Corsica

La Corsica vuole l’indipendenza: radici storiche di un movimento secolare

L’attualità incalzante dell’ultimo mese ha escluso dall’attenzione mediatica alcuni eventi epocali che hanno avuto luogo intorno al globo. Tra questi si contano sicuramente le nuove proteste dei giovani còrsi, scesi in piazza per chiedere l’indipendenza per la loro isola.

Le proteste delle scorse settimane hanno preso il via a seguito del pestaggio in una prigione di Arles di Yvan Colonna, uno dei volti dell’indipendentismo còrso degli anni ’90, che stava scontando l’ergastolo per un’omicidio perpetrato nel 1998. L’aggressione, scatenata da uno jadhista detenuto nella stessa struttura di Colonna, ha ridotto il nazionalista còrso prima al coma e poi alla morte, scatenando nella sua isola d’origine l’ira dei conterranei.

Ma gli avvenimenti che hanno coinvolto Colonna non sono altro che la goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo di scontri, proteste, rivendicazioni, riempito lungo secoli di storia. Il nazionalismo còrso è stato grande ispiratore di movimenti più o meno organizzati all’interno dell’isola, da sempre oggetto di mire espansionistiche di molti popoli e soggetta a molte dominazioni, ma animata in ogni epoca da sogni di indipendenza.

Le radici storiche

Romani, mori, genovesi, questi solo solo alcuni dei popoli che hanno esteso i loro domini sull’isola del Mediterraneo. I primi movimenti contro la presenza straniera si organizzarono nell’isola introno al XVIII secolo, contro i coloni genovesi. Le proteste avevano il volto di Pasquale Paoli, comandante in capo delle forze ribelle còrse, imitatore del padre nella lotta per la liberazione da Genova. Il risultato di queste proteste fu un trionfo: Paoli riuscì a cacciare i vessilli genovesi dalla Corsica, fatta eccezione per alcune città portuali, e diede all’isola una sua costituzione, molto lodata da grandi intellettuali come Rousseau e Voltaire.

Ma il periodo di libertà in Corsica fu breve e non risolutivo. Già nel 1768, con la cessione da parte di Genova dei porti rimasti in suo possesso sull’isola alla corona di Luigi XV, cominciò una nuova stagione di dominazione straniera, destinata a durare fino ad oggi. I francesi occuparono l’isola con l’intenzione di trasformarla in un possedimento personale del re e repressero con brutale facilità i moti insurrezionali attraverso cui la popolazione còrsa tentò di resistere.

La piena integrazione della Corsica nei territori dello Stato francese fu complessa e allungata dai continui venti di rivolta che reclamavano il riconoscimento della specificità della piccola isola del Mediterraneo. Il processo si concluse solo nel corso del secondo impero (1852-1870), quando le migliori prospettive economiche e lavorative portarono molti còrsi a trasferirsi in Francia o nelle principali colonie (specialmente l’Algeria), amalgamandosi con la popolazione locale.

La prima guerra mondiale segnò una delle pagine più buie della storia della Corsica. Durante il conflitto morirono tra le 12.000 e le 15.000 persone. Il disastro umanitario e militare spinse il neo formato Partitu Corsu Autonomista ad avvicinarsi all’Italia di Benito Mussolini, scelta che screditò non poco i movimenti nazionalisti quando, all’altezza del 1942, Mussolini stesso invase e piegò la Corsica. Sebbene il dominio italiano sull’isola fu effimero, smantellato dal movimento partigiano còrso già nel 1943, le posizioni indipendentiste ne risultarono fortemente indebolite, perché assimilate a livello internazionale alle violenze del fascismo.

Il nazionalismo moderno

Dopo la seconda guerra mondiale, la Francia non era più la fabbrica di prospettive rosee che era stata durante la seconda metà dell’’800. Molti dei còrsi che avevano abbandonato l’isola in cerca di lavoro presso la madrepatria francese decisero di tornare sull’isola, che in questi anni subì molte opere di bonifica e irrigazione. Nuovi arrivi vennero incentivati grazie a importanti agevolazioni economiche indirizzate verso francesi e algerini, agevolazioni che però non coinvolsero la popolazione locale, creando un clima di forte disparità e tensione. Sono gli anni ’60 e ’70, epoca di nascita del nazionalismo còrso moderno. È questo un periodo estremamente violento e turbolento, durante il quale molte efferatezze vengono perpetrate tanto dai nazionalisti corsi, tanto dai rimpatriati.

