queste desinenze all’interno del linguaggio dei sofisti come spropositato e forzato; ce ne dà testimonianza Aristofane ne I cavalieri dove il Popolo e il Salsicciaio prendono in giro questa moda sofista.

Popolo — Parlo proprio di questi giovincelli, che se la passano nelle
profumerie, e se ne stanno seduti a cianciar roba di questo genere: « Bravo quel
Feace, e come abilmente sfuggì alla morte! Ma è sintetico e dialettico e
sentenziatico e chiaro e conturbatico e bloccatico ottimamente di ogni
tumultuatico
Salsicciaio — Anche tu tastatico di tal ciarletico?

Subito dopo il popolo propone un rimedio alle tendenze sofiste che a noi potrebbe sembrare quantomeno peculiare, ma che propone anche Senofonte nel Cinegetico, ovvero la caccia.

Popolo — Ma, per Zeus, saprò costringere io tutti questi ad
andare a caccia e a smetterla con i decreti. (traduzione di R. Cantarella)

Crozza e la critica la linguaggio di Recalcati

C’è una correlazione fra i sofisti di Aristofane e la psicobanalisi di Crozza, una similitudine sia nell’idea che le riflessioni di coloro che vengono canzonati siano più formali che contenutistiche, sia nella più specifica critica linguistica: infatti Recalcati, lo psicoanalista parodiato da Crozza, proprio come i sofisti, abusa del suffisso -ico. Oltre a ciò, il comico ligure prende in giro lo psicoanalista per la sua dialettica autoreferenziale, spesso priva di contenuto, per l’atteggiamento tronfio e per la tendenza, come nel classico stereotipo dello psicologo, a ricondurre tutto al sesso.

http://https://youtu.be/3SZ2PHTVy6M

Stupisce che lo psicobanalista, ispirato dall’opera di Lacan, il quale “subito dopo l’imbrunire diceva sempre ‘Buonasera’” (www.youtube.com), venga preso in giro da Crozza, non solo per lo stesso atteggiamento che Aristofane imputava ai sofisti, ma addirittura per la stessa desinenza. In più di duemila anni, insomma, sembra che sia cambiato ben poco.

Il latinorum ieri e oggi

Bisogna infine distinguere fra il linguaggio specialistico e le forzature pseudo-intellettuali: l’uno è fondamentale per lo sviluppo di una materia, le altre sono fastidiose e futili. Vedasi per esempio la filosofia, per essa, tutt’ora grande debitrice del vocabolario greco, non sarebbe semplicemente possibile raggiungere certi livelli di precisioni e complessità senza un vocabolario specialistico adeguato, e questo vocabolario lo dobbiamo anche ai tanto canzonati sofisti e alla loro inventiva linguistica.

Però se da un lato la specializzazione è necessaria allo sviluppo di una materia, dall’altro l’utilizzo scorretto, smodato e decontestualizzato di un linguaggio più o meno forbito e specialistico assume spesso dei connotati onanistici o tendenti al latinorum. Sono molte le figure più o meno intellettuali che animano i salotti televisivi italiani e molti di questi fanno ampio utilizzo del latinorum: sia utilizzando desinenze greche in maniera massiva come lo psicobanalista di cui prima (una sorta di grecorum potremmo dire), sia ricorrendo a delle formule magiche, riproposte e ripetute come un mantra e con ossessione quasi scaramantica. A proposito di quest’ultima categoria citiamo il “liberismo turbo-capitalista” o l'”aristocrazia finanziaria apolide, sradicata, post-borghese e ultracapitalistica” di un filosofo che fa venir nostalgia dei sofisti di Aristofane, anche di lui è stata fatta un’eccellente parodia.

Fortunatamente ci sono anche i comici che, con la loro satira, sanno mettere alla berlina le idiosincrasie e le contraddizioni varie di questo genere di intellettuali. D’altronde, se spetta agli intellettuali criticare i costumi, la società, i potenti e la politica, chi criticherà gli intellettuali? Chi critica i critici? Sed quis custodiet ipsos custodes? I comici, armati di satira fino ai denti.

FONTI:

http://copioni.corrierespettacolo.it

books.google.it

nubicuculia.wordpress.com

www.einaudiblog.it

B. Centrone, 2015. Prima lezione di filosofia antica, Bari, Editori Laterza.

CREDITI:

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