L’intelligenza artificiale (IA) è un campo di ricerca oggi in forte espansione. Si applica in numerosi e vari campi, dall’industria alla medicina. È una disciplina molto dibattuta tra scienziati e filosofi: manifesta aspetti etici, teorici e pratici.
IA e medicina
L’IA consiste nello sviluppo di programmi hardware e software che permettono di dotare macchine artificiali di caratteristiche generalmente considerate umane. Questo ramo dell’informatica è arrivato a colonizzare diversi aspetti della vita umana, tra cui la medicina. Operazioni assistite, protesi intelligenti, monitoraggio remoto dei pazienti, trattamenti personalizzati grazie all’incrocio dei dati: le applicazioni sono varie e numerose.
L’Institut National de la Santé et de la Recherche Médicale (l’istituto nazionale francese per la ricerca sulla salute e la medicina, ndr) individua sei principali campi di applicazione dell’IA in campo medico: la medicina predittiva (previsione di una malattia e della sua evoluzione), la medicina di precisione (raccomandazione di un trattamento medico personalizzato), i robot-compagni (per le persone anziane o fragili), la chirurgia assistita grazie all’utilizzo di computer, la prevenzione (anticipazione di un’epidemia, farmacovigilanza) e l’aiuto alla decisione (diagnostica e terapeutica). In ambito diagnostico, l’introduzione dell’IA ha decretato un enorme cambiamento. In cosa consiste questo cambiamento? Come evolvono il ruolo del medico e il suo rapporto con il paziente? Quali sono i lati positivi e negativi dell’applicazione dell’IA?
IA e diagnosi medica
In ambito diagnostico, l’Intelligenza artificiale ha sempre maggiore spazio. Il suo utilizzo ha ricevuto un’ulteriore spinta recentemente, in seguito all’epidemia di Covid-19. È figlia del Coronavirus l’applicazione VoiceMed ONE (realizzata dalla startup Voicemed), che registra da telefono o pc un colpo di tosse e dichiara la positività o negatività al Covid in meno di due minuti.
Numerosi studi hanno dimostrato la grande utilità dell’IA come supporto dei medici e di vari specialisti nel formulare diagnosi più precise, rapide, accurate. La sua precisione, basata sull’utilizzo di algoritmi, e la sua velocità ne hanno decretato l’introduzione al fianco del personale sanitario.
L’Irib del CNR di Messina ha recentemente reso nota una serie di lavori che hanno dimostrato l’utilità dell’IA nella pratica clinica. Uno di questi, pubblicato sulla rivista internazionale «Diagnostics», ha mostrato che gli algoritmi possano eseguire una diagnosi automatizzata alquanto accurata (oltre 90%) di bambini potenzialmente affetti da autismo.
La decisione diagnostica (prima) e terapeutica (poi) è ancora in mano al medico, ma le macchine possono fornire informazioni più dettagliate che permettano di avere un quadro della salute del paziente il più completo possibile. L’utilizzo dell’IA in campo diagnostico comporta un drastico cambiamento nel funzionamento della medicina come è stata fino ad oggi. L’evoluzione modificherà ora (e ancora di più in futuro) soprattutto il ruolo del medico e il rapporto medico-paziente.
Il ruolo del medico
Davanti a macchine efficienti e precise, la paura è quella di veder sparire il ruolo del medico o di vederlo dipendente dalla freddezza degli algoritmi. L’utilizzo dell’IA è già ampiamente presente nei protocolli, per esempio nelle diagnosi istologiche o radiologiche, ed è utilizzato a sostegno del medico. Il suo impiego ha migliorato la sanità, ma è altamente difficile che arrivi a sostituirsi al lavoro umano in questo campo. A questo proposito, «Ansa» riporta le parole del presidente della scuola di Medicina dell’Università di Bari, Loreto Gesualdo, che ha dichiarato:
La macchina non sostituirà il medico perché la medicina è umanesimo e scienza, ma permetterà di dedicare più tempo alla comunicazione medico-paziente che si è persa nel tempo. […] Ora con la medicina affiancata dall’Intelligenza Artificiale e dalla medicina di precisione il medico recupererà il rapporto con il paziente che deve essere visto come persona non come numero.