Con la creazione del movimento dei fratelli Max ed Edmond Simeoni, il CRA (Azione regionale della Corsica), si moltiplicano gli slogan antifrancesi e antialgerini, contribuendo a fomentare l’odio tra le due fazioni. Il risultato di tali dissidi interni all’isola saranno ventidue assassinii, tutti collegati alle azioni dell’indipendentismo còrso. Tra questi c’è anche quello di Claude Érignac, un prefetto, ucciso da quell’Yvan Colonna pestato un mese fa nel carcere di Arles e morto per le ferite riportate.

Nel 1981 arriva l’estremo tentativo del Governo francese di calmare le acque intorno alla Corsica. Viene concesso un nuovo statuto all’isola nel quale si afferma, tra le altre cose, l’istituzione di un’assemblea di 61 membri eletti per un periodo di sei anni, che ne nominano un presidente e fanno proposte di legge. Il provvedimento è una piuttosto pallida e non risolutiva apertura alle istanze indipendentiste còrse, che fallisce nel suo obiettivo di costituirsi come un punto di pacificazione interna e con la madrepatria. Il risultato è al contrario un’ulteriore frammentazione del movimento nazionalista, che dagli anni ’80 in poi sarà scisso in tre correnti rivali: l’MPA (Movimento per l’autodeterminazione), l’ANC (Accolti corsa Nazionale) e la Cuncolta.

Le rivendicazioni di oggi

Da qualche anno a questa parte il movimento indipendentista sembrava essere tornato all’ordine, rivolgendosi a richieste politiche tradizionali, come il riconoscimento della Corsica tra le regioni a statuto speciale. Le violenze in Corsica parevano essersi placate, almeno fino allo scorso 2 marzo. Con la notizia del pestaggio di Colonna si è alzata una nuova ventata di proteste e manifestazioni, che questa volta ha coinvolto in particolare i giovani còrsi.

Le rivendicazioni di questa nuova epoca del nazionalismo sono chiare, affidate all’effige di un post su twitter nella pagina del movimento indipendentista Ghjuventù libera: la verità sul caso Colonna, il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici e l’avvio di un processo politico e amministrativo che porti all’indipendenza della Corsica dallo Stato francese.

Le manifestazioni dei giovani còrsi hanno attirato l’attenzione delle istituzioni in Francia, tanto che il ministro dell’Interno in persona, Gerard Darmanin, ha aperto alla prospettiva di un colloquio con gli indipendentisti per accordarsi sulla concessione della tanto agognata indipendenza. Darmanin è stato impegnato in un viaggio istituzionale in Corsica tra il 16 e il 18 marzo, ma l’incontro sembra non aver prodotto per il momento una soluzione concreta alla questione còrsa. Si tratta in ogni caso di un’apertura storica della Francia verso i giovani indipendentisti dell’isola, capace di creare uno spiraglio nella storica incomunicabilità tra la madrepatria e l’antica colonia.

L’imperituro nazionalismo

Le rivendicazioni d’indipendenza dei giovani còrsi fanno riecheggiare le voci di tanti movimenti indipendentisti, in Europa e non, che da secoli chiedono a gran voce di essere ascoltati e riconosciuti nella loro specificità nazionale. Si potrebbero citare le proteste nazionalistiche che agitano i rapporti tra la Catalogna e il resto della Spagna, oppure, spostandoci più a est, ricordare i movimenti separatisti del Donbass.

bandiera catalana
Bandiera catalana

Il carattere di queste rivendicazioni è differente rispetto alla situazione della Corsica, più incentrate sulla questione economica quelle della Catalogna, più rivolte a un cambio bandiera, specificatamente dai colori di Kiyv a quelli di Mosca, per quanto riguarda il Donbass. Al di là delle peculiarità di ciascun movimento, queste richieste di indipendenza sono tutte figlie di un sentimento nazionalista che il corso della storia non ha mai sopito, nemmeno in questi ultimi anni di intensa globalizzazione.

Il sentimento di appartenenza nazionale è un elemento costante tra le necessità di molti popoli della terra, che si risveglia e si evolve nel tempo, senza mai estinguersi: le proteste còrse delle ultime settimane ci hanno dato una nuova, inconfutabile prova di questo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.