Il principio dell’adikia amorosa in letteratura

L’amore è da sempre uno dei temi che maggiormente ha ispirato la letteratura, l’arte e la musica. In particolare l’amore non corrisposto – o finito tragicamente – sembra esser stato al centro delle più grandi produzioni letterarie, a partire da autori classici come Saffo e Dante per arrivare a quelli contemporanei come André Aciman.

A essere particolarmente complesso, e quindi affascinante, è uno specifico aspetto dell’amore non ricambiato: l’ingiustizia che si commette nel non amare a propria volta. È questo il principio dell’adikia amorosa.

Saffo e la Grecia arcaica

Il tema dell’adikia – αδικία in greco – amorosa sembra avere origine nella Grecia arcaica. È infatti uno dei principi cardine dell’etica arcaica di cui i poeti lirici sono i principali testimoni. La più celebre di tutti, Saffo, vissuta circa tra il 630 a.C. e 570 a.C, ha lasciato una delle liriche più belle e delicate che possediamo, l’Inno ad Afrodite. In questa ode Saffo, lamentandosi di un amore non corrisposto che le reca una grande sofferenza, invoca Afrodite, la dea dell’amore e della bellezza, affinché la liberi dai suoi affanni e dalle sue ansie.
Di grande rilevanza sono i versi in cui Afrodite si rivolge alla poetessa:

[…]«Chi di nuovo debbo indurmi
a ricondurre al tuo amore? Chi,
o Saffo, ti fa torto (ἀδικήει)?

perché se fugge presto inseguirà,
se doni non accetta anzi donerà,
se non ama presto amerà
pur contro il suo volere».

(traduzione di Franco Ferrari)

L’ingiustizia, o torto, citata da Afrodite fa riferimento al rifiuto di ricambiare l’amore; nell’etica di Saffo, infatti, non è possibile non corrispondere il sentimento amoroso, ed è la dea stessa a esplicitarlo nei versi seguenti: nonostante ora l’amata sembra sottrarsi a Saffo, presto sarà costretta ad amarla a sua volta, anche se controvoglia. L’amore deve essere ricambiato: la persona che non lo ricambia fa un’offesa a Saffo e alla stessa Afrodite. È un principio di reciprocità che non si può eludere e che non tiene conto della volontà del singolo.

Il tiaso di Saffo

Afrodite, infatti, è garante stessa di giustizia e violarla equivarrebbe a fare un torto alla dea stessa. É opportuno ricordare che Saffo operava all’interno del tiaso, un’associazione religiosa rivolta ad Afrodite, nella quale si dedicava in prima persona all’istruzione delle giovani ragazze all’amore e alla vita coniugale. L’amore nel tiaso aveva dunque delle precise norme, divieti e uno spiccato valore paideutico. Nel momento in cui una ragazza rifiutava l’amore che Saffo le offriva, commetteva adikia nei confronti della stessa Afrodite: l’inno, quindi, aveva una precisa funzione religiosa ed educativa all’interno del tiaso, perché serviva ad ammonire le ragazze a non sottrarsi al volere della dea e alla legge amorosa.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona

Questa norma di irrecusabilità dell’amore diventa un principio cardine per tutto l’Occidente, attraversando l’antichità e il Medioevo per giungere fino a Dante Alighieri. Il canto V della Commedia è uno dei più celebri e affascinanti di tutta l’opera, e contiene il verso che, in seguito, è diventato il sigillo del principio dell’adikia amorosa:

Amor, ch’a nullo amato amar perdona
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Sono le parole che Francesca da Rimini rivolge a Dante dopo aver raccontato la relazione clandestina con Paolo: dopo essere stati scoperti vengono entrambi uccisi dal marito di lei, il fratello di Paolo, e si trovano insieme all’Inferno nello spazio dedicato ai lussuriosi, dove le anime dei dannati vengono percosse in una perenne tempesta di vento. Come in molti altri momenti dell’Inferno dantesco, la pena rappresenta un contrappasso: il vento che percuote le anime dei lussuriosi simboleggia la loro assenza di razionalità, contegno e il totale abbandono alla sensualità e agli istinti. I dannati sono divisi fra loro in base alla tipologia di amore che hanno condotto in vita: tra tutti, ad attirare l’attenzione di Dante è la schiera di coloro che sono morti per amore, in particolare le anime di Paolo e Francesca, che a differenza di tutti gli altri fronteggiano la tempesta restando abbracciati. Due figure che fin da subito spiccano per eccezionalità e che rimarranno tra le più note di tutta la tradizione della Commedia, soprattutto grazie alle parole di Francesca che veicolano al mondo occidentale la concezione della giustizia d’amore e della sua inesorabile fatalità. Il senso delle sue parole è infatti: ad Amore – personificato – non si può sfuggire, in quanto egli non perdona, a chiunque sia amato, di non amare a sua volta.

Un esempio contemporaneo: Chiamami col tuo nome

Scritto dallo scrittore statunitense André Aciman, Chiamami col tuo nome è un romanzo pubblicato nel 2007, e dal quale dieci anni dopo Luca Guadagnino ha tratto il celebre film con protagonisti Armie Hammer e Timothée Chalamet. Ambientato in Italia negli anni Ottanta, racconta la storia d’amore tra il diciassettenne Elio e il ventiquattrenne americano Oliver, giunto in Italia per lavorare a un saggio sul filosofo greco Eraclito. Elio si innamora di lui immediatamente, e per gran parte del romanzo si limita a osservarlo da lontano, attendendo che la legge inesorabile di Eros faccia il suo lavoro. Spaventato da un possibile rifiuto, Elio si rifugia nella convinzione che, se sarà paziente e devoto, il suo amore troverà immediatamente una corrispondenza, rendendosi però conto, allo stesso tempo, che questo è un semplice stratagemma per impedire a se stesso di rischiare di soffrire.
Nel flusso di pensieri e considerazioni che popolano il romanzo, Elio si sofferma sulla sua incapacità di agire nei confronti di Oliver e dei sentimenti che prova per lui e rievoca il principio della giustizia amorosa, esplicitato dai versi danteschi:

Da qualche parte esiste una legge secondo cui se una persona si innamora di un’altra, questa deve ricambiare per forza. Amor, ch’a nullo amato amar perdona, le parole di Francesca nell’Inferno. Aspetta e sii fiducioso. Io ero fiducioso, anche se forse era questo ciò che avevo sempre voluto: aspettare in eterno.

 

FONTI

Bruno Gentili, Poesia e pubblico nella Grecia antica, Feltrinelli, 2017

Progettobabele.it

Circololettori.it

Sappho.education

Sololibri.net

Libreriamo.it

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