L’arte antropologica di Beuys

Ogni essere umano è un artista, un essere libero, chiamato a partecipare alla trasformazione e al rimodellamento delle condizioni, del pensiero e delle strutture che modellano e informano le nostre vite. 

Joseph Beuys

La vita

Joseph Beuys nasce a Krefeld nel 1921 ma, come lui spesso ha dichiarato, si sente originario di Kleve. Qui, infatti, ha frequentato il liceo e dopo la guerra ha aperto il suo primo atelier. Da giovane aderisce alla Gioventù Hitleriana e nel 1940 si ritrova chiamato a combattere per il suo paese in qualità di aviatore. Una guerra vissuta da protagonista, che lo porta a combattere sia sul fronte occidentale che orientale. Proprio qui, nel 1944, è vittima di un gravissimo incidente aereo nella regione della Crimea. Se il pilota muore, Beuys sopravvive grazie all’aiuto di un gruppo di tartari che lo avvolge nel feltro e in slitta lo conduce presso il loro insediamento.

Qui Beuys riceve le cure necessarie per lenire il dolore creato dalle pesanti bruciature e dalle fratture subite. Feltro e grasso, usato per le ferite, saranno da qui in poi gli elementi che struttureranno il suo concetto di arte antropologica. Tuttavia, la sua vita militare non termina in Crimea. Nel 1945 gli inglesi lo fanno prigioniero e sarà libero solo l’anno successivo, quando torna in Germania. Ma ormai le ferite non sono solo superficiali, tanto che negli anni Cinquanta Beuys vive un periodo di profonda depressione, dal quale ne esce grazie all’aiuto dei fratelli van der Grinten, che saranno i suoi primi mecenati, e ai testi sull’antroposofia di Rudolf Steiner. Saranno gli anni Sessanta il decennio della rinascita e della affermazione professionale.

Nel 1961 Beuys ottiene la cattedra di scultura monumentale alla Kunstakademie di Düsseldorf, che aveva frequentato subito dopo la guerra, dove aveva seguito i corsi di scultura tenuti da Josef Enseling ed Ewald Mataré. Tra il 1963 e il 1964 partecipa al movimento Fluxus insieme a Paik, Maciunas, Moorman e Vostell, dal quale però si distacca nel 1964 per avviare la sua ricerca personale. Dalla creazione di azioni partecipative alla realizzazione di oggetti, sculture e installazioni, con l’obiettivo di risvegliare la coscienza critica del pubblico.

In questi anni nascono le sue storiche azioni in parallelo alla florida attività di docente e di filosofo-politico per il partito dei Verdi. Partecipa alle Documenta di Kassel sia nel 1977 che nel 1982. Se nella prima si limita a discutere di arte con i passanti, la seconda partecipazione è quella più ricordata. Beuys, infatti, progetta la realizzazione di una bosco di 7000 querce per sensibilizzare il pubblico sia sui cambiamenti climatici che per creare una scultura sociale perpetua.

Successivamente il progetto accettato dalle autorità di Kassel, si svilupperà in tempi lunghi; ci vorranno almeno tre secoli per avere un bosco rigoglioso come io lo sognai. Raccolsi 7000 pietre di basalto, la cui vendita, ci avrebbe consentito di acquistare altrettante querce da piantare attorno a Kassel, un valore simbolico, una maniera nuova per parlare direttamente ai sensi degli uomini del mondo. Ed è stata la sensibilità di uomini comuni che collaborando ci permisero di completare l’opera; e sarà questo il contesto naturale in cui vivrà la mia anima nordica: tra pietre, piante, tra l’umida linfa del sottobosco, e gli umori dei suoi legni e resine profumate.

Joseph Beuys

Beuys e l’Italia

Beuys è l’eroe in natura, colui che vuole carismaticamente ridare unità all’uomo, toglierlo dalla parzialità e dalla paralisi per ridargli energia per la rivoluzione. La sua antropologia va verso il basso con animali, piante, natura e verso l’alto con angeli e spiriti.

Achille Bonito Oliva

Joseph Beuys a Venezia nel 1980.

