Mario Sironi nelle collezioni Sarfatti e Catenacci

Dal 12 marzo al 4 aprile 2022 si è tenuta a Roma, presso la storica Galleria Russo, la mostra Mario Sironi. La poetica del Novecento. Opere dalle collezioni di Margherita Sarfatti e Ada Catenacci. La rassegna ha ospitato oltre settanta opere comprendenti dipinti e disegni, e soprattutto le illustrazioni che Mario Sironi ha realizzato per «Il Popolo d’Italia» dal 1921 al 1942. La mostra, a cura di Fabio Benzi, ha avuto l’obiettivo di evidenziare la carriera di Sironi attraverso l’interesse di due grandi collezioniste del Novecento: Margherita Sarfatti e Ada Catenacci Balzarotti.

Se Margherita Sarfatti è colei che fin dall’inizio degli anni Venti del secolo scorso ha creduto nelle capacità teoriche e artistiche di Sironi mettendolo al centro del movimento pittorico del Novecento, Ada Catenacci Balzarotti è stata la sua più grande collezionista, proprio dopo la Sarfatti. La Sarfatti ha supportato la carriera di Sironi acquistando i suoi dipinti, sia per esporli che per garantire all’artista delle entrate economiche. Tuttavia, quest’ultimo aspetto non esclude un’interesse prettamente artistico per colui che è il simbolo del Novecento Italiano.

Ada Catenacci Balzarotti, invece, ha stretto una forte amicizia con l’artista e, per questo, ha acquistato parte delle sue illustrazioni realizzate per il «Il Popolo d’Italia». Raccolte in una cartellina, queste sono rimaste inedite fino alla fine del secolo, per via della sua satira e fede politica esplicita. Sironi, infatti, data la sua adesione ideologica ed estetica al Fascismo, nella seconda metà del secolo è stato pressoché ignorato dalla critica, facendo cadere in un dimenticatoio fatto di pregiudizi storici tutta la sua attività artistica e critica.

Mario Sironi: dalla nascita agli anni Venti

Sono passato tra due guerre, gli uomini hanno compiuto troppe distruzioni, senza realizzare una nuova società, una nuova civiltà.

Mario Sironi nasce a Sassari nel 1885. Cresciuto in una famiglia borghese, all’inizio del secolo si trasferisce a Roma, dove frequenta la Scuola del Nudo e lo studio di Giacomo Balla. Negli anni Dieci a Roma incontra e stringe rapporti con Gino Severini e Umberto Boccioni, entrando nella cerchia dei Futuristi. Tuttavia, in questo periodo, il Futurismo ha sede a Milano e Sironi nel 1914 vi si trasferisce grazie all’appoggio soprattutto di Boccioni. Sebbene l’adesione sia avvenuta con circa cinque anni di distanza dalla pubblicazione del manifesto di fondazione, Sironi realizza opere che tendono ad abbondare le analisi e le scomposizioni di Boccioni. Sironi quindi segue una sua linea, lontana dal cubismo francese e più orientato a costruire la scena con una sintesi plastica grave per “oggettivizzare” le teorie della velocità e della simultaneità del Futurismo. Il Camion e il Ciclista sono opere emblematiche di questa peculiarità stilistica.

Terminata la guerra, Sironi resta a Milano dove incontra Margherita Sarfatti. Una mostra del 1919 alla galleria di Anton Giulio Bragaglia a Roma contribuisce al superamento del futurismo e all’avvicinamento alle teorie di Mario Broglio. Valori Plastici è la sua rivista, dove si riuniscono tutte quelle volontà di “ritorno all’ordine” che si sviluppano intorno le opere di De Chirico, Carrà, Morandi, Martini e Savinio. Questa occasione porta Sironi a meditare sulla Metafisica e sulla costruzione geometrica e decontestualizzata, che si ritrova nelle sue Periferie. Tuttavia, il punto di rottura con il movimento di Mario Broglio si sancisce nel 1920 con un manifesto scritto ancora nel solco del Futurismo. Contro tutti i ritorni in pittura – pubblicato nel 1920 e scritto da Sironi con Funi, Dudreville e Russolo – polemizza sull’intellettualismo di Broglio e la sua volontà di classicizzare la storia dell’arte.

Mario Sironi e gli anni del Fascismo

Mario Sironi, Pastore, 1931.

