Molto spesso sentiamo parlare delle banche svizzere, per diverse ragioni. La più celebre tra queste è il famigerato segreto bancario. Notizia abbastanza recente è quella che, facendo molto scalpore, ha rivelato come la banca Credit Suisse abbia nascosto la bellezza di cento miliardi legati ad attività criminali.
Il segreto bancario
Il segreto bancario occupa uno spazio importante da moltissimo tempo nella storia della Svizzera. Già nel 1713 il Gran Consiglio di Ginevra stabilì il divieto assoluto di diffondere le informazioni legate alle operazioni dei propri clienti. I primi banchieri a stabilirsi sulle Alpi elvetiche furono la famiglia dei Medici e, solo successivamente, gli ugonotti, ovvero membri della società svizzera e francese di confessione protestante calvinista. Tuttavia, il segreto bancario viene istituzionalizzato solo nel 1934, grazie a un provvedimento dell’Assemblea federale della Confederazione.
Tangentopoli
In molti, dopo la vicenda “Mani pulite”, ritennero che le banche svizzere avessero aiutato gli autori delle corruzioni a danno di funzionari italiani. Tuttavia, la Svizzera uscì dalla situazione con un comunicato molto chiaro: “la corruzione di funzionari esteri non costituisce reati per il diritto svizzero […] il provento di tale corruzione non può pertanto essere oggetto di riciclaggio o di ricettazione”.
La fine del segreto bancario
Nel 2014 la Svizzera decide di rinunciare al segreto bancario, sottoscrivendo con l’OCSE (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa) l’accordo per lo scambio automatico delle informazioni. Qui finisce dunque una storia durata letteralmente secoli e con questo provvedimento si riteneva che sarebbero state fortemente limitate le attività illecite compiute da numerose persone sul territorio svizzero.
Lo scandalo svelato dall’ Occrp
La banca svizzera Credit Suisse è nella bufera, dopo l’inchiesta condotta di Occrp, un gruppo internazionale formato da quarantasette media, tra cui «Le Monde» e «The Guardian». La banca viene accusata di aver gestito 18.000 conti legati ad attività criminali, enti che violano dei diritti umani e soggetti sottoposti a sanzioni. Conti, aperti tra gli anni ’40 dello scorso secolo e gli anni ’10 del secolo corrente, riconducibili a 37.000 persone e società che hanno nascosto circa 100 miliardi di euro.
A far partire l’inchiesta è stata una fonte interna anonima che ha dichiarato: “Ritengo che le leggi svizzere sul segreto bancario siano immorali. Il pretesto di proteggere la riservatezza finanziaria è solo una foglia di fico che copre il ruolo vergognoso delle banche svizzere come collaboratrici degli evasori fiscali”.
Se è vero che nel 2014 la Svizzera ha rinunciato al segreto bancario, è anche vero che non lo ha fatto con tutti i Paesi, anzi. Molte nazioni in via di sviluppo non hanno preso parte all’accordo. Inoltre, un ex-dipendete di Credit Suisse ha dichiarato che spesso la banca ignorava deliberatamente le criticità che riguardavano determinati clienti, abituata, e ormai specializzata, a difendersi da accuse legate alla condotta di questi ultimi.
Credit Suisse: ci è cascata di nuovo
Questo non è il primo scandalo che colpisce la banca svizzera in questione. In passato, molti sono stati gli scandali nei quali l’istituto è stato coinvolto e molti personaggi controversi sono stati suoi clienti: si pensi ad esempio all’ex-dittatore delle Filippine Ferdinand Marcos o a quello nigeriano Sani Abacha.
La banca ha aggirato le sanzioni statunitensi contro Paesi come Iran e Sudan, gesto grave a livello di rapporti diplomatici. Anche il Vaticano, per la cronaca, era intestatario di un conto utilizzato per investimenti a Londra, operazioni attualmente sotto processo e che hanno già portato la Santa Sede a prendere scelte dure, tra le quali la rimozione del cardinale Becciu dal ruolo di Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi. Inoltre, la banca di Zurigo ha, di recente, perso una causa nelle Bermuda che potrebbe costarle molto cara.
Credit Suisse non è, di conseguenza, nuova a scandali, e la notizia relativa all’indagine dell’Occrp è solo una della ultime rimostranze rivolte alla banca con sede a Zurigo.
Le sanzioni contro la Russia
Dopo le sanzioni imposte da USA e UE nei confronti della Russia, alle quali si è accodata anche la Svizzera, causate ovviamente dalla crisi ucraina, alcuni membri delle camere legislative statunitensi stanno indagando la banca svizzera, poiché alcuni contratti legati a finanziamenti per cittadini russi sarebbero stati recentemente distrutti. L’inchiesta è appena cominciata e la situazione è in rapido sviluppo. Resta comunque un importante segnale: la banca cura i suoi interessi, cercando, o meglio, riuscendo a porli in una posizione privilegiata rispetto a situazioni che appaiono agli occhi di tutti, o quasi, disumane.
Credit Suisse tenta di difendersi
La banca svizzera, dal canto suo, tenta di difendersi dalle accuse. Così, in una nota, l’istituto elvetico
respinge fermamente le accuse e le deduzioni sulle sue presunte pratiche commerciali. Le questioni presentate sono in gran parte datate e in alcuni casi risalgono addirittura agli anni ’60 e a epoche in cui le leggi, le pratiche e ciò che ci si attendeva dalle istituzioni finanziarie erano molto diversi rispetto a oggi.
Credit Suisse afferma anche di aver rispettato ogni regola e puntualizza che molti conti sono stati aperti tempo fa, in una situazione completamente diversa anche a livello legale. Il «The Guardian» puntualizza però che solo una minima parte dei conti coinvolti negli scandali risulta aperta tempo fa, mentre altri risultano aperti sino ai giorni nostri e in tempi più recenti.
Lotta all’illegalità
Il discorso getta una luce di scura immoralità sulla condotta delle banche in Svizzera, e solo su quelle? Tuttavia, come notiamo dall’analisi, il problema si poggia su una storia più lunga e travagliata, costellata di processi e scandali. Preso tutto ciò in considerazione, in un mondo in cui nulla è lasciato al caso, determinati aspetti, come l’aiuto a trafficanti di esseri umani, non possono che essere condannati. Resta solo da vedere cosa riserverà il futuro, non resta che aver fiducia nella giustizia e augurarsi faccia il suo corso. La lotta all’illegalità è un principio sacro, che non può essere messo in discussione. I modi e i tempi sono oggetto di dibattito, la finalità no. I processi porranno, un giorno, fine a questo sistema corrotto? Non è dato saperlo, almeno per ora.