Queste parole di ABO sono importanti per capire l’attenzione che il pubblico e la critica italiana riserva a Joseph Beuys. L’artista, negli anni Settanta, passa alcuni periodi tra Napoli e Foggia, delle quali si innamora, per poi spostarsi a Bolognano, vicino Pescara, dove lascia importanti tracce. Qui Beuys svolge una serie di attività artistiche tra cui la fondazione dell’Istituto per la  Rinascita dell’Agricoltura e la realizzazione dell’opera Olivestone (1984) ora in mostra allla Kunsthaus di Zurigo. Nel 1980, Beuys incontra Alberto Burri presso la Rocca Paolina di Perugia e, per l’occasione, realizza sei disegni su lavagna dove illustra la sua arte sociale e antropocentrica. Il calore, l’energia e la capacità che ogni uomo ha di fare e capire l’arte sono i soggetti di quelle opere che tuttora sono in mostra presso il Palazzo Civico della Penna di Perugia.

Il 1980 è anche l’anno del terremoto che ha sconvolto la Campania e l’Italia. In virtù del profondo legame con la regione e dell’opportunità di fare una azione civile e critica, Beuys è l’unico artista straniero a rispondere all’appello del gallerista Lucio Amelio, il quale voleva realizzare una mostra che avesse per tema l’evento sismico. Nel 1981 Beuys corre a Napoli, dove dedica una sua Aktionen alla città. L’artista organizza una ricerca in tutta la Campania con l’obiettivo di raccogliere tutti gli oggetti che si trovano sul territorio sotto le macerie. Li raccoglie e li dispone in maniera casuale in galleria con un fare apparentemente distratto e senza logica. Sposta cose in galleria e va in giro per la città di Napoli con tutta la semplicità di chi sa di portare un messaggio importante.

Questa semplicità di intervento consente a Beuys di traslare l’arte da un concetto museale a uno pienamente antropologico. Infatti, quegli oggetti, seppur decontestualizzati dal loro luogo di origine, messi tutti insieme assumono il valore umano di memoria, di tragedia e di dramma. L’ambientazione ha la capacità di trasmettere al visitatore tutti quei tragici momenti intimi e segreti che hanno cambiato la storia.

Storia, società, dramma e angoscia sono i punti principali di questo intervento di Beuys, il quale li ha utilizzati per realizzare la sua idea di “scultura sociale”; l’obiettivo è quello di formare gli individui e sensibilizzarli sulle loro possibilità creative. Beuys rinnova la presenza dell’artista nei confronti dell’opera d’arte, facendolo diventare come colui che guida le potenzialità sociali dell’arte. L’arte, quindi, come elemento di congiunzione tra la coscienza individuale e la memoria della socialità, una memoria intesa secondo un’accezione di inconscio collettivo che tutto assorbe e nulla distrugge.

Beuys e la politica

Se un uomo può provare una cosa reale, se può far sviluppare una cosa di importanza vitale dalla terra, allora lo si deve considerare come un essere creativo in questo campo. E in questo senso lo si deve accettare come un artista. […]. Si deve trasformare non solo il fare quadri o sculture, ma tutta la forma sociale. È un programma gigantesco.

Joseph Beuys

La realizzazione di opere dalla forte carica sociale, dove ogni azione nasce per strutturare la società e l’ambiente, porta Beuys a impegnarsi anche in politica, decidendo di utilizzare i suoi strumenti artistici per fini più concreti. Beuys nel 1967 fonda il Deutsche Studentenpartei. Nel giugno del 1971 istituisce l’Organizzazione per la diretta democrazia attraverso referendum per diffondere idee e programmi radicali attraverso mostre, azioni e conferenze. Ma la sua più importante partecipazione politica è la fondazione nel 1980 del Partito dei Verdi di Germania che lo vede impegnato fino al 1983 nel collegio della Renania Settentrionale-Vestfalia, che non riesce ad ottenere per divergenze organizzative con i vertici del partito. Infatti, per Beuys la politica è stata soltanto un altro mezzo per plasmare e scolpire la società; una politica che non ha nulla a che vedere con quella tradizionale.

