Uno schema ricorrente caratterizza ogni guerra che sia mai stata combattuta. Il combattimento in prima linea è spesso e principalmente un’attività quasi esclusivamente maschile. Dall’atto di aggressione della Russia, gli uomini ucraini di età compresa tra i 18 e 60 anni, con poche eccezioni, non possono lasciare il Paese con lo scopo di garantire la difesa dell’Ucraina e l’organizzazione di una mobilitazione tempestiva su tutti i fronti.
Questo significa che chiunque venga colto in violazione della legge marziale potrebbe finire di fronte ai tribunali militari. Il presidente Zelensky ha così incoraggiato i civili non addestrati a prendere parte alla difesa, promettendo armi a chiunque le desideri, mentre Oleksiy Reznikov, il ministro della Difesa del Paese, ha invitato chiunque abbia un passaporto ucraino ad arruolarsi nell’esercito.
Storia di chi resta
Vista dal confine moldavo, polacco e rumeno, l’Ucraina è una nazione di donne e bambini. Nei centri di reclutamento dell’esercito a Kyiv, dove vengono distribuiti fucili Kalashnikov, ogni giorno si aggirano molti uomini di diversa età ed estrazione, prima di ricevere la loro arma, a cui viene chiesto, come riporta il «New York Times», di formare unità ad hoc di circa dieci uomini ciascuna e di scegliere un comandante. Qualcuno indossa delle scarpe da tennis, altri portano ai piedi degli scarponcini da trekking, ma tutti hanno quei bracciali gialli che li identificano come membri delle Forze di Difesa Territoriali.
“Non ho mai prestato servizio nell’esercito o con la polizia o altro, sono preoccupato, ma le persone che hanno davvero paura sono sedute a casa, non sono qui fuori adesso” ha detto in un’intervista per il «New York Times» Igor, economista di 37 anni, mentre era in fila per la sua pistola. Non voleva che il suo cognome fosse pubblicato per motivi di sicurezza, parlava a malapena e con le labbra tremanti, sullo sfondo dei tonfi delle bombe e dell’artiglieria. Anche Ihor Zhaloba, 58 anni, professore e ricercatore in scienze storiche a Kyiev ha detto che tutti i suoi famigliari erano preoccupati per lui, ma nessuno gli ha chiesto di non andare. “Mia moglie è preoccupata, io sono preoccupato, tutti sono preoccupati“, ha detto in un’intervista al centro di reclutamento, “ma nessuno mi ha detto di non farlo, né mia moglie, né le mie figlie. Tutti pensano che dovrei essere qui”.
Molti, come Ihor, non hanno mai combattuto prima, e nella maggior parte dei casi l’addestramento militare minimo che hanno ricevuto risale a quando andavano a scuola, durante il servizio di leva obbligatorio della durata di un anno. Ma la maggior parte degli ucraini dice che, anche se non fossero stati costretti a restare, avrebbero scelto di farlo. Il numero delle persone che volevano prendere le armi per difendere l’Ucraina è stato così alto che molti hanno detto ad «Al Jazeera» di essere stati respinti perché le unità erano piene, con la possibilità di rimanere in una lista d’attesa.
Storia di chi fugge
Tra le storie degli uomini rimasti a combattere e dei cittadini ucraini che hanno volontariamente preso le armi, c’è anche chi racconta, al contrario, della propria fuga. Nelle interviste condotte dal «New York Times» in tutta la Moldavia, dieci uomini ucraini hanno descritto di essere arrivati illegalmente nel Paese con tutti i mezzi possibili, coscienti della possibilità di essere multati e consegnati alla stazione di reclutamento locale se catturati. Aleksej, un uomo di 38 anni, ha detto di essere fuggito da Odessa con la sua famiglia nelle prime ore dell’invasione della Russia, uscendo dal Paese poco prima che l’Ucraina imponesse la legge marziale. “Posso solo interpretarlo come un segno del destino“, ha detto. Molti altri uomini hanno affermato che la loro capacità di avercela fatta non era dipesa da nient’altro che dalla persona che presidiava l’uscita ucraina.
