Ogni lavoratore dell’UE gode di alcuni diritti minimi per quanto riguarda:
- la salute e la sicurezza sul lavoro: diritti e doveri generali, ambiente di lavoro, attrezzatura professionale, rischi specifici e lavoratori a rischio;
- le pari opportunità tra uomo e donna: parità di trattamento sul lavoro, lavoratrici in gravidanza, congedo di maternità, congedo parentale;
- la tutela contro ogni forma di discriminazione fondata su sesso, razza, religione, età, disabilità e orientamento sessuale;
- le modalità di impiego: lavoro a tempo parziale, contratti a termine, orario di lavoro, giovani lavoratori, informazione e consultazione dei lavoratori.
I singoli Paesi dell’UE devono far sì che le rispettive legislazioni nazionali tutelino i diritti sanciti dalla normativa europea sul lavoro.
Questo è quanto recita il sito web ufficiale della Comunità Europea (anche “EC”) nella sezione “Occupazioni, affari sociali e inclusione – Diritti sul lavoro“. In parole chiare e concise, la EC afferma che tutti i cittadini europei godono di diritti sul lavoro, quali: la garanzia di trovarsi in un luogo di lavoro sicuro, dotato di materiale professionale; la garanzia per le donne di non essere pagate meno dei colleghi di sesso maschile o addirittura di non essere assunte se intendono avere dei figli; la garanzia di non avere dei comportamenti discriminatori verso quelle che sono definite minoranze etniche o le subculture; infine, la garanzia di avere un contratto, la possibilità di scegliere un lavoro part-time e degli orari di lavoro dignitosi.
La Comunità Europea, insomma, pretende dai suoi Stati aderenti di concedere ai lavoratori pari opportunità e rispetto. Come si suol ben dire, “fra il dire e il fare, c’è di mezzo il mare“; questo non significa (o almeno non solo) che gli Stati membri dell’UE, oppure le aziende locali, non rispettino i diritti, vuol dire invece interrogarsi sulle condizioni che portano a o favoriscono questo fenomeno. Non si parla di ribellione, di strategie o di impossibilità a rispettare le regole, tutto ciò sarebbe fuorviante. Si parla di interrogazione continua dei fenomeni e delle loro cause o circostanze.
La situazione in Italia
La Comunità Europea conta 27 Stati membri, uno di questi è l’Italia. Fare una disamina della situazione europea sarebbe una generalizzazione impropria e ridurrebbe la molteplicità delle situazioni a una omogeneità che non le è propria, si tratta qui perciò della situazione italiana nel recente periodo.
Il comune sentire, si sa, non è dei migliori, e non lo è da anni: “in Italia non c’è lavoro“, oppure “i giovani non trovano lavoro perché non hanno voglia di far fatica“, oppure “i giovani non trovano lavoro perché le aziende cercano candidati con esperienza, ma nessuno offre l’esperienza base da cui partire“, ecc. Ma, nonostante tutti gli aiuti disposti dal Governo, quali il Piano Neet, la Garanzia Giovani rinforzata, GIOVANI2030 e così via, la situazione sembra non cambiare, anzi.
Inoltre, il nuovo (purtroppo) tormentone mediatico non aiuta per niente, invero, peggiora la situazione. I titoli suonano: “Ancora una vittima sul lavoro, Davide muore a 32 anni in fabbrica” per «Fanpage», oppure “Tragedia sul lavoro, muore operaio 24enne a Susegana (TV)” per «Rainews», o anche “Lecce, morto sul lavoro operaio 28enne” per il «Corriere della Sera». La sfilata purtroppo è ancora tanto lunga e solo questi tre casi sono accaduti nell’arco di pochi mesi.
La Festa dei Lavoratori
La Festa dei lavoratori (nota anche come il Primo Maggio) è una festa nata negli Stati Uniti d’America, per la precisione nell’Illinois nel 1866, dalla necessità di istituire una legge che garantisse le otto ore lavorative.
In Europa, la ricorrenza prende piede a fine degli anni Ottanta del Novecento a Parigi e viene ufficializzata dai socialisti della Seconda Internazionale. In Italia, la notizia giunge attraverso la rivista di Forlì, «La Rivendicazione» con un articolo dal titolo “Per primo maggio“, pubblicato il 26 di aprile del 1890, che recita:
Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento.
“Fra quanti si interessano al proprio miglioramento“: in realtà, le voce arrivò in Italia già prima del 1890 e, come sempre, le novità provenienti dall’estero giungono prima nelle città portuali. Fu infatti a Livorno, nel 1888, dove giunse per prima la notizia circa l’assassinio degli esponenti anarchici di Chicago. Il popolo livornese si rivoltò prima contro le navi americane e in seguito contro la Questura, dove si pensava stesse rifugiato il console statunitense.
Sarà, però, solamente più tardi, nel 1919, che la Federazione Impiegati Operai Metallurgici (o Fiom) firmerà con la Confederazione degli Industriali l’accordo sulla riduzione dell’orario lavorativo a un massimo di otto ore giornaliere e 48 settimanali. Non solo, in questo patto ci si impegnava anche al riconoscimento delle commissioni interne e delle loro istituzioni in ogni fabbrica; oltre che sancire la nascita di una Commissione per il miglioramento sociale e di una Commissione per lo studio della riforma delle paghe e del carovita.
Situazione attuale
Le notizie principali legate al primo maggio del 2022, in realtà, non riguardano specificamente il lavoratore. Infatti, al primo posto della classifica si trova la situazione sanitaria legata alla pandemia da Covid-19, che vince su argomenti quali i diritti del lavoratore poiché dal primo maggio del 2022, in Italia, si può stare nei luoghi chiusi senza mascherina (ma non ovunque in realtà). Il «Corriere» titola così: “Mascherine al chiuso e green pass in ristoranti, trasporti: le regole dal 1° maggio“. Al secondo posto troviamo articoli legati al perché è nata la festa del primo maggio.
In questo modo però la domanda sorge spontanea: un lavoratore o potenziale lavoratore o aspirante lavoratore, ha la consapevolezza dei suoi diritti? Abbiamo visto che la narrazione contemporanea insiste sulle morti sul lavoro. Iniziano così cortei e manifestazioni e, chissà, una consapevolezza maggiore del diritto alla sicurezza sorge. Ma questo basta? Basta la consapevolezza? Bastano le manifestazioni per richiedere ciò che dovrebbe essere di per sé un diritto?
La riflessione non dovrebbe però fermarsi qui. Il lavoro in nero, le condizioni disastrose degli stagisti, l’impossibilità dei piccoli imprenditori di superare queste situazioni difficili, per non parlare della situazione extra-ordinaria che si è venuta a creare con il così detto smart working o lavoro agile. Come si può far fronte a tutto questo? Quali i nuovi diritti e come agire per far sì che quelli fondanti siano rispettati?
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