Nel 1971 Beuys è ospite di Lucio Amelio a Napoli, dove illustra per la prima volta le sue idee sociali. Con l’azione La Rivoluzione siamo noi, Beuys esprime il concetto che se l’arte è un fattore primario che governa l’uomo e la sua esistenza, allora la politica è arte perché permette la liberazione delle forze creative. Il capitale umano, quindi, e non quello finanziario, al centro delle sue teorizzazioni; dove l’uomo al centro e la sua forza espressiva sono l’unica vera espressione politica. L’obiettivo di Beuys, quindi, è quello di liberare l’uomo dal vincolo salariale e per fare questo teorizza la famosa espressione “ogni uomo è artista“; il cui vero reddito non è più lo scambio di prestazioni ma la sua capacità creativa e quindi sociale.

Una politica che ha come punto di partenza l’essere umano, in quanto creatore e fruitore di arte e in quanto archetipo di una nuova socialità. L’arte per fare politica, perché attraverso il suo linguaggio Beuys riesce a comunicare con il prossimo partendo da un capitale comune: la cultura. L’auto-determinazione dei popoli dai sistemi politici e sociali esistenti; l’auto-governo del diritto; la cultura e l’economia; il disarmo totale; il reddito di esistenza contro l’ingiusta distribuzione delle proprietà; la politicizzazione dei bisogni quotidiani immediati; nuovi programmi educativi e pedagogici per l’insegnamento e la ricerca; sono questi i precetti politici che Beuys indaga prima di tutto nella sua arte.

Ecco allora che le sue famose azioni si comprendono. Spiegare i quadri ad una lepre morta e I Like America and America Likes Me, sono le due azioni che maggiormente esprimono la sua idea di politica sociale. Avviare l’uomo al dialogo interno con la sua capacità creativa è l’obiettivo di Beuys che, soprattutto nella prima azione riesce a raggiungere. La performance americana invece colpisce direttamente la società in quanto Beuys voleva mostrare come la politica era in grado di curare i suoi problemi sociali solo attraverso la comunicazione, la connessione e la comprensione reciproca tra tutti i gruppi sociali molto diversi d’America.

La scultura come processo energetico

Queste due azioni non state le uniche che hanno rappresentato la politicità dell’arte di Beuys. Il suo concetto ampliato di arte, che si fonda sul capitale umano e su interventi di tipo ambientale e sociale si esprime fin dalle sue prime opere negli anni Sessanta: un’arte gestuale ed esperienziale che vive di una energia cosmogonica che rende necessaria l’azione. Il grasso, il feltro e gli animali sono tutti simboli di questa energia che Beuys cerca di indagare e di convogliare all’interno del sistema dell’arte. Egli va oltre il ready-made di Duchamp, in quanto non presenta oggetti decontestualizzati ma la loro potenzialità artistica ed espressiva, cercandone il valore antropologico e non museale.

Un’arte totalizzante, che ha il proprio capitale nella creatività di popolo e che trova la sua espressione attraverso l’utilizzo di materiali apparentemente poveri ma che hanno un unico comune denominatore: il calore come elemento di fratellanza. Il grasso che unge fin dall’antichità le statue votive; il feltro che protegge dal freddo fin dai tempi dei romani; il miele delle api, simbolo di laboriosità; tutti questi elementi affascinano Beuys per la loro portata spirituale. E poi gli animali come la lepre e il cervo, simboli di intelligenza e fertilità nella mitologia tedesca, che Beuys utilizza per esprimere la sua teoria.

Una “scultura sociale”, fatta di storia sociale, che forma gli individui e che non ha obiettivi unicamente fisici e materiali. Infatti, utilizzando oggetti poveri smaterializzandoli Beuys porta l’attenzione su se stesso e sulla sua qualità di artista; un instancabile lavoro concettuale di educazione artistica che lo pone a capo di ogni uomo-artista che vuole plasmare il mondo. Solo lui, l’artista-sciamano, può unire con le sue azioni le potenzialità espressive degli uomini, che in questo modo si sentiranno veramente partecipi di una “scultura sociale”.

 


Fonti

centroarte.com

giornalediconfine.net

magazine.artland.com

one.listonegiordano.com

operavivamagazine.org

performanceartebodyart.wordpress.com

Heiner Stachelhaus, Joseph Beuys. Una vita di controimmagini, Johan and Levi Editore, Milano 2012.

 

 

 

 

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