Il “ritorno all’ordine” è cercato da Sironi in maniera diversa rispetto a Carrà e Capogrossi: Sironi è più tenebroso e cupo, lontano dalla ricercata cristallinità quattrocentesca dei sui colleghi. La sintesi non è fine a se stessa e infatti Sironi vuole realizzare una nuova sintesi plastica che non rinneghi le esperienze futuriste ma che le rinnovi superandone le tendenze distruttive. Nel 1922 la Sarfatti riunisce nel gruppo Novecento le tendenze eterogenee della Milano artistica. Bucci Dudreville, Funi, Malerba, Marussig, Oppi e appunto Sironi sono pittori che mantengono un legame oggettivo con la realtà che traspare nelle loro opere. Il movimento, inoltre, ha goduto dell’appoggio di Mussolini, anche se:

È lungi da me l’idea di incoraggiare qualche cosa che possa assomigliare all’arte di Stato. L’arte rientra nella sua sfera dell’individuo. Lo Stato ha un solo dovere: quello di non sabotarla, di dar condizioni umane agli artisti, di incoraggiarli dal punto di vista artistico e nazionale.

Benito Mussolini

La pittura murale

Infatti, il rapporto tra il Novencento e il fascismo non si è mai tradotto in un’arte di Stato. Anche Sironi, che aderisce in maniera convinta illustrando il quotidiano «Il Popolo d’Italia» e realizzando opere di pittura murale, non creerà mai un’arte di corte. Nel 1933 Sironi abbandona la pittura di cavalletto per dedicarsi alla sua più grande aspirazione: la pittura murale. Con Il Manifesto della Pittura murale, Sironi, Campigli, Carrà e Funi, dichiarano che “la pittura murale è pittura sociale per eccellenza”, in quanto “opera sull’immaginazione popolare”, facilitando “l’impostazione del problema dell’arte fascista”.

Per Sironi iniziano dieci anni di intensa attività, la quale rende sempre più instabile la sua salute psichica che non gli consente di consegnare in tempo gran parte delle sue commissioni. Il Lavoro per la quinta Triennale di Milano; L’Italia fra le Arti e le Scienze all’Università di Roma e la Mostra della Rivoluzione Fascista nel 1932 al Palazzo delle Esposizioni di Roma sono i capolavori di questo periodo. Gli anni Trenta sono estremamente produttivi per Sironi, il quale realizza una enormità di studi e bozzetti per sviluppare le ricerche della pittura murale e la tecnica a tempera.

Mario Sironi, gli anni delle disillusioni

Terminata la guerra e caduto il regime, a Sironi resta solo la sua arte. A partire dal 1945, le pitture di Sironi si stemperano del classicismo plastico e si vestono di dramma e malinconia. Sironi, partendo dalle opere di Rouault, realizza pitture dalla vocazione espressionista caratterizzate da una forte spiritualità, che è raggiunta con una materia spessa ed esuberante. Infatti, i suoi monocromi e le sue vivide tavolozze hanno fatto includere Sironi da Michel Tapié tra i protagonisti dell’Informale europeo, dove Sironi mantiene comunque una sua indipendenza e una sua eleganza.

Gli anni Cinquanta per Sironi iniziano nel dramma. Nel 1948, in circostanze mai completamente chiarite, muore la figlia Rossana, una tragedia che getta l’artista nel più profondo sconforto.

Addio povera piccola ora sei veramente nel tuo mondo triste e doloroso – la tua povera spoglia la tua povera crisalide con poca polvere silenziosa come le pietre come la terra che la circonda. E dove è l’anima tua. Ah! tesoro mio, anima mia tanto diletta, anima di tutte le mie illusioni dove sei dove sei. 

Anche le sue pitture si chiudono e diventano autonome, tendendo all’astratto. Le sue opere si costituiscono di grovigli di linee e labirinti e chiazze di colore sbavate e intessute in tonalità ritmiche e geometriche. Sironi continua con la sua intensa attività, tornando alle periferie e alle griglie formali abitate da figure arcaiche e circondate da paesaggi montuosi fino al 1961, anno della sua scomparsa.

Il rapporto con Margherita Sarfatti

Senza la costanza e la lungimiranza di Margherita Sarfatti non avremmo avuto Novecento e, probabilmente, la creatività di Sironi. Sironi incontra la Sarfatti nel 1916 a Milano, la quale nel suo salotto ospitava intellettuali e uomini politici come Pietro Orsi e Antonio Fradeletto. Già durante la Prima Guerra Mondiale, Sironi inizia a discutere sulle sorti del Futurismo nel salotto della Sarfatti; e la morte di Boccioni insieme alle defezioni artistiche di Carrà portano Sironi a sintetizzare le sue composizioni.

