Nel 2015 Volodymyr Zelens’kyi entrava nel cuore degli ucraini con la serie tv Servant of people, una commedia dai forti toni polemici contro la politica del Paese, accusata di essere composta — citando testualmente — “da uomini di merda, tra cui votare la merda un po’ meno merda degli altri“. Nella serie il personaggio di Zelens’kyi, un professore di storia deluso e arrabbiato per la politica degli oligarchi, si sfoga con un collega enunciando cosa farebbe lui se si trovasse a dirigere il Paese.
Il suo monologo viene ripreso da uno studente, che lo posta su internet. In pochissimo tempo il video diventa virale, tanto virale da convincere il professor Vasily Petrovyč Goloboroďko a presentarsi alle successive elezioni presidenziali, ottenendo una bella vittoria sugli avversari.
Quattro anni più tardi, nel 2019, Servant of people non è più solo una sitcom satirica, ma un vero e proprio movimento politico che esprime il nuovo presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelens’kyi. Il passaggio dagli schermi di una serie televisiva a quelli istituzionali dei telegiornali e delle dirette dal parlamento non è stato, secondo molti, un cambiamento così radicale nella carriera di Zelen’skyi, capace di convertire le sue abilità attoriali in potenti armi di comunicazione politica.
L’arte di saper parlare
Nel corso delle scorse settimane, abbiamo assistito agli interventi del presidente ucraino presso vari parlamenti d’Europa e del mondo. Il 22 marzo Zelen’skyi era ospite alla Camera dei Deputati italiana con un discorso che ha commosso molti dei presenti. Se, in occasioni precedenti, l’inquilino di Kiev si era lasciato andare a paragoni storici tra la risposta del popolo ucraino all’invasione russa e i partigiani in nord d’Italia, attirandosi critiche da parte degli intellettuali del Bel Paese, questa volta ha scelto saggiamente di evitare ogni riferimento alla Resistenza, optando per parole forti ma in nessun modo inopportune. Anzi, il paragone tra Mariupol e Genova, recentemente messa in ginocchio dal crollo del ponte Morandi, ha ottenuto la commozione generale sperata.
Prima che in Italia, Zelen’skyi aveva parlato al parlamento tedesco, a quello europeo e a quello canadese, alla Camera dei Comuni inglese e al Congresso americano. In ciascuno di questi eventi, il presidente dell’Ucraina è riuscito a far presa sulla sua audience mediando con cura tra temi cari alle varie nazioni e riferimenti storici delicati ma comunicativamente efficaci.
Ha ammonito i politici tedeschi con un sonoro “mai più”, parole usate spesso per concludere le commemorazioni delle vittime dell’Olocausto, e ha citato il muro di Berlino; ha chiamato per nome il presidente canadese, creando ulteriore coinvolgimento alla fine di un discorso in cui i parlamentari erano stati chiamati a interrogarsi su come si sarebbero sentiti se la Russia avesse assediato Vancouver e distrutto la torre TV di Toronto; davanti al parlamento europeo ha affermato: “Dimostrate che siete davvero europei, e allora la vita vincerà sulla morte, e la luce vincerà sulle tenebre“.
Insomma, tra una citazione di Winston Churchill alla Camera inglese e un paragone con l’11 settembre al Congresso americano, Zelen’skyi ha dimostrato di saper toccare le coscienze dei suoi interlocutori parlando nel loro medesimo linguaggio della memoria storica.
Si va in scena
I discorsi del presidente ucraino sono il lamento di un’intera nazione colpita nella sua sovranità, ferita nel profondo dei suoi edifici storici, stroncata dalle atrocità dei crimini di guerra. Ma sono anche un format ben definito, dei copioni flessibili ma studiati, da seguire e adattare saggiamente al proprio interlocutore. Una capacità comunicativa così ben architettata non è certo frutto del caso, ma il risultato di un intenso lavoro di selezione e studio retorico. E in questo arduo compito di confezionare discorsi così ben riusciti, il presidente Zelens’kyi non è certamente da solo: dietro ciascuno dei suoi interventi si nascondono niente meno che gli sceneggiatori di una casa di produzione cinematografica.
Si tratta dello studio Kvartal 95, fondato nel 2003 dallo stesso Zelens’kyi. Molti degli sceneggiatori occupati nel definire i discorsi del presidente erano già stati coinvolti nella sitcom Servant of people, inaspettato inizio della carriera politica dell’amato capo di Stato ucraino. La firma dei membri del Kvartal 95 si trova anche a conclusione del video di grande impatto proiettato al Congresso americano, in cui una drammatica colonna sonora enfatizza gli orrori delle devastazioni lasciate dall’esercito russo sul territorio ucraino.
Al di là delle parole mirate e delle immagini commuoventi che gli sceneggiatori del Kvartal 95 studio sono in grado di scovare per la compagna comunicativa del loro presidente, l’immagine stessa di Zelens’kyi è cambiata nel corso dell’ultimo mese e mezzo. Molti anni e molte sciagure sembrano separare l’uomo sorridente, elegante e perfettamente rasato delle foto istituzionali del pre-guerra dal presidente con la barba lunga, il viso afflitto e il giubbotto antiproiettile indosso che visita la devastata Bucha. Anche l’aspetto fisico di Zelens’kyi pare insomma farsi portatore di un messaggio, essere parte enfatizzante dei dolori e dei drammi del popolo di cui è a capo.
La guerra sta anche nelle parole
La guerra, si sa, non si combatte solo a suon di bombe e nelle trincee. Molto si gioca nel campo delle relazioni internazionali, della propaganda per motivare i propri soldati, nella creazione di un’immagine di sé che sappia attirare l’appoggio e il prezioso aiuto dell’economia, della produzione, della popolazione globale.
Nella confusione della propaganda bellica non è semplice tracciare i limiti tra una comunicazione studiata per essere efficace e una reazione umanamente genuina e comprensibile. Nel giudizio complessivo di Zelens’kyi non possiamo dimenticare che si tratta del presidente di un Paese attaccato, ferito e distrutto, che ha bisogno di tutto l’aiuto possibile per poter emergere contro un nemico ben più grande di lui.
Non è certo una novità che la politica si serva di espedienti retorici e abilità comunicativa per fare breccia nei voti e nei consensi del popolo, così come non è certo cosa inedita l’impiego della propaganda in tempo di guerra. Considerare Zelens’kyi un oratore disinteressato sarebbe probabilmente un’ingenuità che manca di considerare fino in fondo le tecniche della politica e i tempi difficili che sta attraversando l’Ucraina.
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