Pillola rossa, una verità alla fragola
Le aspettative sul genere “producono delle gabbie che imprigionano la libera espressione delle singolarità, e queste gabbie rivelano sempre più la loro forza anche nell’imprigionare la vita degli uomini”[1], i maschi.
È il patriarcato: nascere maschi è un privilegio pieno di aspettative. È il tardo capitalismo in piena digestione pandemica, i rapporti sociali tra gli individui si sono indeboliti per estendersi sul web e la giovinezza è un covo di disagi adattativi che rischiano di estendersi nella vita digitale. Quando gli automatismi machisti si frantumano sotto l’impetuosa e capillare critica femminista, per decostruire strutture di potere e dinamiche tossiche tra i soggetti, accade che la condizione etero-maschile venga percepita come una condanna alla solitudine.
Quello che coinvolge le comunità maschili RedPill (teorici del rapporto uomo donna), Incel (celibi/vergini involontari), Manosphera (uomini che odiano espressamente le donne) è un fenomeno complesso e delicato: la condizione dell’essere umano postmoderno sprofonda in una zona ancor più alienata quando anche le categorie di genere perdono consistenza. Sul web si individua una fitta costellazione di luoghi brulicanti di idee sessiste: dal copioso blog del Redpillatore, alla moltitudine dei forum dei brutti, Incel, fino agli echi dei post memetici nei timpani dei social network, ricchi di opinioni redpillate.
In questi luoghi di confronto i membri sono uomini e ragazzi, tra i 15 e i 40 anni, che con la loro “visione politicamente scorretta dei rapporti uomo-donna” intendono lamentare i disagi della propria condizione svantaggiata. Sono privi cioè di quei requisiti minimi che occorrono per occupare un posto nella società: bellezza, soldi, status. Ergo, reagiscono con la consapevolezza cinica, la pillola rossa, che benefici e privilegi del mercato sessuale appartengono “alle donne e a una fetta ristretta di uomini”. “È triste” scrive il filosofo femminista Lorenzo Gasparini “che ancora milioni di uomini pensino che il privilegio sia essere donna, perché ‘hai quella cosa che vogliono tutti’ ”.
La libera espressione che caratterizza la postmodernità porta alla luce le esigenze di una nuova (e inedita) minoranza culturale.
Un disagio reale
Oltre l’analisi teorica del binarismo, questo disagio di genere è inserito in una condizione individuale più ampia. La iper-digitalizzazione, favorita dalle restrizioni pandemiche, ha acuito i problemi sociali e minato i percorsi di realizzazione personale e di autostima. A molti ragazzi e ragazze non resta che liberare sé stessi su internet, un luogo che a livello simbolico è percepito come sicuro e familiare. Si è interessato a questa fenomeno Marco Crepaldi, che ha acquisito notorietà come psicologo e fondatore di Hikikomori Italia, l’associazione nazionale che si occupa di isolamento sociale giovanile. In una intervista per Breaking Italy l’autore ha espresso la propria opinione in merito alle pressioni sociali relative al genere, in particolare quello maschile. La crisi non è solo dei rapporti uomo-donna ma si estende oltre il genere e l’età.
Marco Crepaldi, nel tentativo di contestualizzare le teorie Redpill e le esigenze Incel, ha espresso posizioni ambivalenti nei confronti del movimento femminista: mettere in luce i problemi dei maschi è altresì importante, quanto meno nella prospettiva di scardinare anche la gabbia di genere in cui la società imprigiona la sensibilità maschile. L’obiettivo è scardinare gli automatismi della repressione emotiva, del machismo, e della competizione. Nel dibattito mediatico compare poco questa urgenza: anche il maschio deve metabolizzare i suoi disagi, se non altro per decostruire e ricostruire sé stesso.
La retorica RedPill
Poiché la visione redpillata è capace di “analizzare le relazioni sociali oggettivamente, valutandole obiettivamente per come sono” è interessante sondare la composizione di queste valutazioni per comprendere i pattern culturali da cui derivano. La Redpill Theory si sviluppa su alcuni forum americani nei primi anni 2000 paventando la rivelazione di una “scomoda verità“ riguardo rapporti uomo-donna – il nome insiste sulla metafora della pillola rossa di Matrix.