Un ventiquatrenne di Kyiv, parlando in condizione di anonimato, ha detto che per lui l’idea di cercare di fuggire illegalmente era sconcertante, ma non più folle di quello che stava succedendo nel suo Paese, o il pensiero di tenere in mano un’arma. Solo due settimane prima, infatti, era uno studente di medicina. Sapeva del divieto per gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni di lasciare il Paese, ma stava ancora cercando di capire come infrangerlo. Il ragazzo ha detto che non riusciva a immaginarsi a compiere azioni militari solo perché era un uomo.
Ho paura di tenere la pistola. Quando ero più giovane, chiedevo sempre ai miei genitori di comprarmi delle automobili. Chiedevo sempre peluche. Sto facendo donazioni per sostenere l’esercito ucraino. Faccio tutto quello che posso fare. E solo perché – mi dispiace – ho un pene, non posso andarmene.
Il percorso alternativo, rimanere in Ucraina a combattere, era più facile da immaginare per Kerimov Dzhakhanhir, 48 anni, che però ha deciso di lasciarsi tutto alle spalle, il proprio lavoro e la propria casa, per rifugiarsi in un centro profughi a Chisinau di cui aveva sentito parlare da un rabbino a Kiev. Per attraversare il confine le persone hanno pagato tra i 2.000 e i 7.500 euro, ma solo alcuni ce l’hanno fatta. “Volevamo solo vivere, siamo scappati dall’inferno, come Stalingrado nel 1942”.
Quando a combattere non sono gli uomini
Nei primi giorni di guerra, Oleksander, l’ex marito di Yaryna Chornohuz, soldatessa che presta servizio nelle forze armate ucraine dal 2020, è riuscito a mandare sua figlia Orissa in Polonia da alcuni conoscenti nella speranza di poterla raggiungere, senza sapere che da quel momento sarebbe dovuto passare di ufficio in ufficio per capire come recarsi all’estero da sua figlia. In uno di questi gli fu dato uno strano consiglio: privare sua madre dei diritti genitoriali. In questo modo sarebbe stato riconosciuto come unico tutore in tribunale.
“È insopportabile pensare che possiamo morire entrambi e che sarà lasciata all’estero da sola in così giovane età“, ha detto Yaryna, che non può lasciare il Paese essendo in una posizione militare. Ha osservato scherzosamente che
In teoria, c’è un’altra via d’uscita […] Con un certificato della mia morte, forse, il padre verrà rilasciato all’estero dalla figlia, anche se non sono sicura che questo convincerebbe le guardie di frontiera che è l’unica persona che vive con un minore. Sono curiosa di sapere da tutti quelli che hanno deciso che in guerra combattono solo gli uomini, e che tutte le donne siedono con i bambini: cosa fare allora con le donne come me?
Questa situazione è una delle lacune legislative della legge marziale, come ha spiegato Yana Kopytina, avvocato e responsabile della causa presso lo studio legale Miller. “Ci sono alcune eccezioni nel divieto di partenza degli uomini tra i 18 e i 60 anni, ma questo caso non rientra in nessuna di esse perché il decreto non specifica una situazione in cui la madre è un soldato.”
La situazione di Yaryna è stata risolta grazie alla pubblicità e ai suoi amici su Facebook che sono riusciti a raggiungere la direzione del Servizio della Guardia di frontiera di Stato. L’1 aprile, durante una seduta della Verkhovna Rada, è stato approvato un disegno di legge che semplifica la risoluzione di tali problemi per le famiglie dei militari. Tuttavia, l’avvocato Yana Kopytina ha osservato che questo progetto non consentirà in nessun caso agli uomini di attraversare il confine. Pertanto, il disegno di legge consente a un uomo di rimanere con i bambini se una donna presta servizio nelle forze armate. Così i papà non verranno portati al fronte, ma non potranno portare in alcun modo i propri bambini all’estero.
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