Il rapporto medico-paziente
Nel rapporto-medico paziente, basato sulla cura e la fiducia, l’aspetto comunicativo è fondamentale. Nel documento del CSS (Consiglio Superiore di Sanità) del 9 Novembre 2021 “I sistemi di intelligenza artificiale come strumento di supporto alla diagnostica“, si legge che un rapporto medico-paziente efficace si fonda su di una comunicazione efficace. Comunicare in campo medico significa che il medico mette il paziente a parte di qualcosa e crea così un rapporto di scambio. È un processo che viaggia su un doppio binario: comprensione (il medico parla con il paziente, che, dall’altra parte, lo ascolta) e spiegazione (la conversazione ha come scopo di far capire la situazione e di indurre un cambiamento nell’interlocutore). Nel rapporto si legge:
Solo un’adeguata attenzione a una delle esigenze fondamentali dell’essere umano, per l’appunto il comunicare, può dunque consentire a tale processo appropriata efficacia e potere curativo […], in quanto diretto ad assicurare la necessaria piena umanità della relazione terapeutica.
Il CSS ha evidenziato quindi diverse difficoltà nel rispetto di questi elementi da parte di un’IA. Il rapporto con il paziente necessita di essere mantenuto a un livello umano, come è necessario mantenere il diritto del malato al consenso. Per rendere la comunicazione con un’IA, oggetto altamente complesso, più efficace, è necessario introdurre preventivamente misure dirette a migliorare le conoscenze e competenze sull’intelligenza artificiale sia del personale medico, sia del cittadino. Il CSS parla di una “fiducia” da costruire nel paziente verso l’IA, per prevenire “la naturale diffidenza che potrebbe rallentare l’adozione di soluzioni basate su AI anche in casi di comprovata efficacia e sicurezza.“
Lati positivi e negativi
L’accuratezza della diagnosi è uno dei punti positivi dell’utilizzo dell’IA in medicina. In uno studio, Humanitas (ospedale, centro di Ricerca e sede di insegnamento universitario) stima che l’intelligenza artificiale migliori il tasso di identificazione delle lesioni del colon del 44%, riducendo drasticamente la probabilità di errore. Accanto a efficienza e precisione, l’utilizzo dell’IA in medicina permette anche un notevole risparmio economico. Nello stesso studio, Humanitas ha anche dimostrato che, nell’arco di 30 anni, l’investimento in IA in medicina genererà un grande risparmio. Si parla circa del 57% per persona grazie alla riduzione dei costi di terapia legata alla maggiore prevenzione.
Sulla bilancia sono presenti, però, anche lati negativi o problematici. Uno è dato dalla privacy. Il «New York Times» riporta le tesi di alcuni studiosi, convinti che l’analisi del suono della voce tramite IA possa essere la chiave per capire lo stato mentale dei pazienti. Le caratteristiche e le inflessioni della voce vengono sfruttate per prevedere la depressione e l’ansia, la schizofrenia e il disturbo post-traumatico da stress. Sono nate quindi applicazioni e programmi che forniscono in tempo reale una valutazione sulla salute mentale dell’utente e ne permettono la monitorazione. Queste applicazioni comportano un problema: la privacy, appunto. La paura è quella che i dati dei pazienti siano usati per identificare gli individui che, in quanto tali, vanno invece protetti.
Un’altra preoccupazione è legata alla validazione scientifica, indispensabile per il loro utilizzo in un contesto diagnostico. Il CSS scrive che i sistemi di IA devono essere rigorosamente valutati e controllati, devono aderire alle norme internazionali di validazione scientifica e devono prevedere una validazione esterna del sistema.
Prima di poter essere impiegati in ambito assistenziale, i sistemi di IA necessitano di una rigorosa validazione scientifica, basata su studi metodologicamente solidi (prospettici, possibilmente randomizzati e condotti in ambienti clinici reali) che dimostrino la non inferiorità, o la superiorità, oltreché la costo-efficacia, rispetto al percorso diagnostico e decisionale convenzionale.