Nel 2016 la RedPill arriva in Italia e si condensa nell’esteso blog del Redpillatore, uno spazio collettivo con un io narrativo importante che non si risparmia excursus e approfondimenti. La sintassi ha un ritmo argomentativo frizzante che mescola gergo sociologico e slang memetico, costruendo così argomentazioni “sulla base di evidenze scientifiche”. I termini in cui sono descritti i rapporti uomo-donna sono presi in prestito dalle sfere semantiche del lavoro salariato e della biologia evoluzionista. Come per “i nostri antenati preistorici” sopravvivenza e riproduzione muovono i comportamenti sociali: anzitutto, l’istinto sessuale.
L’atto sessuale è una ambizione, una piazza: nel mercato sessuale a muovere i comportamenti è la competizione per le risorse. Sopravvive solo chi possiede status socioeconomico e bellezza estetica. In un articolo utile a “massimizzare le proprie possibilità” con le donne, il rapporto fra i sessi è espresso essenzialmente in termini economici, la donna non è agente ma merce, “ha un potere sessuale mediamente superiore all’uomo, perché nel mercato sessuale sta dalla parte dell’offerta e possiede un bene per il quale c’è notevole domanda” proprio come “in tutte le specie di mammiferi”.
La soggettività femminile viene ridotta alla sua capacità riproduttiva. In virtù della differenza biologica “la donna punta alla qualità (ipergamia), mentre l’uomo alla quantità (poligamia)”, per questo il matrimonio viene interpretato come uno stratagemma del passato utile a garantire a ogni uomo (almeno) una donna. Mentre “La rivoluzione sessuale, eliminando il vincolo della monogamia e sdoganando la promiscuità, ha riportato le relazioni fra uomini e donne alla loro natura primitiva”. Il sesso non è intimità ma accoppiamento. Incel e Redpillati lo reclamano come un bene negato.
Avere rapporti sessuali significa accedere a un bene di consumo – un bene da consumare! – a cui si concorre con i mezzi economici e sociali di cui si dispone. È la retorica del successo: fare sesso è la ricompensa di uno sforzo. Il sesso non è intimità ma una prestazione.
Un corso online per diventare maschi
Alla teoria segue la pratica. Non è raro per un maschio (o tale riconosciuto dalla profilazione dei cookies) incontrare sul web una delle inserzioni della Play Lover Accademy, azienda italiana fondata da Christian Pozza e Steve Master che fornisce “i metodi di seduzione che hanno già condotto migliaia di uomini – anche disoccupati e senza un filo di addominali – alla donna dei propri sogni”.
Oltre a nutrire dubbi sull’efficienza di questi metodi – il cui listino prezzi può superare le tre cifre – verrebbe piuttosto da chiedersi quali pregiudizi culturali sono reiterati e soprattutto a quale target maschile è rivolta: poiché si tratta di aziende che offrono un servizio specifico, a quanto ammonta la domanda? La risposta sarebbe indicativa per analizzare le dimensioni del disagio sociale che cerchiamo di tratteggiare, un disagio maschile che rischia di inabissarsi ancora se ignorato o sminuito. La mascolinità tossica, lontanissima dalla comunicazione sincera e trasparente, continua ad accartocciarsi in una goffa performance. Scrive Rebecca Solnit sul Guardian:
Gli Incel sembrano pensare che il problema sia l’assenza di sesso, quando in realtà ciò che gli manca è l’empatia e la compassione e l’immaginazione che accompagna la capacità di farlo. Questo è qualcosa che i soldi e il capitalismo non insegnano, possono farlo le persone che ami.
Pillola rosa
I. Biemmi e s. Leonelli, Gabbie di genere: Retaggi sessisti e scelte formative, Rosenberg & Sellier, Torino, 2016
S. Ciccone, Maschi in crisi? Oltre la frustrazione e il rancore, Rosenberg & Sellier, Torino 2019
L. Gasparrini, Perchè il femminismo serve anche agli uomini, Eris Edizioni, 2020
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