La città è dilaniata dalla guerra, gli suscita ribrezzo, ma comunque ne avverte la potenza. Nascono così le sue Periferie e, soprattutto, il Novecento. La classicità, la sintesi plastica e figurativa sono gli ideali che si discutono nel salotto milanese. Ma, soprattutto, ciò che lega Sarfatti a Sironi è un grande rapporto di stima e di rispetto che si sviluppa simile ad una relazione tra gallerista e artista, alla quale Sironi sarà sempre riconoscente.

Illustre amica,

[…] Vi ringrazio ancora di tutto cuore. […] Ancora grazie arcigrazie con moltissimi auguri a voi e la speranza di vedervi qui a Roma dove rimarrò un poco.

Credetemi vostro dev.mo

Mario Sironi, novembre 1937

Le opere in mostra, le illustrazioni

Mario Sironi, Il Partito Comunista italiano è in grado di risolvere i problemi della nostra vita come è stato fatto in Russia. In un mare di sangue, 1924.

Partiamo dalle illustrazione per «Il Popolo d’Italia». Nei suoi disegni satirici la stilizzazione è rude e procede per masse tipografiche di bianco e nero, accostato ad alcuni campi di colore. Sironi segue quindi due registri: una forma essenziale, nobile e classica per il mondo del Fascismo, e un espressionismo grottesco, plebeo, caricaturale per gli avversari politici e i nemici ideologici. Nella sfera artistica di Sironi l’illustrazione non si subordina mai alla pittura, ma ne è parte integrante.

Numerosi sono i suoi disegni, dove la percentuale di fasci littori e di volti di Mussolini che realizza è bassa, ma con grande impatto visivo e ideologico. La sua ironia è usata per difendere il regime, come in Sante memorie del 1926 e in L’albero in fiore e… quell’altro del 1925; mentre illustrazioni come È possibile o non è possibile del 1923 sono realizzate per criticare la politica economica anglosassone e mondiale.

Le opere in mostra, i dipinti

Mario Sironi, Paesaggio Urbano, 1921-1923.

Dalla sintesi futurista della velocità, dove le tendenze cubiste in realtà sono la rappresentazione della sua vettorizzazione e non una semplice scomposizione, alla costruzione oggettuale e plastica. I Paesaggi urbani di Sironi rappresentano questo, dove il “ritorno all’ordine” si tinge di Metafisica: squadre, manichini e idoli meccanici di Carrà e paesaggi stranianti di De Chirico.

Ma Sironi va oltre, rappresentando la forza schiacciante della città; l’esistenza decontestualizzata dei personaggi che si avvicinano alla Neue Sachlichekeit tedesca. Sironi attua una sintesi e non un intellettualismo retrogrado e imitativo degli antichi. Le sue periferie sono moderne, attuali e analitiche. Sono spazi dove la modernità inquieta svela la desolazione di quei palazzi nudi ma resi nobili da un linguaggio sintetizzato e geometrico. Non la classicità pedissequa di Fidia o Masaccio, ma la monumentalità del camion, della macchina e del sistema città che costituiscono la mitologia moderna. Una risoluzione stilistica che si realizza per sintesi costruttive di colore e di forma che contribuiscono a rendere la scena malinconica e grave.

Illustrazione, pittura da cavalletto e murale portano la poetica di Sironi a qualcosa di grandioso. Sironi procede sulle vie antiche e tradizionali misurandosi con esse realizzando dapprima un futurismo sintetico, “oggettivizzante” e puro, e poi una pittura murale che vuole essere effige della mitologia moderna. La vita non ha risparmiato Sironi, eppure la sua sensibilità resta sempre viva con l’obiettivo di realizzare un’arte storica e autosufficiente.

 

Leggi anche Mario Sironi: sintesi e grandiosità del pittore al Museo del Novecento

 


Fonti

Fabio Benzi (a cura di) Mario Sironi. La poetica del Novecento. Opere dalle collezioni di Margherita Sarfatti e Ada Catenacci, Manfredi Edizioni, Imola 2022.

Elena Pontiggia (a cura di) Mario Sironi. Scritti e Pensieri, Abscondita, Milano 2002.

Elena Pontiggia (a cura di) Mario Sironi,. Scritti inediti (1927-1931), Abscondita, Milano 2013.

Elena Pontiggia, Mario Sironi. La grandezza dell’arte, le tragedie della storia, Johan and Levi, Milano 2015.

Elena Pontiggia (a cura di), Mario Sironi. Lettere, Abscondita, Milano 2018.

Credits

Tutte le immagini sono a cura del redattore

 

 

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